Senza luce
L’agente Carson aveva di nuovo perso il treno e si rese conto che non sarebbe arrivato in tempo quando vide la fila delle auto ferme lungo la ventiquattresima strada. Al Dipartimento di polizia di New York lo aspettavano per le nove aveva quindi un buon margine, nonostante tutto. Pensò di prendere un taxi in alternativa alla metropolitana per evitare un eventuale sciopero del personale o un guasto sulla linea. Non capiva cosa fosse andato storto questa volta, si era alzato per tempo proprio per arrivare in orario al lavoro e non essere additato come il lavativo che arriva tardi per abitudine. Era stato trasferito al Dipartimento di New York da pochi mesi, ci teneva a farsi conoscere per quel bravo agente che era. Presto il problema dell’orario sarebbe stato risolto, aveva trovato un appartamento in città. Era stato fortunato a vedere quell’inserzione, il prezzo era buono e lo svantaggio che l’agente immobiliare gli aveva prospettato, non sembrava poi così debilitante anche se, a detta dell’inquilino precedente, la mancanza di sole diretto rendeva le giornate invernali più tristi e buie.
Finalmente riuscì a prendere un taxi all’incrocio con l’ottantaduesima strada, ma si rese conto che il traffico era troppo rallentato per permettergli di arrivare in orario. Le lancette dell’orologio al suo polso camminavano inesorabili verso le nove, era meglio che pensasse a una scusa plausibile per il superiore. “Il treno non si è fermato alla stazione per un guasto”, “ho dovuto aiutare una signora in difficoltà”, “C’è stata una rapina alla banca del mio quartiere, non potevo non intervenire”… ma ogni idea era troppo banale, sbugiardabile con un piccolo controllo, meglio qualcosa di più personale che non si potesse contestare. Si concentrò di nuovo, evitando di guardare il cielo di New York che, quella mattina di inizio settembre si presentava terso, senza nuvole, meravigliosamente azzurro.
Poi successe qualcosa di imprevedibile, di assurdo: per un attimo gli parve che l’ombra di un aereo di linea oscurasse il taxi su cui stava viaggiando. L’agente Carson ebbe un sussulto: mai gli era successo di vedere cose inesistenti, non aveva problemi di vista e quella sensazione di incredulità gli attanagliava il petto. La reazione dell’autista gli confermò l’attendibilità di quanto percepito e un attimo dopo una forte esplosione fece capire che qualcosa non andava. Un incidente gravissimo, doveva immediatamente reagire: era un agente di polizia. Toccò la spalla all’autista che si fermò riconoscente al marciapiede, scese offrendo un paio di dollari in pagamento della corsa, ma l’uomo era sotto shock e lo congedò con un gesto della mano, lui invece si mise a correre verso la novantesima, afferrando il cellulare per chiamare i suoi colleghi e dare l’allarme, qualcosa di sicuramente incredibile stava accadendo e c’era bisogno di loro.
Al distretto il centralino rispose che un aereo era andato, non si sa come, fuori rotta e aveva colpito una dei grattacieli e precisamente la torre Nord del World Trade Center. Si trattava quasi certamentedel Boeing 767, partito da Boston alle 7:59 e diretto a Los Angeles ma ora l’emergenza era convogliare tutti gli agenti disponibili in zona, i vigili del fuoco erano già in movimento. Carson diede la sua posizione e riprese a correre, la novantesima Est era l’isolato successivo. Trafelato l’agente si trovò a correre contro persone sconvolte che scappavano dalla zona e per un momento ricordò le parole del sergente alla scuola di addestramento:
«Noi siamo quelli che vanno nella direzione opposta di quelli che scappano! Dove c’è il pericolo c’è il poliziotto, questo è il nostro lavoro».
Più si avvicinava e più la fiumana di persone disorientate aumentava. Carson non osava guardarsi attorno e raggiunse i suoi colleghi raccolti vicino all’autopompa. Coordinare le proprie forze in casi di incendi o incidenti come questo, che si prospettava d’immensa portata, era fondamentale. Salutò i presenti e alzò per un attimo gli occhi, in quel momento un altro aereo sorvolò la zona di New York e lui alzò la mano a cercare di fermarlo, tutti guardarono nella sua direzione e videro lo schianto del secondo aereo contro la seconda torre. Che stava succedendo? La loro mente allenata passò immediatamente dal trovarsi davanti a un gravissimo incidente a un atto di terrorismo. Un dirottamento, non avevano tutti gli elementi per capire cosa stesse succedendo, ma quella divisa che indossavano, li rendeva unici, pronti e decisi! Fecero quello per cui erano stati addestrati, corsero verso il pericolo per mettere in salvo più civili possibili.
Il supporto aereo di pronto intervento, composto da due elicotteri, sorvolarono la zona e poterono informare gli uomini a terra della situazione reale. Una prima squadra di poliziotti entrò nella torre Sud per aiutare i pompieri a evacuare i civili, lui fu inviato con la seconda squadra alla torre Nord. Con coraggio e determinazione si infilò dietro ai pompieri e salì le scale a due gradini alla volta per raggiungere il piano colpito dall’impatto. Ogni tanto guardava fuori dalle vetrate per rendersi conto di quanto stesse salendo. Il cuore reggeva lo sforzo, era giovane e si teneva sempre allenato, correre ed essere veloce per un poliziotto era determinante. Aiutò un giovane vigile del fuoco evidentemente affaticato e sotto shock. Si fermò con lui al pianerottolo dell’ottantesimo piano, gli fece prendere fiato mentre gli altri continuavano a salire. Carson propose al giovane di fermarsi a controllare in quel punto, dopo aver avvisato la propria squadra. Il caos era terribile, il calore dell’incendio del novantesimo piano si avvertiva forte anche lì. Autorizzati dai comandanti i due agenti si divisero gli appartamenti da controllare e riuscirono a riunire gli abitanti davanti alla porta dell’uscita di sicurezza, poi, il giovane vigile si mise davanti alla fila e iniziò a scendere. Carson in chiusura della coda cercava di sostenere e incoraggiare le persone.
Stavano per giungere al secondo piano quando qualcosa cambiò: un forte boato precedette una strana luce e una nuvola di polvere densa e assurda li investì impedendo loro di respirare. Fu allora che Carson decise di urlare per guidare la discesa, così che anche il giovane vigile potesse far strada usando la sola cosa di cui disponevano: la voce. Usciti all’aperto, condotti al sicuro i civili, i due temerari furono pronti a risalire, ma furono trattenuti: i loro polmoni erano pieni di polvere, dovevano aspettare almeno dieci minuti prima di tornare.
Carson non si rese conto che anche la seconda torre stava crollando, ristorato dalle premure del paramedico, si era avventurato da solo su per quell’inferno, si sentiva pronto e voleva rivedere dalla finestra del quindicesimo piano l’appartamento che aveva preso in affitto. L’aveva visto illuminato da una strana luce e, per un momento, si era reso conto che il sole l’avrebbe attraversato come mai era accaduto prima e questo lo consolava perché l’inverno era imminente.