La Rificolona
Stasera, come in ogni tradizione che si rispetti, girando per le strade di Firenze troverete un mondo di colori e di allegria: tante, tantissime lanterne colorate per celebrare la festa della Rificolona.
Si perché la Rificolona è ancora una delle feste cittadine più amate da grandi e piccini.
Purtroppo è un dato di fatto che, settembre non sempre porta buone notizie: la fine delle vacanze estive, l’inizio delle attività scolastiche, la ripresa della solita routine lavorativa, ma la Rificolona è da sempre la festa che ci aiuta a salutare l’inizio dell’autunno con la giusta dose di spensieratezza.
Questa gioiosa festa risale alla metà del Seicento, al tempo in cui i contadini con le loro donne scendevano in città dalle Montagne Pistoiesi e dal Casentino per festeggiare la natività della Madonna, nella Basilica della Santissima Annunziata.
Quando i contadini ed i montanari scendevano, iniziava a fare buio e quindi venivano sistemati sui carri dei lampioncini di carta o di stoffa colorata modellati nelle forme più varie, con all’interno un lumicino che stava appeso in cima ad una canna, per rischiarare la strada da percorrere.
Il viaggio era considerato una sorta di pellegrinaggio. Con l’occasione, il giorno dopo la celebrazione, si svolgeva una fiera in cui ciascuno poteva vendere la propria mercanzia: il mercato aveva luogo in Via dei Servi, sulla piazza antistante alla basilica.
Nel corso della festa le donne, specialmente, erano oggetto di particolari e allegre canzonature e di salaci commenti da parte dei giovani fiorentini, già per natura predisposti al frizzo e allo scherzo goliardico. Per questi giovani, il 7 settembre, era diventato un appuntamento obbligato al quale non si poteva e non si doveva mancare. Era un divertimento, a volte anche un po’ troppo smodato, diretto quasi totalmente alle povere fierucolone o fieruculone, così come essi stessi le chiamavano, un po’ perché partecipavano alla fierucola e un po’ per via dei loro vistosi deretani!
Infatti, se la radice fiero ha attinenza con fiera o fierucola, la desinenza colone o culone, dovrebbe oggettivamente riferirsi a colone inteso nel senso di campagnole, come verosimilmente anche ai loro floridi posteriori. Da fieruculona si ebbe in seguito la parola rificolona, termine tuttora comunemente usato quale espressione critica, allegra e scanzonata, verso una donna vestita e truccata senza gusto, in modo vistosamente eccentrico.
In queste pittoresche e confusionarie scene popolari, veniva cantata e ricantata la caratteristica cantilena «Ona, ona, ona ma che bella rificolona!» …che poi proseguiva con un «La mia l’è co’ fiocchi e la tua l’è co’ pidocchi. E l’è più bella la mia di quella della zia…», esattamente come fu immortalata anche dal commediografo fiorentino Augusto Novelli nella famosa operetta in vernacolo L’acqua cheta, divenuta popolare come l’altrettanto popolarissimo stornello rimasto in uso fino ai nostri giorni, cantato in allegria ancora oggi da grandi e piccini, durante la festa.
Sono convinta che sarà capitato anche a qualcuno di voi, almeno per una volta nella vita, di avere intonato la prima strofa della Rificolona in mezzo al coro e di essere poi rimasto muto e senza rima quando, per tutta risposta, qualcun’altro ci ha rifilato, di rimando il secondo giro di ritornello !
Ebbene, stasera sarà un’altra musica, perché sto per rivelarvi una cosa che non tutti sanno: l’esistenza di un’altra tiritera, quasi dimenticata, che diceva: «Bello, bello, bello, chi guarda l’è un corbello!»
Dunque, amici che leggete, stavolta siate pronti a rispondere e sarete voi a spiazzare chiunque!