Amore e sapere
Il destino ha voluto che diventasse il più grande chansonnier di Francia, colui che seppe incarnare la canzone popolare d’Oltralpe come forse nessun altro aveva saputo fare prima di lui. E questo nonostante Charles Aznavour fosse di origini armene e, con le tradizioni del suo Paese, avesse sempre mantenuto un legame fortissimo.
L’Istrione di Francia moriva esattamente quattro anni fa, la notte del 2 ottobre a 94 anni di età , nella sua casa delle Alpilles, nel Sud della Francia, dove aveva fatto rientro dopo una lunga tournée in Giappone.
Aznavour ha accompagnato gioie e dolori di più generazioni, restando popolare per almeno quattro decenni: ha sempre cantato l’amore in ogni sua forma, proprio come raccontano brani come Après l’amour, J’ai perdu la tête, J’en deduis que je t’aime e Bon anniversaire.
Tuttavia è con Il faut savoir del 1963, che Aznavour procede al fondamento della sua poetica. Parafrasando uno scrittore caro al cantante armeno (Louis-Ferdinand Céline), l’ideale dell’amore ci lascia molto prima di andarcene per davvero. E mentre l’angoscia pervade l’anima di chi ha amato, a volte non resta che fingere un sorriso.
Tristemente, per il nostro chansonnier, quando il miraggio di un amore va perduto, i protagonisti sono costretti a misurarsi con il niente, vale a dire ciò di cui l’amore è sostanza.
Forse è proprio per questo suo modo di vedere l’ amore che i ragazzi negli anni Settanta non amavano Aznavour, troppo identificato con il sogno borghese dei propri genitori, realistico ed al contempo doloroso.
Ma oggi, a risentire le sue canzoni, c’è da credere che il vero ribelle sia stato proprio lui.
Qual’è allora il sapere che serve in amore?
Rispondere è vano: «Il faut savoir, mais moi, je ne sais pas…»