Il mito di Nuvola
Prima corsa, in moto, nel 1920. Ultima corsa nel 1950, in macchina. In mezzo, una sequenza sterminata di azzardi, vittorie, incidenti, mezzi miracoli e miracoli accertati. Al punto da trasformarlo in un marchio dell’azzardo, in una icona futurista, in un luogo comune dell’eroismo.
Il Mantovano Volante, la Nuvola, signori e signore: Tazio Nuvolari.
Nato a Castel d’Ario il 16 novembre 1892, morto clamorosamente nel suo letto, l’11 agosto 1953 dopo aver cercato di morire in pista, distrutto dal dolore per la perdita dei suoi due figli, scomparsi entrambi all’età di 18 anni per malattie differenti (Giorgio, a causa di una miocardite; Alberto per una nefrite).
Tazio era un ometto tutto pelle e ossa, con un cuore immenso ma con i nervi saldi: è stato un pilota senza eguali, un uomo che non conosceva ostacoli, che si beffava delle leggi fisiche, che aveva la velocità nel sangue. Del Figlio del Diavolo (altro suo soprannome) si raccontavano molto spesso episodi incredibili, forse anche non troppo realistici perché idealizzati dalla fantasia popolare, la quale fece di questo campione il proprio idolo.
Nuvolari è entrato nella storia dello sport oltre che per la bravura anche per la sua caparbietà: riuscì addirittura a concludere alcune gare automobilistiche senza più disporre del volante. Di lui si racconta che tagliasse le curve, incurante di prendere gli spigoli dei muri sulla spalla, che riuscisse ad andare avanti senza carrozzeria, senza bulloni, senza niente.
Superava ogni ostacolo a fari spenti nella notte e andava sempre a vincere!
Probabilmente i fatti reali non sono proprio andati in questi termini ma, di certo, le sue furono corse magnifiche e, quelle che riportò, furono delle bellissime vittorie.
Perché stiamo parlando di un fenomeno e non solo di un uomo coraggioso: un pilota sensibilissimo, molto, molto dotato, determinato e capace di resistere alla fatica, al dolore, sempre indifferente ad ogni invito alla prudenza.
Con il suo bolide, correva all’impazzata sulle strade, perché le piste, i circuiti, erano ancora un miraggio.
Tazio Nuvolari ha giocato un ruolo fondamentale nella diffusione dell’automobile come sogno realizzato e come strumento del vivere, del benessere: maglia gialla, le iniziali cucite sul petto, la tartaruga portafortuna donatagli da Gabriele D’Annunzio, un volto da divo del cinema. Bastano poche fotografie, i fotogrammi di vecchi documentari per capire la materia di cui era fatto: tenace come il ferro, con un po’ di sana follia che gli scorreva nelle vene!
Chi ama le corse, chi impazzisce per la velocità, per il rombo dei motori, gli deve assolutamente qualcosa, anche se è un giovane e nella vita ha visto correre soltanto Hamilton, Prost oppure Schumacher.
La storia dell’automobilismo porta il volto di Tazio: la sua firma, dentro ogni curva, ogni tempo, ogni bandiera a scacchi.
Un personaggio, o meglio un mito a cui anche Lucio Dalla dedicò una canzone: Nuvolari
Tanto amarcord