Il signor Vanesio
Vi siete mai rivolti a qualcuno dandogli del “vanesio”?
Ebbene, se avete fatto uso di questa parola, dovrei proprio raccontarvi qualcosa a proposito di Giovanni Battista Fagiuoli.
Occorre innanzitutto fare una premessa: non sono poche le parole che nascono da nomi di personaggi letterari avendo insito nel significato i loro aspetti caratteriali più evidenti. Eppure, spesse volte, accade l’inverso, nel senso che il personaggio a cui si fa riferimento, è andato dimenticato nel tempo mentre il suo nome sopravvive in qualità di sostantivo comunemente usato da tutti, ma ignari dell’antefatto.
A conferma di quanto vi ho appena fatto notare, potremmo dunque osservare quanto la definizione di “Vanesio” ne rappresenti uno degli esempi più calzanti; l’aggettivo si riferisce infatti al personaggio che fu protagonista di una sagace commedia settecentesca uscita dalla penna di Giovanni Battista Fagiuoli.
Orbene, quanti tra noi ricordano Giovan Battista Fagiuoli, scrittore, poeta, drammaturgo fiorentino del Sei-settecento?
In quale storia della letteratura ci rammentiamo di aver letto il suo nome, oppure quanti di noi rammentano le sue facezie misurate e brillanti, o anche i nomi delle sue opere?
E soprattutto, dove sono finite le risate popolari che si levavano in platea all’udire le battute delle sue commedie? Dove è finita la testimonianza della sua vita, passata come migliaia di vite di ieri e di oggi fra lavori di sopravvivenza e il richiamo costante alle lettere e il sogno del successo?
Del poeta Giovan Battista Fagiuoli (Firenze, 1660 – 1742), compositore molto amato dalla corte granducale e dai nobili fiorentini del suo tempo, autore di opere di carattere satirico e pungente, non ci resta poi molto. Poco più di un semplice aggettivo nato da un nome, il nome del personaggio centrale della sua più acclamata commedia, l’unica ad aver avuto fortuna anche fuori dalla corte dei Medici e dei Lorena, in tutta Italia e oltre: il cicisbeo vanesio, lezioso cavalier servente di “Ciò che pare non è” (o se più vi aggrada, “Il cicisbeo sconsolato”), datato 1724.
Per coloro che non lo sapessero, il “cicisbeo” era un gentiluomonmesso al servizio di nobili donne sposate; incaricato di accompagnarle nelle occasioni mondane quali feste e ricevimenti, spesso assolveva anche ai più svariati compiti della vita quotidiana.
Se invece cercherete sul vocabolario la definizione di “vanesio”, la spiegazione è assai più complessa. Se infatti il vanitoso è colui che mette in mostra le sue qualità per sentirsi ammirato, il vanesio è quello che -volendo ostentare le proprie presunte qualità fisiche o intellettuali (vuoi che si tratti di bellezza, di eleganza o di spirito)- rivela soltanto la propria effettiva vuotezza e stupidità, risultando ridicolo.
Senza troppi giri di parole, il vanesio non è altro che un vanitoso sciocco.
Ma analizziamo l’etimologia di questa aggettivo: il sostantivo coniato dal Fagiuoli deriva dal nome proprio “vano”. Si tratta di un’invenzione acuta che si fa addirittura tagliente per via di quell’ “-esio” finale, una magia inventiva creata per rendere ancor più fatuo chi o ciò che è vano.
Nella commedia del Fagiuoli, infatti, Vanesio è un personaggio che va oltre il ridicolo affettato, è la caricatura esagerata di un vanesio senza alcuna risorsa.
Va detto che la trama di per se’ non era certo particolarmente alata (o per lo meno, tale non risulta più esserlo per il nostro gusto di oggi): un vecchio dubita dell’integrità di sua nuora che sta sempre a ciarlare col cicisbeo Vanesio, al contrario di sua figlia che invece è vereconda e contegnosa, un vero esempio di moralità. Ma poi, equivoco su equivoco (chi l’avrebbe mai detto!) si scoprirà come la nuora sia quella integerrima, mentre la figlia si mostrerà “scaltrita”. E in tutto questo affar di donne, il povero Vanesio rimarrà solo, sconsolato e deriso.
Composta per essere rappresentata nel carnevale del 1708 nel teatro degli Accademici Acerbi, la commedia fu recitata per la prima volta venerdì, 18 gennaio 1708 “…alla presenza del serenissimo principe Gian Gastone”, riscuotendo un incredibile successo.
Al successo scenico, non tardò ad accompagnarsi quello della stampa di cui Giovanni Battista Fagiuoli curò personalmente la stesura.
Il poeta mise in scena molte altre opere (le sue raccolte comprendono ben sette volumi di commedie e sei volumi di poesie giocose, la cosiddetta “Fagiolaia”); non a caso egli è considerato il capostipite del teatro popolare fiorentino.
Fu spesso invitato alla corte dei Medici e nei palazzi di molte facoltose famiglie dell’epoca; tutti gradivano la sua satira arguta, sebbene talvolta risultasse addirittura un poco irriverente.
Il Fagiuoli morì all’età di 81 anni. Riposa sepolto nella cripta della basilica di San Lorenzo da quasi trecento anni.
In pochi ormai ricordano il suo operato, inclusa la sua più spassosa commedia, “Il Cicisbeò Vanesio”.
Eppure, tutti ancora facciamo uso di quella sua piccola invenzione dialettica!
Come al solito Facebook non mi permette di aggiungere stelle di gradimento. Articolo molto Interessante. Di cicisbei vanesio pullulava Venezia nel 1700 e qualcuno anche oggi ce n’è, specialmente se ti vesti tutto firmato! 😂