Le vostre storie,Racconti

I giocatori

Vedere Anselmo e Marcello giocare a carte assieme è immagine inusitata.

Come dire il diavolo e l’acqua santa insieme a briscola o scopa.

Vederli seduti attorno al tavolo di una stanza che a volte è familiare, altre è un luogo sconosciuto, è cosa inaspettata.

Ma ciò che è più insolito è vederli contenti di calare un carico da dieci o l’asso di denari, tranquilli di perdere la partita senza la foga ed il fervore che li contraddistingueva.

Tanto diversi per aspetto ed abitudini, lontani per temperamento e storia. Entrambi nervosi, irrequieti, intemperanti.

L’uno infervorato di salmi, prediche e di musica; l’altro appassionato di chiacchiere, calcoli e biliardo.

Il primo morigerato, inflessibile padre di famiglia. Non lesinava cinghiate e fervorini e non tentennò nell’abbandonare una città che, a parer suo, poteva corrompere nei figli la fede e concupirli in altri sentimenti.

Il secondo intemperante affabulatore, arrendevole padre che dispensava caramelle e baci al posto di sgridate e rimproveri. Punì severamente solo in due occasioni l’amata figlia unica.

La sera che la spedì a letto senza farle vedere “Bonanza” perché la moglie gli aveva snocciolato il resoconto delle monellerie di giornata. La volta quando, nel sorprenderla abbarbicata alle ginocchia del suo ragazzo, scacciò lui con male parole, insultò lei spedendola a dormire in lacrime. Di entrambi gli episodi non gli restò traccia di ricordo.

Anzi, nel sentire che la moglie glieli ricordava, inumidiva gli occhi e non si capacitava di essere stato così duro ed intransigente con la figlia prediletta.

Giocavano a carte insieme e sorridevano. Sembravano più giovani.

Anselmo ingrassato, col volto disteso e la fossetta sul mento, i capelli appena spruzzati d’argento. Marcello dall’invidiabile chioma scura, elmo compatto, le dita ingiallite di nicotina, i denti ancora bianchi e forti scoperti nel sorriso sornione, un po’ canaglia.

Continuavano silenziosi e sorridenti a battere le carte. Si trovavano bene in quella stanza dai contorni imprecisi.

Sembravano scappati da qui perché là dentro si stava meglio, più calma, nessun affanno e dolore, alcuna preoccupazione.

Anselmo l’avrebbe chiamato paradiso; Marcello inferno perché come era solito sentenziare: -Solo all’inferno ci vanno le belle donne e ci si diverte.

Immagine tratta dal Web
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Loredana Facchinelli

Loredana Facchinelli, 1955, classe di ferro e nuvole, felice nonna di Niccolò, è una maestra in pensione che ama scrivere fin da quando era bambina. Si definisce così: “Mi sento come una coppa spumeggiante di bollicine …a volte è champagne, altre volte solo bicarbonato di sodio”!

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