La lista di Schindler
Dopo aver segnato indelebilmente il cinema di avventura e di puro intrattenimento con pellicole come Lo squalo, Incontri ravvicinati del terzo tipo, la saga di Indiana Jones, E.T. l’extra-terrestre e Jurassic Park, nel 1993 Steven Spielberg realizza con Schindler’s List una pietra miliare dei film sull’Olocausto, scuotendo il mondo con la dolorosa e struggente rivisitazione di una delle pagine più angoscianti e raccapriccianti della storia dell’umanità. Un film scritto nel destino dello stesso Spielberg, le cui origini erano appunto ebree e proprio per questo la realizzazione di tale progetto era da un lato fortemente voluta, dall’altra altrettanto temuta dallo stesso cineasta: dopo essersi ritagliato solamente il ruolo di produttore e avere cercato invano di commissionare la regia a leggende della Settima Arte come Billy Wilder, Roman Polanski e l’amico fraterno Martin Scorsese, comprese infine di essere l’unica persona in grado di portarlo a termine.
La storia vera alla base del film è quella di Oskar Schindler, imprenditore tedesco membro del Partito Nazista che durante la seconda guerra mondiale riuscì a salvare da morte certa circa 1100 ebrei, sottraendoli ai campi di concentramento con il pretesto di assumerli come operai nella sua fabbrica di ceramiche a Cracovia. Una storia fatta di morte e umanità, fatta di crudeltà e di speranza, messa in scena da Spielberg con un elegante bianco e nero, con un approccio quasi documentaristico e con toccanti squarci di colore, come la celeberrima apparizione della bambina con il cappottino rosso.
Stiamo ovviamente parlando della ormai famosa sequenza in cui appare un unico flebile lampo di colore in un racconto volontariamente privato di luminosità. Gli occhi di Schindler, e dello stesso spettatore, non possono fare a meno di concentrarsi su questa singola bambina in mezzo alla folla, che vediamo aggirarsi spaurita alla ricerca di un riparo. Riparo che inizialmente trova, ma che non le servirà a evitare di finire accatastata in mezzo a decine di altre carcasse umane, in uno dei momenti più dolorosi dell’intero cinema.
Con questo effetto egli ha voluto rendere chiaro a tutto il pubblico presente che, ciò che stava avvenendo al tempo delle persecuzioni naziste era distinguibile e comprensibile proprio come quella bambina col cappottino rosso e che, con uno sforzo maggiore, si sarebbe potuta evitare una buona parte di quanto accaduto in seguito. Un monito a non voltarsi dall’altra parte, un invito a contrastare il male quando si mostra a noi.
Un messaggio che si fonde con quello del Giorno della Memoria che si celebra, appunto, in questo giorno; un messaggio che diventa ancora più importante in tempi in cui si tende a dimenticare, a revisionare e a trattare con disarmante leggerezza uno dei più cupi passaggi della storia della civiltà.
Steven Spielberg ci accompagna in un viaggio agli antipodi di quei fantastici sogni a occhi aperti che l’hanno reso uno dei cineasti più celebrati e apprezzati di sempre. Un viaggio oltre i confini dell’umanità e della compassione, dove gli esseri umani vengono classificati in base al loro credo, rinchiusi in condizioni disumane e spediti per un treno verso l’inferno.
Un viaggio in un’epoca che ci appare lontana e irripetibile e che ci indigna e ci ripugna vedere ma che, in realtà, dista da noi appena pochi decenni e mostra ancora oggi il suo strascico fatto di rancore, discriminazione e violenza.
Uno dei fattori che ha sicuramente contribuito al successo di Schindler’s List è stato oltre ad un cast di attori eccezionali anche quello della colonna sonora composta dal musicista John Williams e considerata da molti l’opera migliore della sua lunga carriera, costellata da ben cinque Oscar, tra cui figura anche quello vinto per la soundtrack del film di Spielberg.
Il lavoro di Williams per Schindler’s List rispecchia con accuratezza la notevole capacità di Spielberg di saper conferire una dimensione umana al disumano.
In sintonia con le immagini, il compositore si avvicina lentamente con ogni suo accordo armonico, agli orrori mostrati sul grande schermo con un’ umiltà e con una bellezza dirompenti; una melodia unica nel suo genere in quanto sfida le norme tipiche delle composizioni drammatiche, optando per brillanti riferimenti di genere folkloristico e affiancando il tutto a una direzione d’orchestra semplice, ma altamente efficace.
Nonostante l’effettiva semplicità, la traccia racchiude in sé l’ambizione di Williams di creare una memorabile composizione sinfonica mentre gli assoli intensi di Itzhak Perlman con il suo violino scivolano con delicatezza attraverso l’orchestra, rievocando il dolore e il tormento vissuto dagli ebrei durante le persecuzioni.
Schindler’s List è stato, è e sempre sarà una delle massime vette raggiunte dalla Settima Arte nella rappresentazione della storia e della ferocia umana.
Un cinema di cuore e di intelletto, che porta l’arte del racconto per immagini ad un livello superiore, rendendola al contempo raffigurazione, condivisione e catarsi.
Bellissimo racconto, complimenti