Il poeta veggente
In tutti gli ambienti letterari oggi si ricorda Charles Pierre Baudelaire (Parigi, 9 aprile 1821 – Parigi, 31 agosto 1867), poeta, scrittore, critico letterario, critico d’arte, giornalista, filosofo, aforista, saggista e traduttore francese, uno dei più importanti poeti dell’Ottocento, modello insuperabile per la generazione dei cosiddetti poeti maledetti.
Padre del simbolismo letterario e precursore del Decadentismo, è ritenuto dalla maggior parte degli studiosi semplicemente il più grande genio poetico di tutti i tempi.
Il suo capolavoro immortale, la raccolta di poesie I fiori del male, è considerata uno dei classici della letteratura francese e mondiale. Anche noi vogliamo ricordarlo sulle pagine di questo giornale.
Rendiamo dunque omaggio a Charles Baudelaire, senza scrivere per almeno una volta, della sua esistenza da dandy, corrotta e tormentata.
Ricordiamolo soltanto con una delle sue poesie, forse la più bella, L’albatro, vero e proprio manifesto del suo modo di fare poesia:
Spesso, per divertirsi, i marinai
catturano albatri, grandi uccelli di mare,
che seguono, indolenti compagni di viaggio,
la nave che scivola sugli abissi amari.
Appena deposti sulla tolda,
questi re dell’azzurro, vergognosi e timidi,
se ne stanno tristi con le grandi ali bianche
penzoloni come remi ai loro fianchi.
Com’è buffo e docile l’alato viaggiatore!
Poco prima così bello, com’è comico e brutto!
Uno gli stuzzica il becco con la pipa,
un altro, zoppicando, scimmiotta l’infermo che volava!
Il poeta è come quel principe delle nuvole,
che sfida la tempesta e ride dell’arciere;
ma, in esilio sulla terra, tra gli scherni,
con le sue ali di gigante non riesce a camminare.
Charles Baudelaire

Bellissima poesia