La gabbia per grilli
Quando ero bambina nella mia città natia, Firenze, esistevano molte feste tradizionali dalle origini assai antiche: tradizioni legate ad una civiltà contadina che lasciò man, mano, il passo a quella industriale. Per fortuna, alcune sono sopravvissute fino ai giorni nostri, sebbene abbiano perduto buona parte del loro sapore originario, in funzione del turismo e del marketing: altre invece, si sono tristemente perdute nel tempo.
Personalmente, ricordo con gioia lo sparo in Piazza Duomo, chiamato lo Scoppio del Carro (risalente addirittura al tempo delle Crociate), il Gioco del Calcio che si svolgeva in Piazza della Signoria, ma soprattutto ricordo bene la Festa del Grillo, celebrata in occasione dell’Ascensione al Parco delle Cascine. Quale bellissima festa era quella per noi ragazzi, quanta struggente nostalgia!
La gioia più grande era quella di tornare a casa, tenendo tra le mani, con fierezza quella gabbietta colorata, fatta di sughero e filo di ferro, una foglia di insalata sul fondo e dentro il malcapitato grillo canterino, catturato dai tanti venditori nelle campagne sparse intorno alla nostra città. La povera bestiola a volte cantava, a volte no: qualunque cosa facesse, vittima di una tradizione centenaria, era praticamente assodato che dopo tre giorni morisse!

Cinismo a parte, questa festa era nata perché legata ai riti primaverili durante i quali si eleggeva a protagonista il simpatico insetto canterino, ritenuto apportatore di gioie e di benessere; infatti, da sempre, il suo frinire allieta dolcemente le tiepide giornate primaverili, regalandoci un romantico sottofondo canoro. Un’altra ipotesi chiamava in causa la difesa dei raccolti; essendo il grillo un insetto nocivo per le campagne, la sua cattura ed eliminazione doveva servire a ridurne il numero e quindi gli eventuali danni. Ma vi era anche un’altra interpretazione figurativa (un po’ forzata a mio vedere), tutta a carattere religioso, ricollegabile al ciclo vitale dell’ortottero: la larva del grillo che in inverno riposa in uno stato quiescente sotto terra, verso maggio inizia a svolazzare e a cantare. Da ciò la similitudine con l’ascensione al cielo.
Per farla breve, la tradizione della Festa del Grillo fonda le sue origini tanto a ritroso nel tempo che esisteva già all’epoca di Michelangelo Buonarroti e furono loro, le gabbie per i grilli, che dettero lo spunto al genio michelangiolesco per prendersi gioco di uno dei suoi colleghi!
E infatti, la curiosità di oggi riguarda un po’ i grilli ed un po’ la nostra bella Cattedrale o meglio, nella fattispecie, la sua ancora più famosa Cupola, opera della grande inventiva e genialità dell’architetto Filippo Brunelleschi.
Ma che cosa c’entrano le gabbie per i grilli con il nostro cupolone?

Ebbene, nonostante la sua visibilità e la sua fama mondiale, c’è un particolare architettonico che, pur macroscopico e visibilissimo, in realtà spesso sfugge alla vista di chi l’osserva e raramente viene notato.
Se, come è probabile, la cosa è accaduta anche a voi, da oggi, osserverete che il cosiddetto tamburo della Cupola del Duomo (vale a dire la base ottagonale su cui poggia la volta brunelleschiana), presenta un ballatoio soltanto su uno degli otto lati che lo compongono, quello peraltro sotto il quale c’è sempre maggior transito di gente (stiamo infatti parlando dell’affollatissimo incrocio all’angolo fra Via del Proconsolo e Via dell’Oriolo, a noi tutti ben noto come il Canto de’Bischeri!).
Dunque, riferendoci al titolo dell’articolo di oggi, è esattamente questo troncone di ballatoio il che rappresenta la nostra Gabbia per Grilli!

(06.03.1475- 18.02.1564)
Ma perché mai gli fu dato questo strano appellativo? Ve lo espongo subito!
Questo titolo deriva da un celebre aneddoto e la storia spiega da se’ il motivo per cui l’opera è rimasta poi incompleta.
Correva l’anno 1506 quando, su progetto dell’Architetto Bartolomeo d’Agnolo Baglioni detto Baccio d’Agnolo (fresco della realizzazione di Palazzo Taddei e del Campanile della Chiesa di Santo Spirito), iniziarono i lavori per la realizzazione di un camminamento in marmo che doveva procedere lungo tutto il perimetro ottagonale del tamburo della cupola del Duomo ma, una volta finito il primo degli otto lati previsti, l’estetica dell’opera attirò pesanti critiche da parte dei fiorentini; quella infilata di candide colonnine con tanto di archetti, sembrava proprio non incontrare il gusto di nessuno!
Quando Michelangelo (il quale aveva partecipato al concorso con un suo progetto risultato però perdente) osservò l’intervento architettonico di Baccio, non potè frenare il suo disappunto: offeso della sconfitta professionale, non seppe tenere a freno il suo tagliente spirito fiorentino né tanto meno il suo proverbiale caratteraccio e dunque decretò che il manufatto in questione «non gli pareva altro che una gabbia per grilli! »
Con questa definizione che, bisogna francamente ammettere, suonava tanto come una sentenza emessa con un certo malcelato disprezzo, egli si riferiva ovviamente alle gabbiette di legno dove venivano imprigionati i poveri animaletti durante la festa dell’Ascensione.
Effettivamente, se osserviamo attentamente la parte di ballatoio costruita, possiamo convenire che la fitta sequenza di colonnine che sorreggono gli archetti ricorda vagamente le piccole sbarre di codeste gabbiette!
Michelangelo fece arrivare la sua aspra critica fino alle orecchie dell’architetto responsabile e Baccio d’Agnolo, che era artista particolarmente sensibile e permaloso, pare che restò tanto male per il commento impietoso del grande Michelangelo, da abbandonare la costruzione dell’ opera che aveva appena cominciata.

Ovviamente, i fatti non andarono esattamente così: maldicenze e dicerie a parte, non si trattava certo unicamente di un fattore estetico: se il ballatoio rimase in fase di costruzione, fu perché entrarono in mezzo motivazioni ben più importanti rispetto ad un battibecco fra artisti rivali, primo fra tutti un problema legato al mantenimento della stabilità, considerato il gravare dell’enorme peso del ballatoio sul punto di attacco della Cupola. Non per nulla Brunelleschi l’aveva ideata senza appesantirla con quel camminamento!
Di vero, a livello storico, resta l’effettiva contrarietà di Michelangelo al progetto di ballatoio di Baccio, come dimostrato dai disegni relativi al progetto di completamento del medesimo risalenti al 1516 (quando la prima parte era stata già costruita) e conservasti presso il Museo Casa Buonarroti. Esiste in proposito anche un modello ligneo, custodito presso il Museo dell’Opera del Duomo col numero di inventario n° 144.

Il nostro aneddoto di oggi finisce qui; avrei voluto conservare di questo racconto la sua simpatica semplicità, fatta di grossolane dicerie popolari ma, questa volta, la deontologia professionale mi ha imposto di essere meno fiorentina e quindi di non trascurare mai le verità statiche, a discapito del mio temperamento, spesso un poco goliardico!
Comunque, dopo lunghe ricerche posso anche affermare che non esiste in archivio alcun documento che possa negare quanto e come fu probabilmente espresso dal nostro amato concittadino Michelangelo Buonarroti !
Adesso, l’ultima parola è a voi, amici carissimi. In tutta franchezza e da fiorentini d.o.c , siete chiamati in causa a dire la vostra opinione in merito: che cosa ve ne pare, dunque, di questo camminamento? Pare o non pare una gabbia per grilli ?
Tratto dal libro “Per le Antiche Strade di Firenze” a cura di Barbara Chiarini, Edizioni Masso delle Fate, Signa- Firenze 2020.

Grazie x questo racconto del quale conoscevo solo una parte pur essendo nata a Firenze apprezzo il tuo approfondimento storico-architettonico!
Bellissimo racconto. Per i bambini fiorentini, era un momento gioioso ache se il grillo non aveva una fine gloriosa. Complimenti all’autrice