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Don Chisciotte, tenero, povero e carissimo eroe senza tempo

«Viveva, or non è molto, in una terra della Mancia, che non voglio ricordare come si chiami, un idalgo di quelli che tengono lance nella rastrelliera, targhe antiche, magro ronzino e cane da caccia». 

Questo è l’incipit di El Ingenioso hidalgo don Chisciotte de la Mancha, titolo in lingua originale del popolare romanzo scritto da Miguel de Cervantes  che l’editore Francesco de Robles di Madrid pubblicò in due parti tra il 16 gennaio 1605 e il 1615.

Considerato una delle più grandi opere letterarie di sempre, il Don Chisciotte è generalmente indicato anche come il primo romanzo moderno della letteratura occidentale.

Tratto, come indica lo stesso autore, dal manoscritto arabo di uno sconosciuto scrittore, tale Cide Hamete Benengeli (che con molta probabilità altro non fu se non un alias narrativo, un escamotage già utilizzato in altre opere celebri quali I promessi sposi di Alessandro Manzoni oppure il più recente Il nome della rosa di Umberto Eco), il romanzo ruota attorno al personaggio di Alonso Quijano, un cinquantenne nobiluomo di campagna, che, preso dal suo amore sviscerato per la letteratura cavalleresca, si lancia in folli avventure smarrendo completamente il senso della realtà.

Dotatosi dell’armatura che indossavano i suoi avi, assume anche un  nome di battaglia, Don Chisciotte. Ne è cosi convinto al punto tale da volere coinvolgere in questa messinscena, persone e cose che fanno parte della sua vita. Così, il suo magrissimo cavallo diventa il destriero Ronzinante, e due umili contadini del luogo sono addirittura promossi di grado: l’una a sua nobile dama (con il nome di Dulcinea del Toboso), l’altro, Sancho Panza, niente meno che a suo fido scudiero. 

Ed è con quest’ultimo che farà coppia fissa vagando nei suoi tragicomici viaggi, in tutto l’est della Spagna.

Ultimato il romanzo nel 1604, Cervantes ne cedette i diritti all’editore-libraio Francisco de Robles di Madrid, il quale ne terminò la stampa a dicembre e lo pubblicò il 16 gennaio dell’anno successivo. 

Contro ogni previsione, i lettori ne furono entusiasti e le prime copie andarono esaurite in breve tempo, spingendo l’editore a ripresentarlo in nuove edizioni, anche al di fuori della Spagna. In Italia fu tradotto da un libraio di Milano nel 1610 e a questa seguirono decine e decine di altre traduzioni, che lo resero popolare in tutto il mondo. 

Il boom di vendite da un lato, e il pullulare di tentativi di plagio dall’altro, spinsero Cervantes a lavorare a una seconda parte della storia che vide la luce nel 1615. Distintosi per la modernità dello stile (in cui convivono più esperienze letterarie, dal romanzo cortese a quello picaresco, passando per la letteratura pastorale) e della struttura narrativa, in netto anticipo sui tempi, Don Chisciotte influenzò gran parte della letteratura successiva, conservando il suo fascino in ogni epoca.

Insieme con Sancho Panza, il nobiluomo della Mancha forma una delle più riuscite coppie della letteratura di sempre, inesauribile fonte d’ispirazione per gli scrittori di ieri e di oggi. Allo stesso modo resta intramontabile l’episodio della battaglia contro i mulini a vento (scambiati per dei giganti), metafora universale di una lotta impari contro nemici che ignorano di esserlo o che esistono soltanto nell’immaginario di chi li combatte.

Personalmente, lo considero uno dei capolavori della letteratura Europea, un libro da leggere almeno una volta nella vita, anche se  io credo di averlo letto tantissime volte,  e sempre sono giunta all’ultimo rigo con una forte emozione. Perché sebbene si possano usare molti aggettivi per definirne il suo protagonista –  visionario, pazzo, poeta e profeta –  sotto sotto, tutti siamo un po’ dei …  Don Chisciotte!

Miguel de Cervantes Cortinas (Alcalá de Henares, 29 settembre 1547 – Madrid, 22 aprile 1616), scrittore, poeta, drammaturgo e militare spagnolo

Forse non potrà dirsi il libro dei libri, ma per me esso alberga negli attici della più vera e sensazionale perfezione artistica. Alonso Quijano, l’Hidalgo, l’uomo con la bacinella da barbiere in testa in sella ad un cavallo da cartone animato; Sancho, un contadino dalle preziose cellule grigie, un’anima commovente e ironicamente strepitosa che spicca come coscienza assoluta in questo viaggio ad affrontare un reale di miraggi, una vita persa nel cosmo del proprio dentro rovesciato, con esiti, situazioni e accadimenti davvero impareggiabili…

Ragione e stoltezza si danno la mano in pagine di pura gioia per il lettore; mai istanti di noia o di stantio nel corso della narrazione. Si piange e si partecipa di due destini che sono un solo corpo, una sola voce;  fedeltà e bastonate, confronto e affetto, sfida e rassegnazione. Per giungere a un finale dove la vita rinsavisce al suono di una morte luminosa, sana, che ci consegna a ricordi di indiscussa felicità.

A Cervantes un grazie lungo quattro secoli!

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Barbara Chiarini

Barbara Chiarini nasce a Firenze nel 1967. Laureata in Architettura con indirizzo storico-restauro e conservazione dei Beni Architettonici, si ritiene un architetto per professione, una scrittrice per passione, ed una fiorentina D.O.C. Autrice del libro “Per le Antiche Strade di Firenze”, “Una finestra affacciata dull’Arno” e “Su e Giù per le strade di Firenze”, ella è anche la fondatrice nonche’ uno degli Amministratori di questo Blog.

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