Le strisce pedonali di Abbey Road
Finché rimasero insieme, i Fab Four furono una cosa sola.
In realtà, all’inizio della carriera, negli anni ’50 a Liverpool, i futuri Beatles erano solamente tre.
La loro storia inizia il 6 luglio 1957, quando i giovanissimi John Lennon e Paul Mc Cartney incrociano i loro destini sul palcoscenico della Woolton Parish Church, nel corso di un concerto rock in cui sono chitarristi in due diversi gruppi musicali. Dalla loro collaborazione nasceranno, tra il 1962 e il 1970, una serie memorabile di successi musicali.
Ai due, nel 1958, si aggiunge un compagno di scuola di Paul, George Harrison.I futuri Beatles, all’epoca si chiamavano The Quarrymen e proponevano una miscela di musica skiffle e rock’n’roll. In quello stesso anno, la vita dell’anticonformista John viene indelebilmente segnata dalla tragica morte della madre ed è da quel momento che la musica diviene per lui la prima ragione di vita. Sarà proprio Lennon a guidare i Beatles verso il successo. Nel 1959, entra nel gruppo il poco esperto bassista Stuart Sutcliffe e un anno dopo, il batterista Pete Best.
Nel 1960, il gruppo, con il nome di Beatles, sbarca ad Amburgo dove gli viene creato il look che, dagli abiti al taglio di capelli, entrerà nella storia. Tornati a Liverpool, i Beatles, si esibiscono al Cavern Club e la loro fama incomincerà a diffondersi. Il 1961 li vede incidere il loro primo 45 giri, My Bonnie, come gruppo spalla del cantante Tony Sheridan. E’ la loro prima esperienza. Nel 1962, i ragazzi, fanno un provino alla casa discografica Decca, ma il loro potenziale non viene intuito e viene così commesso quello che sarà ricordato come uno degli errori più grandi della storia del mercato discografico.
Il gruppo viene allora scritturato dalla grande casa discografica EMI che chiede, però, la sostituzione del batterista: è così che entrerà a far parte della band Ringo Starr, conosciuto in precedenza ad Amburgo dove suonava con i Rory Storm & the Hurricanes.
Il 5 ottobre del 1962 esce Love me do, il loro primo grande successo internazionale.
E’ giunto il fatidico momento: ha inizio la Beatlemania!
Nel 1964 cinque loro pezzi sono nei primi cinque posti nella classifica americana.
Volano in alto gli scarafaggi, talmente in alto che nel 1965, la Regina Elisabetta II, conferisce loro l’onorificenza di Baronetti con una cerimonia ufficiale a Buckingham Palace.
Ancora nessuno lo immagina, ma l’unione tra i mitici quattro non è destinata a durare: quello al Candlestick Park di San Francisco, il 29 agosto del 1966, sarà il loro ultimo concerto dal vivo. Infatti, sul finire degli anni Sessanta, l’armonia del gruppo viene segnata da diversi malumori, tra i vari componenti. E’ l’inizio della fine: il gruppo si scioglierà a breve.
Nel 1970 uscirà Let It Be, il loro ultimo disco registrato prima di Abbey Road e messo da parte.
Non c’è più niente da fare: il 10 aprile di quello stesso anno, Paul McCartney annuncerà pubblicamente lo scioglimento dei Fab Four.
I Beatles hanno segnato la storia della musica e sono stati gli interpreti della loro generazione.
Da allora, i milioni di fan che li hanno amati e venerati si sono divisi su quale sia stato il loro miglior album.
Secondo noi e secondo molti, Abbey Road (pubblicato il 26 settembre del 1969), fu il loro capolavoro, o meglio il loro ultimo capolavoro , oltre che l’album più venduto in tutta la loro carriera, forse per il calore che traspare da ogni brano che lo compone.
Facciamo un passo indietro.
Londra, 8 agosto 1969. Ci sono quattro uomini che stanno attraversando una strada, camminando in fila indiana su un attraversamento pedonale a forma di zebra.
Al fotografo sono stati concessi appena dieci minuti per immortalare una camminata e un preciso istante nella storia della musica rock.
La copertina di Abbey Road, l’ultimo album dei Beatles ad essere stato registrato, è tra le più famose del mondo. John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr attraversano la strada, apparentemente sereni. Eppure, Abbey Road è il disco che chiude la storia della loro band.
Facciamo, allora, ancora un altro passo indietro.
Per capire la storia di Abbey Road e della fine dei Beatles dobbiamo ritornare al gennaio del 1969, quando i quattro di Liverpool si riunirono per una serie di sessioni di registrazione negli studi della Apple: anche per loro l’idea era quella di tornare indietro.
Un get back alle origini, per ritrovare un suono scarno e istintivo.
Furono giornate cariche di tensioni, con i nostri che ormai non si sopportavano più. Il tecnico Glyn Johns provò a mettere insieme quel materiale per farne un album e lo sottopose alla band. John, Paul, Ringo e George, per una volta, si trovarono d’accordo: considerarono quelle canzoni pessime, quindi quel disco, Get Back, per il momento non doveva vedere la luce. Eppure molte di quelle canzoni torneranno, l’anno seguente, a comporre Let It Be, ma questa è un’altra storia.
Un nuovo disco dei Fab Four era comunque stato annunciato, la copertina era pronta, e li vedeva, nel loro look attuale, con le lunghe barbe, affacciarsi al balcone dove era stata scattata la loro foto dell’album di esordio del 1963. Ma non sarebbe stata quella. A giugno del 1969, George Martin, lo storico produttore, venne chiamato da Paul: i Beatles volevano registrare un nuovo album, partendo da zero.
È la fine. Sarà l’ultimo album che incideranno, ciascuno di loro ne è consapevole. Per questo l’album va fatto e va fatto nel migliore dei modi, questo il tacito accordo.
E così i quattro si rifugiano tra le mura protettive di Abbey Road, il luogo dove avevano registrato i loro dischi migliori. E accadde il miracolo: i Beatles, per pochi mesi, tra luglio e agosto di quell’anno, tornarono ad essere i Beatles, a registrare senza litigi e discussioni, tornarono a divertirsi. Gli studi di Abbey Road sprigionavano sicurezza, vibrazioni positive, la musica dei Beatles ritrovò la magia. Anche John Lennon, con la testa già altrove da mesi, suonò come non faceva dai tempi di Sgt Pepper.
Ecco perché, Abbey Road rappresenta i Beatles al loro meglio.
John Lennon, già divenuto l’artista politicamente impegnato che tutti conosciamo, aveva scritto una canzone per la campagna elettorale, poi fallita, di Timothy Leary per la carica di governatore della California. Sarà quel pezzo, Come Together, ad aprire Abbey Road: con quel suo incedere lento, sballato e un po’ sexy. Lennon porterà in dote anche la potente I Want You (She’s So Heavy), altro brano carico di desiderio in puro stile Lennon tra blues e hard rock (alcuni critici lo hanno, non a caso, considerato il primo pezzo heavy metal della storia).
E poi John tirerà fuori il suo capolavoro: Because. Ad ispirarlo lei, Yoko Ono, che stava suonando al pianoforte Al chiaro di luna di Beethoven. John le chiese di dargli gli accordi, ma al contrario. Così nacque Because, una canzone di una delicatezza rara e di pura estasi erotica.
Paul McCartney porterà in dote ad Abbey Road altri due brani, Oh, Darling!, canzone rétro e un po’ banale, ma che Paul canta con una voce roca e ruvida, e Maxwell’s Silver Hammer.
Soprattutto Abbey Road consacrerà invece definitivamente George Harrison come grande autore, alla pari della premiata ditta Lennon – McCartney.
Il George di Abbey Road è la magnifica e ottimista Here Come The Sun (nata in un pomeriggio assolato di primavera, a casa di Eric Clapton nel Surrey), uno dei grandi successi dei Beatles. Non basta: c’è pure l’eterea e magica Something, un altro piccolo grande classico dei Beatles che diventerà la loro canzone con più cover, dopo Yesterday.
Frank Sinatra la definirà addirittura «la più grande canzone d’amore degli ultimi cinquant’anni». C’ è posto per tutti: anche Ringo contribuisce con un’altra canzone (quasi per bambini) vagamente country, un po’ sull’onda di Yellow Submarine: Octopus’s Garden. Un brano semplice semplice, ma provate a togliervela dalla testa una volta ascoltata! «I’d like to be, under the sea…». Del resto, dove sta il fatto sorprendente? È così con quasi tutte le canzoni dei Beatles: vere e proprie bombe di tre o quattro minuti che, dal primo ascolto, non lasciano scampo.
Ma, ad Abbey Road, succede anche dell’altro.
Martin ha un’idea: vorrebbe mettere insieme alcuni frammenti di canzoni incompiute, idee rimaste nel cassetto, per farne un medley, in cui ogni pezzo sui può legare all’altro.
Prende vita così il medley che occupa gran parte del lato B di Abbey Road, quasi una sfida che vede di nuovo John e Paul rimbalzarsi fra loro frasi musicali, accenni, idee come facevano da ragazzi nel soggiorno della casa del padre di Paul.
Insomma: tutti e quattro sono i Beatles di sempre eppure sono giunti ad un nuovo livello compositivo.
Adesso il disco è completo, viene chiamato proprio Abbey Road, in onore della casa dei Beatlesche li ospitava dal 1962 e metteva tutte le cose a posto.
Per la copertina del disco i quattro si fanno fotografare mentre attraversano la strada in fila indiana sulle strisce pedonali vicino agli studi, consacrandole a luogo di culto per l’eternità. In quel momento era estate, c’era il sole e non c’era traffico. John apre la fila ed è vestito di bianco, le mani in tasca e le spalle ingobbite. Segue Ringo, vestito di nero, Paul in elegante abito blu e piedi scalzi e chiude George, vestito casual in pantaloni e giubbetto di jeans. Quella copertina darà il via alla leggenda sulla morte di McCartney: Paul, nella foto, è scalzo e in Inghilterra i defunti venivano sepolti senza scarpe; John è in bianco, come un gran sacerdote, o un angelo; Ringo, in nero, sarebbe un impresario delle pompe funebri, e George, vestito in jeans, potrebbe essere un becchino. E poi c’è quella scritta sulla targa del maggiolino parcheggiato: LMW 281F, che rappresenterebbe l’età di Paul, 28 anni se (if) fosse vivo; e le lettere LMW vorrebbero dire Linda McCartney Weeps, cioè Linda McCartney (la moglie) piange. Dal lato opposto un furgone nero ricorda quelli utilizzati dalla polizia mortuaria in caso di incidenti…
Finite le registrazioni di Abbey Road ognuno torna ai propri impegni, alla propria vita. Il gruppo non esisterà più.
C’è però quel contratto da onorare e dunque all’esterno non deve trapelare nulla. I media già da tempo insistono su un presunto scioglimento della band. Così, quando in quel 26 settembre del 1969 esce Abbey Road, si riaccenderà in molti la speranza che la storia dei Beatles non sia finita.
Come possono quei suoni così armonici, solari, eterei arrivare da una band in crisi?
Invece Abbey Road è il suono di una band che stava andando in pezzi, e prima di farlo, si era fatta forza ed era restata unita per un ultimo giro di valzer.
The End, la canzone che chiude il medley, recita: «And in the end the love you take is equal to the love you make», ovvero: «E alla fine, l’amore che prendi è uguale all’amore che dai».
Anche la storia dei Beatles, probabilmente, è andata così.