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Quando il Wild West conquistò i fiorentini

«Era il 1890 E l’intera città si accalacava per assistere al loro show. La scena che ai fiorentini piacque di più fu l’assalto alla diligenza di Deadwood da parte degli indiani. Per un po’ sembrò che i Pellerossa avrebbero prevalso, ma poi la cavalleria arrivò all’ultimo momento – «arrivano i nostri!» – e gli indiani furono invariabilmente sconfitti».

 

In realtà, correva l’anno 1893. Probabilmente, il giornalista si era sbagliato, ma questo articolo comparso sul quotidiano locale “La Nazione” di Firenze, racconta di una storia che fu tutta vera!

Eppure, penserete voi, che cosa ci stava a fare una diligenza di Deadwood, Cowboys, gli indiani e la cavalleria a Firenze, Italia? 

Incredibile, ma vero, il «Buffalo Bill’s Wild West» (questo era il nome dello show) visitò Firenze, e lo fece per ben due volte: nella primavera del 1890 e di nuovo nell’Aprile del 1906.

La prima volta, la troupe si accampò alla Zecca, sulle rive dell’Arno; la seconda a Campo di Marte. 

La troupe del 1890 contava circa 600 tra uomini e donne, compresi un centinaio d’indiani; c’erano anche approssimativamente 160 cavalli, 10 o 15 bufali, e svariate alci, cervi ed orsi; invece, l’annuncio della visita del 1906 proclamava addirittura la presenza di «1300 uomini e cavalli».

 

Nato nell’Iowa il 26 febbraio del 1846, William Frederick Cody (meglio noto come “Buffalo Bill”) aveva preso  parte alla Guerra di secessione americana quando era ancora un adolescente, ma la giovane età non gli aveva impedito di distinguersi per coraggio e abilità guerresche.

Il soprannome con cui viene ricordato ancora oggi sembra fosse molto diffuso all’epoca, tanto che diversi cacciatori di bisonti erano soliti utilizzarlo. Cody lo aveva ottenuto dopo aver vinto una gara di caccia al bisonte contro William Comstock, che già si fregiava dell’appellativo “Buffalo Bill”. Leggenda vuole che in appena 18 mesi Cody uccise più di 4.000 bisonti per rifornire di carne gli operai addetti alla costruzione della ferrovia: uno sterminio, si dice, voluto dallo stesso governo americano, al fine di mettere alla fame le tribù pellerossa presenti in zona e velocizzare i lavori.

Nel corso della battaglia al Warbonnet Creek nel 1876 Cody si vantò di aver fatto lo scalpo di un guerriero cheyenne, un gesto passato alla storia come “il primo scalpo per Custer”, compiuto per vendicare la morte del famoso generale George Armstrong Custer durante la battaglia del Little Bighorn avvenuta nello stesso anno.

Oltre le sue gloriose gesta, fu pertanto lo stesso William Frederick Cody ad alimentare la leggenda di Buffalo Bill, riprendendone il soprannome, trasformandosi in un vero e proprio attore e impersonando la riuscitissima parte dell’impresario di se stesso.

Era nato  il Buffalo Bill Wild West Show.

 Cody aveva organizzato il suo primo «Wild West» show nel 1883, quando aveva già compiuti 37 anni. Lo spettacolo andrà avanti fino al 1916, un anno prima della sua morte. 

Anche se le scene cambiavano costantemente, esse consistevano sempre in corse, dimostrazioni di precisione di tiro, prodezze a cavallo, manovre militari, e ricostruzioni di scene del West americano. 
Gli indiani, così importanti per il successo dello show, apparivano in molte delle scene, comprese alcuni celebri ricostruzioni come la «Caccia al bisonte», «L’assalto alla diligenza di Deadwood» e «L’assalto alle case dei coloni». Oltre a Buffalo Bill, le altre star dello spettacolo erano i tiratori scelti, Johnny Baker e Annie Oakley, entrambi venuti a Firenze, e molti celebri capi indiani, come Alce NeroLuther Orso in Piedi, Camicia Rossa e il più celebre Toro Seduto.  

Il quotidiano locale pubblicò anche una fotografia che vedeva Bill e Toro Seduto ritratti insieme.  Anche questo però, non era in realtà del tutto vero! Toro Seduto girò con la compagnia, ma lo fece per una sola stagione, nel 1885 e pertanto, possiamo ribadire che non venne mai a Firenze.

Ma tornando al nostro personaggio e al nostro racconto odierno, vi garantisco che niente ai giorni d’oggi potrebbe rivaleggiare con la popolarità che il «Buffalo Bill’s Wild West» ebbe alla fine del 1800, specialmente in Europa. 

Durante la tournée del 1887, la Regina Vittoria uscì dal lutto che portava per la morte del marito Albert pur di assistere allo show. Non solo, vi presenzio per ben due volte! E ancora, nel corso di un’altra performance 1887, Buffalo Bill guidò follemente la diligenza di Deadwood intorno ad Earls Court Exibition Center (un centro espositivo aperto a Londra proprio in quell’anno); accanto a lui cavalcava con un fucile da caccia il Principe di Galles e all’interno della vettura vi erano quattro sovrani regnati in Europa. 

Nel 1890, a Roma, Buffalo Bill fu concesso di esibirsi davanti a Papa Leone XIII e fu presentato al Re Vittorio Emanuele III. E durante la tournée del 1891, Annie Oakley colpì una sigaretta tra le labbra del Kaiser Guglielmo e dopo ci scherzò su, affermando che era il genere di uomo che avrebbe potuto scatenare una guerra!

Potete credermi, gli aneddoti a proposito dei loro show sono davvero moltissimi, e potrei continuare a citarvene ancora molti. Ma passiamo a raccontare di quando la troupe venne a Firenze, per tre giorni, nell’Aprile del 1906. 

Arrivò al Campo di Marte con quattro treni, composti di 50 vagoni (!) e stabilì l’accampamento sui vicini prati. Diecimila spettatori, ricchi e poveri, si affollavano per vedere lo show ogni giorno, bloccando le strade della zona con carri, biciclette, e perfino alcune automobili: «E’ impossibile dare un’idea della ‘grandeur’ dello spettacolo» dichiara il reporter de La Nazione. E racconta degli esordi da scout di Buffalo Bill, della sua abilità di cavallerizzo, di come abbatté 4280 bisonti in 18 mesi e delle sue capacità nel tiro – poteva colpire un dollaro da 30 metri – affermando che egli fosse la vera incarnazione dell’Ovest americano. 

Ma il suo vero interesse «La Nazione» lo riponeva sugli indiani. Gli indiani erano in effetti la vera attrazione. Gli italiani, come gli altri europei, erano incuriositi dagli indiani dai tempi della conquista del Nuovo Mondo. La loro curiosità toccò il picco durante il XIX secolo, quando impresari concorrenti portarono indiani e altri gruppi esotici in Europa per lunghe tournée. Buffalo Bill portò con sé soprattutto Sioux che reclutava dalle riserve (e per cui pagò la cauzione), col risultato che l’immagine predominante dell’indiano in Europa e in America fu quella del Sioux.

 I fiorentini furono affascinati dalle vesti a vivaci colori di quei prestanti guerrieri, dai loro lunghi capelli, dalle acconciature piumate, e dalle loro pitture di guerra; «rabbrividivano» quando sentivano le loro grida di guerra. Nel loro girovagare per l’accampamento, i fiorentini si affollavano intorno agli indiani, soprattutto le squaw (donne) e i loro papoose (piccoli), toccandoli e cercando di parlare con loro. Essi furono portati a credere che il «Buffalo Bill’s Wild West» fosse un’accurata immagine del West americano.

Ma naturalmente non era così. I fiorentini di 100 anni fa, come tutti noi, possono aver desiderato che ciò fosse vero, ma sapevano che il «Wild West» era poco più che un imponente spettacolo. Ad un certo punto, il reporter  incita i suoi lettori, specialmente gli studenti di storia naturale, a visitare Campo di Marte per vedere gli indiani. La loro razza, dice, presto scomparirà a causa degli uomini bianchi che hanno preso le loro terre ed ucciso i loro bisonti. 

A noi non rimane che scuotere la testa per lo stupore che la curiosità e il piacere provato da coloro che videro il «Wild West», su entrambe le coste dell’Atlantico fossero in verità fondati sulla sottomissione, addirittura purtroppo su il prossimo sterminio di un altro essere umano; quel solitario indiano con le pitture di guerra che galoppava in cerchio davanti ad una folla plaudente….

 

«(…) Sul ciglio di una strada a contemplare l’AmericaDiminuzione dei cavalli, aumento dell’ottimismoMi presentarono i miei cinquant’anniE un contratto col circo Pace e Bene a girare l’EuropaE firmai, col mio nome firmaiE il mio nome era Bufalo Bill»

(tratto da “Bufalo Bill” di Francesco De Gregori)

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Barbara Chiarini

Barbara Chiarini nasce a Firenze nel 1967. Laureata in Architettura con indirizzo storico-restauro e conservazione dei Beni Architettonici, si ritiene un architetto per professione, una scrittrice per passione, ed una fiorentina D.O.C. Autrice del libro “Per le Antiche Strade di Firenze”, “Una finestra affacciata dull’Arno” e “Su e Giù per le strade di Firenze”, ella è anche la fondatrice nonche’ uno degli Amministratori di questo Blog.

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