Emilia Toscanelli Peruzzi, una signora da…Salotto
Il 14 febbraio 1827 nasceva a Firenze Emilia Toscanelli.
Sposata con Ubaldino Peruzzi, una delle figure più importanti del Risorgimento e dell’Unità d’Italia, ambasciatore, ministro dei Lavori Pubblici e dell’Interno, sindaco di Firenze, è universalmente ricordata come donna «intelligentissima e angelica, con lo schietto eloquio paesano e il delicato motto» .
Ella seppe riunire intorno a sé la migliore società politico-culturale italiana e europea nei suoi molti salotti di Parigi, di Torino, di Firenze, dell’Antella…e anche di Viareggio!
Appartenente ad una famiglia borghese con simpatie liberali, fin da giovanetta, in seguito alla morte della madre, aveva dimostrato interesse per gli avvenimenti politici, anche per la consuetudine con filosofi e scienziati dell’università di Pisa, come Mossotti e Rosmini, che frequentavano la casa paterna; nel salotto di Palazzo Peruzzi, in Borgo dei Greci al numero 14, non troppo grande, arredato con semplicità con due divani scomodi di velluto rosso, delle sedie ed un tavolo, ogni lunedì Emilia, abbigliata con signorile semplicità, accoglieva gli scienziati, gli intellettuali e gli stranieri che passavano da Firenze, attratti dall’aura di antica nobiltà, di ospitalità calda unita a grande cortesia che vi aleggiava.
Durante le riunioni, non si banchettava, erano banditi i discorsi di circostanza, ma si discuteva di politica, economia e cultura: sul tavolo i visitatori trovavano rosolio e biscotti ed un album in cui lasciare versi, disegni o pensieri politici. In questo salotto non era utilizzata la lingua Francese ma l’Italiano, non c’era un pianoforte per fare musica, non veniva rispettata la regola “delle 4 sedie” (un artista, uno scienziato, un politico ed una gentildonna dovevano essere presenti per vivacizzare e variare la conversazione): si vagheggiava di un’ Italia nuova prevalentemente moderata, non escludendo la possibilità di un futuro socialista.
Tra i frequentatori più assidui ricordiamo Isidoro Del Lungo, politico e letterato, la poetessa Ada Negri, l’ex mazziniano Emilio Visconti Venosta, Renato Fucini, impiegato delle Belle Arti, autore di sonetti pubblicati dal Fanfulla, Ruggero Bonghi, Ministro dell’Istruzione Pubblica dal 1874 al 1876, il poeta Giacomo Zanella, Silvio Spaventa, segretario Ministro degli Interni; e, poi, l’antropologo Paolo Mantegazza che da deputato fu contrario alla legge sul macinato, il deputato Giovan Battista Giorgini, genero del Manzoni, lo studioso palermitano Michele Amari, l’On. Toscanelli, fratello della padrona di casa, il deputato napoletano e studioso della questione meridionale Pasquale Villari, il diplomatico piemontese Cesare Alfieri, il ministro Marco Minghetti esponente della Destra che spesso assumeva posizioni critiche ed, infine, Ubaldino Peruzzi, senatore, ministro dell’Interno e dei Lavori Pubblici, più volte sindaco della città dopo il trasferimento della capitale a Firenze.
“Allo svolgimento della politica del giorno si assisteva in quella casa come in una succursale del Parlamento”, scriverà Edmondo De Amicis, giovane ufficiale piemontese di stanza a Firenze per cui Emilia corresse l’italiano nei Bozzetti militari e del quale dovette quietare gli ardori amorosi: nel libro Cuore questo autore riproporrà ai giovani alcuni temi dibattuti nel salotto Peruzzi, come l’amore per la patria, il dovere, l’eroismo, la solidarietà sociale, l’italianità e la questione meridionale.
Nei mesi estivi il salotto si trasferiva nella Villa La Torre all’Antella, di proprietà della famiglia Peruzzi dal 1299: fu soprattutto in questo luogo che Emilia da donna serena, espansiva e cordiale quale era, coltivò relazioni ed amicizie che si mantennero solide per tutta la vita, armonizzando tendenze e tradizioni eterogenee e favorendo l’incontro tra regioni e radici culturali diverse.
Amabilmente, Emilia riusciva a passare da un gruppo di ospiti all’altro intervenendo nelle conversazioni con grazia, intelligenza e molto spesso con consigli. Siccome non risparmiava critiche sagaci anche ai politici più scaltri, un giorno il re Vittorio Emanuele II esclamò: «Di quelle donne ce ne vorrebbe una per ogni città del regno».
Emilia morì nella sua amata villa La Torre l’8 maggio 1900 e, rispettando la sua volontà, la salma fu ricoperta di fiori di campo dell’Antella e tumulata nella cappella.
Dieci anni dopo, con un Decreto Ministeriale fu autorizzata la traslazione delle sue spoglie nella basilica di Santa Croce a Firenze accanto a quelle dell’amato “Baldolino”, come lei chiamava affettuosamente suo marito.
Quanto di più interessante e schietto lo si percepisce anche in questa storia.
Grazie