Letteratura,Storie al femminile

Il canto dell’ Africa

«Io conosco il canto dell’Africa, della giraffa e della luna nuova africana distesa sul suo dorso, degli aratri nei campi e delle facce sudate delle raccoglitrici di caffè. Ma l’Africa conosce il mio canto? L’aria sulla pianura fremerà un colore che io ho avuto su di me? E i bambini inventeranno un gioco nel quale ci sia il mio nome? O la luna piena farà un’ombra sulla ghiaia del viale che mi assomigli? E le aquile sulle colline Ngong guarderanno se ci sono?»

Karen Blixen, danese di nascita ma africana nel cuore, nelle sue opere cantò il meraviglioso spettacolo naturalistico del continente nero. Era nata a Rungsted il 17 aprile 1885 e morì a Copenaghen il 7settembre del 1962. Il suo vero nome era Karen Christentze Dinesen, baronessa von Blixen-Finecke.

Karen Christentze Dinesen, baronessa von Blixen-Finecke (Rungsted, 17 aprile 1885 – Rungsted, 7 settembre 1962), scrittrice danese, nota con vari pseudonimi, il più famoso dei quali è Karen Blixen

Figlia di un proprietario terriero dedito alla politica, visse per lungo tempo nella residenza di campagna che il padre prima acquistò e in seguito restaurò a sue spese. Oltre alla placida routine della campagna danese Karen conobbe, almeno per la prima parte della sua vita, gli agi, i pettegolezzi e le fragilità degli ambienti upperclass della vicina e moderna Copenaghen.

Cominciò giovanissima a scrivere racconti, pubblicati a partire dal 1901 con lo pseudonimo di Osceola (*). Fidanzatasi nel 1913 con il cugino svedese, il barone Bror von Blixen-Finecke, decise di partire insieme a lui per l’Africa con l’idea di acquistarvi una fattoria. La vita civile non sembrava adatta al carattere ribelle e forse un po’ romantico della futura scrittrice.

Del resto, in quei nobili salotti si annoiava profondamente, sentendo che la vita rischiava di sfuggirle fra le mani senza aver provato emozioni reali e autentiche. L’epilogo rosa di questa specie di fuga, anche se dai caratteri non propriamente tali, fu costituito dal matrimonio che li ufficializzò come marito e moglie, celebrato a Mombasa nel 1914. Una volta uniti e in regola con la legge, si trasferirono in una grande piantagione nei pressi di Nairobi.

Purtroppo l’iniziale idillio dopo qualche anno andò in pezzi. Il 1921 fu l’anno del doloroso divorzio. Bror lasciò l’Africa mentre Karen continuò a vivere nella piantagione di caffè, ormai sua ragione di vita, facendola crescere e dirigendola con intelligenza e tenacia per ben diciassette anni.

L’On. Denys George Finch Hatton (24 aprile 1887 – 14 Maggio 1931), nobile, avventuriero, cacciatore, soldato e presunto amante della baronessa Karen Blixen

Ma anche questa laboriosa routine era destinata a terminare. L’improvvisa crisi sopravvenne nel 1931 quando il mercato del caffè crollò malamente e Karen si trovò costretta a chiudere l’attività della piantagione dopo alcuni anni in cui aveva vissuto già in maniera piuttosto stentata. Nella vita vera, furono le ragioni economiche più che sentimentali a costringerla a lasciare l’Africa e a tornare in Danimarca dalla sua famiglia: da allora si dedicherà con intensità solo alla scrittura.

Malgrado la bruciante nostalgia per il Kenya, nostalgia che ha tutti i caratteri di un vero e proprio mal d’Africa (ed in cuor mio la capisco perfettamente), la scrittrice passò il resto dei suoi giorni in Danimarca, afflitta da una salute malferma e vacillante, forse attribuibile secondo alcune ricostruzioni ad una malattia venerea mal curata che avrebbe contratto dal marito durante il primo anno di matrimonio.

La sua vita avrebbe avuto fine il 7 settembre 1962.

Autrice di una ventina tra romanzi e raccolte di racconti, Karen Blixen fu sepolta nel parco della sua residenza a Copenaghen (oggi casa museo), trasformato per suo volere in riserva ornitologica.

La vita in Africa fu senz’altro l’’esperienza che le cambiò la vita, ispirandole il romanzo capolavoro La mia Africa, pubblicato nel 1937, da cui nel 1985 Sydney Pollack realizzò il film che fu vincitore di ben 7 Premi Oscar.

La mia Africa è il romanzo che ripercorre gli anni in cui la scrittrice trascorse la sua vita nella fattoria del Kenya alle pendici delle colline di Ngong, vicino Nairobi, a coltivare caffè e a prendersi cura della popolazione indigena dei Kikuyu, che aveva accolto sui suoi terreni.

Si tratta di una storia che non racconta grandi eventi o grandi avventure, ma che racconta di una donna che si scopre profondamente legata al mondo africano, alla sua popolazione e alla sua natura selvaggia. Narra di incontri con altri colonizzatori e c’è spazio per una storia damore che lautrice vive al di fuori del matrimonio, per quanto tutto resti sullo sfondo, perché il vero protagonista del libro è il continente africano.

Secondo lautrice, lAfrica è infatti superiore allEuropa perché più pura, più attaccata alle cose semplici e più vicina al mondo che Dio aveva preparato per lumanità. L’Africa è descritta nella sua più assoluta bellezza: meravigliosi ritratti di paesaggi e panorami, aneddoti di vita in quelle terre, personalità particolari e incontri con amici europei che venivano a farle visita, popolano le pagine di questo diario, senza una vera e propria sequenza cronologica .

Un libro che incanta con le sue minuziose descrizioni e che incuriosisce per i rapporti che si vengono a creare tra gli indigeni e la scrittrice, che si prodiga per fornire loro cure mediche e unistruzione, per quanto, da donna dei suoi tempi, la Blixen visse appieno tutti i limiti del rapporto tra il padrone biancoe lo schiavo nero: uno spaccato di quella che era la vita in Africa per colonizzatori e indigeni allinizio del secolo scorso, visto dagli occhi di una donna intraprendente, narrato con uno stile asciutto che a tratti, secondo la mia modesta opinione, non coinvolge ma che alla fine lascia un senso di malinconia per lo strazio che il continente africano ha subito.

Sono paesi, quelli dell’Africa meridionale, che un giorno ho visitato e a cui mi sono molto legata affettivamente. Leggere questo libro mi ha fatto sentire un po’ più vicina al loro modo di pensare, al loro stile di vita e mi ha fatto apprezzare – seppur con una lieve nota di malinconia – le tante cose che noi abbiamo ogni giorno, di cui spesso inutilmente ci lamentiamo, ma che questa gente non ha assolutamente.

Se qualcuno tra voi, come me, si è mai sentito attratto dal continente africano, e in particolare dal Kenya, da quegli spazi desolati ma ricchi di vegetazione a perdita d’occhio, dal silenzio che vi può regnare e dagli usi e costumi di quelle popolazioni così diverse da noi occidentali, questo è il libro che consiglio di leggere.

Da questo splendido romanzo fu tratta una meravigliosa pellicola, come ho anticipato prima, anche questa imperdibile! (io credo di averla vista almeno una decina di volte e mai mi stancherei di guardarla ancora !)

Out of Africa fu prodotto e diretto nel 1985 dal regista di Come eravamo, Sydney Pollack, e sceneggiato da Kurt Luedtke, che si ispirò per renderlo il più possibile vicino alla realtà dei fatti anche alle due biografie della Blixen e di Finch-Hatton. In oltre due ore e mezzo di durata, l’opera di Pollack racconta la vita della baronessa danese, la sua esperienza nel continente africano e la sua tormentata passione per l’avventuriero Denys Finch-Hatton; ad interpretare i ruoli dei protagonisti sono due attori del calibro di Robert Redford e Meryl Streep.

Realizzato con un notevole sforzo produttivo, La mia Africa si è rivelato uno dei maggiori successi del cinema (240 milioni di dollari d’incasso) ed ha ricevuto le lodi unanimi della critica, aggiudicandosi ben sette premi Oscar (tra cui miglior film, regia e sceneggiatura) e tre Golden Globe.

Nel film c’è molto più romanticismo e molto più sentimentalismo rispetto a quanto si può leggere nell’autobiografia della scrittrice. Anche l’ordine degli avvenimenti, sparpagliati e lasciati in balia dei ricordi nelle pagine del libro, sono qui meglio organizzati per dare alla trama un filo conduttore più preciso.

Pertanto, ne esce un racconto che si propone come una tradizionale storia d’amore cinematografica, ricca di momenti romantici e struggenti (ma senza mai scivolare nel patetico), che riesce a mettere ben il luce il viaggio spirituale di una donna alla scoperta di un continente selvaggio e sconosciuto, ricco di mistero e di fascino.

Oltre ai ricordi dell’Africa, un altro elemento di rilievo della trama è il tema ricorrente del racconto e del potere immaginifico della parola: infatti Karen è anche una donna capace di ammaliare gli ascoltatori con le proprie favole; storie create dal nulla e narrate durante la notte, come Scheherazade (**).

A fare da sfondo alle vicende c’è poi il suggestivo paesaggio africano con i suoi panorami mozzafiato, splendidamente fotografati da David Watkin.

In questo film lirico e contemplativo, confezionato in maniera impeccabile, un apporto fondamentale fu costituito dalla mirabile interpretazione della protagonista Meryl Streep (che per il ruolo della Blixen imparò perfino a parlare in inglese con accento danese), nonché da Robert Redford, interprete quasi “principesco” nella figura di Denys Finch Hatton (tanti sono i suoi talenti, le sue eccentricità e le sue qualità).

La mia Africa (Out of Africa), film del 1985 diretto da Sydney Pollack, ispirato all’omonimo romanzo autobiografico di Karen Blixen con Meryl Streep e Robert Redford

Una storia d’amore unica, toccante e coinvolgente: Denys che abbandona la sua abitazione e fa trasloco nella casa di Karen Blixen a Ngong per soggiornarvi tra un safari e l’altro, per una settimana o due, nell’intervallo di assenze che durano anche molti mesi. E il pubblico vive quell’attesa…

Denys che le insegna il greco, che le fa conoscere i poeti simbolisti, che le suona Stravinsky e la inizia all’arte moderna… e tutto viene come respirato, partecipato, anche sedendo in una comoda poltrona di una sala cinematografica.


Sappiamo dal romanzo che Karen fu obbligata a vendere quando i raccolti dell
azienda agricola iniziarono a non coprire più le spese. Ma nel film a questo fatto si associa la disgrazia più grande, la tragica e improvvisa morte di Denys in un incidente aereo mentre sta facendo un safari nel 1931. È a questo punto che ogni speranza di felicità la abbandona e alla fine dell’agosto del 1931 imbarcatasi per la Danimarca dice addio a tutto il suo mondo: non avrebbe mai più rivisto la sua Africa!

Anche il mio racconto finisce qui perché rimanga inciso nei vostri cuori e lasci ad ognuno di noi il tempo per riflettere sul significato di parole come amore e vita, essenza di tutte le cose … accompagnandovi nel sogno africano di una terra che ti incatena, al suono delle melodie ascoltate dalla Blixen con il giradischi regalatole da Denys….. una sequenza di note che spaziano tra Mozart e le meravigliose musiche che John Barry scrisse per questo bellissimo film ben cento anni dopo di lui!

(*) Osceola era il nome di un leggendario capo degli indiani Seminole della Florida

(**) Scheherazade era il nome della principessa narrante delle Mille e una notte

 

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Barbara Chiarini

Barbara Chiarini nasce a Firenze nel 1967. Laureata in Architettura con indirizzo storico-restauro e conservazione dei Beni Architettonici, si ritiene un architetto per professione, una scrittrice per passione, ed una fiorentina D.O.C. Autrice del libro “Per le Antiche Strade di Firenze”, “Una finestra affacciata dull’Arno” e “Su e Giù per le strade di Firenze”, ella è anche la fondatrice nonche’ uno degli Amministratori di questo Blog.

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Bea Bryan

Leggero’ questo libro! Grazie

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