Assassinio in libreria
Ogni libreria in cui vado è diversa dalle altre, ma ogni volta che entro è sempre la stessa sensazione.
Quella libreria era particolare, con i muri di pietra a volta, illuminata da luci fioche e da candele. Al centro c’erano tavoli e alcune poltrone. Una scala di ferro portava ad un secondo piano composto da uno stretto passaggio contornato da una ringhiera, come se fosse un balcone interno. Il proprietario sedeva dietro il balcone a sfogliare libri, sistemandosi gli occhiali sul naso di continuo.
“Buongiorno” dissi entrando. Mi guardai intorno: pochi clienti. Due ragazzi al tavolo di studio, altri due accanto agli scaffali. Poi il mio sguardo percorse la balconata del piano superiore, una ragazza che passeggiava da sola tra i libri. La vittima perfetta…Scacciai il pensiero, e mi avvicinai al balcone. L’uomo alzò lo sguardo e si tolse gli occhiali “Buongiorno, come posso aiutarti?”
“Volevo chiedere se fosse arrivato il libro che avevo ordinato”
“Controllo subito. Nome?”
“Coleman”
Adam Coleman, una delle mie molteplici identità. Di solito cambio nome ogni volta che cambio città. Anche se è impossibile che qualcuno riesca a capire che ci sia io dietro tutto. Il segreto di uccidere nelle librerie è non guardarsi troppo attorno, sembrare normale il più possibile. Essere troppo interessato ai libri potrebbe sembrare sospetto, se andassi ossessivamente in una libreria se ne accorgerebbero tutti. Ci vuole attenzione ai dettagli, ma senza darlo a vedere. Comprai il libro e chiesi se potessi rimanere a leggere sulla poltrona. Lui mi disse di accomodarmi. Mi sedetti e accessi la lampada. Lessi per un po’, tenendo d’occhio le persone intorno a me. I due ragazzi raccolsero le loro cose e uscirono. “Non facevano al caso mio”, pensai. Provare ad uccidere due persone in una volta è una follia. Uno dei due può scappare, chiedere aiuto, e in due ci si difende meglio.
Gettai uno sguardo al piano di sopra, dove la ragazza vagava in cerca di libri. Chiusi il mio e salii le scale. Percorsi la balconata fino alla sezione gialli, dove si trovava. Mi guardai un po’ attorno, osservandola con la coda dell’occhio. Era accovacciata sulle lunghe gambe e scorreva con gli occhi i titoli di Agatha Christie.
“Gialli anche tu?” chiesi
Lei alzò lo sguardo e mi fissò per qualche secondo. “Sì, in realtà non cerco niente in particolare, per questo sono così indecisa”, rispose titubante, chiedendosi che cosa volesse quell’estraneo da lei.
“Se ti piace Agatha Christie, in magazzino hanno una vera collezione dei suoi scritti.”
“Davvero?”
“Certo, manoscritti originali, edizioni illustrate, libri mai pubblicati.”
“E tu come lo sai?”
“Io e il proprietario siamo amici da anni. Allora, le vuoi vedere queste collezioni?”
“Sì, certo, ora?”
“Non c’è un modo per farti entrare di nascosto a quest’ora” Lei parve delusa, così continuai “Ma potresti venire all’orario di chiusura.”
Lei si insospettì “Non credo sia legale”
“Sì, se il proprietario mi fornisce le chiavi.”
Lei sembrò incerta, pensierosa, ma alla fine cedette. Ecco a cosa portava questo sconfinato amore per i libri, per la conoscenza. Ma cosa c’era di tanto speciale in quei libri? Era davvero così importante da infrangere le regole, da vedersi di sera con uno sconosciuto?
Si alzò, sorridendo “Io sono Maggie, comunque” Un nome che avrei presto dimenticato. Che mi importava di come si chiamava?
“Alan, è un piacere”
Se ne andò, aggiustandosi la borsa sulla spalla. Io avevo ancora una questione da risolvere.
Erano le otto e trenta e il proprietario aveva abbassato la saracinesca, pronto ad uscire dalla porta sul retro, dove lo aspettavo. Uscì e io emisi un colpo di tosse, emergendo dall’ombra. Lui si girò, sobbalzando. Il retro del negozio dava su un parcheggio nel mezzo del nulla. Nessuno lo avrebbe sentito, ma aveva tanto spazio dove scappare. Avevo una sola possibilità.
“Chi c’è?”
“Ti ricordi di me?”
“Oh, Alan, giusto?”
Annuii
“Che ci fai qui?”
“Passavo di qui” mentre parlavo mi avvicinavo lentamente a lui, con la mano che stringeva il coltello nella tasca.
Cominciava ad avere paura, la voce tremava, indietreggiò fino a rimanere spalle al muro.
“E perché?” Era una domanda stupida.
Un solo movimento, fulmineo. La mano che esce dalla tasca, la lama che luccica e si infila nella carne. Un gorgoglio, uno sguardo disperato. Il rumore di un corpo sull’asfalto.
La ragazza stava raggiungendo il retro del negozio. Arricciò il naso, sentendo odore di sangue. Rallentò, ma continuò ad avanzare. Si bloccò all’improvviso quando lo vide, portandosi una mano alla bocca. Fece per retrocedere, ma io le apparvi dietro.
“Che cosa hai fatto?”
“Quello che dovevo” Le afferrai il polso. Lei gridò, provò a chiamare aiuto.
“C’eri tu dietro tutti gli omicidi nelle librerie, perché lo fai?”
“Perché una scrittrice mi ha rubato tutto. La felicità, la libertà… anche lei amava i gialli, forse di più di quanto diceva di amare me. Ma che ci trovate in tutto questo?”
Le ficcai la lama nella carne, gustandomi la sensazione di liberazione che provocava.
Andai via, scorrendo la lista dei nomi che avevo strappato da un giornale.
Chissà quale sarebbe stato il prossimo.