Il biglietto
SINOSSI
Un malvivente cerca una busta contenente un biglietto molto importante. John, il suo braccio destro, l’ha infilata tra le pagine di un libro, in una libreria della città. Immobilizzare la libraia e trovare quella busta sembra un gioco da ragazzi. Ma l’impresa si complica, tra imprevisti e sorprese.
Il cigolio della porta spezza il silenzio della sera. La libraia esce dal negozio. Ha movenze sensuali, accentuate da un paio di décolleté con un tacco vertiginoso e da una gonna corta che le fascia i fianchi.
Mi avvicino, estraggo la Colt dalla tasca del giubbotto e gliela punto contro la schiena. Vedo i suoi muscoli irrigidirsi sotto la camicetta di seta. Con una mano le tappo la bocca, con l’altra l’ammanetto e la spingo nel retro. Ha gli occhi sgranati di stupore e non reagisce: sorrido, sarà un gioco da ragazzi!
La luce gialla dei lampioni filtra dalla vetrina, rischiarando il locale. La stanza di servizio è ampia. Sulla destra scorgo una porta di ferro, socchiusa: l’accesso al bagno, suppongo. Ordino alla donna di sedersi a terra e di non fiatare.
Torno nel negozio, accendo la lampada da tavolo appoggiata sul bancone e abbasso la serranda.
Le pareti sono rivestite di scaffali, pieni di volumi in perfetto ordine. Mi metto subito al lavoro, devo trovare quella busta! Le istruzioni erano chiare: John doveva ritirarla alla posta e portarmela immediatamente. Ma quell’imbecille, prima di venire da me, è passato in questa libreria, ha visto entrare uno sbirro e si è fatto prendere dal panico: ha infilato la busta tra le pagine di un libro e se l’è data a gambe. Chissà cosa ci è venuto a fare qui, sto idiota!
Prendo un volume alla volta, lo sfoglio e lo getto sul pavimento. Con un briciolo di fortuna potrei avanzare un po’ di tempo e spassarmela con la libraia. Sogghigno. «Sai una cosa, tesoro?» grido, «quando avrò finito, io e te faremo una bella festa. Sei contenta?» Dal retro giunge un fruscìo. Immagino il suo viso tirato, le gambe tese sotto il tessuto della gonna…
Una voce alle mie spalle mi fa trasalire. «Il gioco è finito, pezzo di…»
Mi volto di scatto: John! Afferro la lampada e gliela scaglio contro. Lui la scansa e mi piomba addosso. Riesco a divincolarmi, sfodero la Colt e sparo. Si accascia a terra. Come ha fatto a entrare? Maledetto traditore, voleva fregarmi!
Poso la pistola accanto al cadavere e proseguo nella mia ricerca, ma il fruscìo sul retro si fa sempre più forte, accompagnato da un gracchiare stridulo e inquietante. Sei uccellacci verdi e rossi, con un becco uncinato che non promette nulla di buono, irrompono nel locale e puntano verso di me. Abbasso la testa per proteggermi, ma in un attimo mi volano addosso.
La libraia si avvicina con passo deciso e richiama i pappagalli, che smettono di molestarmi e di garrire, e vanno a posarsi sulle sue spalle.
Mi guarda negli occhi, il mento alto: «Quella busta ce l’ho io.»
«Dammela, è mia!»
«L’ho aperta. Vuoi sapere cosa c’è scritto sul biglietto? 6 giugno alle 6 binario 6. Peccato che a quell’appuntamento non ci andrai mai.» Mi porge i polsi: «Adesso liberami, o i miei kea ti divoreranno vivo.»
L’allontano con uno spintone, ma i pappagalli si alzano in volo e mi attaccano. Il dolore è lancinante, mi staccano la carne pezzo dopo pezzo. «Fermali!» urlo.
Lei ride. «Li ho addestrati per difendermi.» Poi si china, raccoglie la Colt e scuote la testa. «Maledetto, me l’hai ucciso!»
Scivolo a terra sfinito, annaspo tra le chiazze di sangue e i brandelli della camicia sparsi sul pavimento. La mia voce è un flebile sussurro: «Ho commissionato il furto sei mesi fa, quei gioielli sono miei.»
«Ritirerò io la refurtiva, lo devo a John. L’idea è stata sua e tu gliel’hai soffiata. L’hai ingabbiato nei tuoi loschi affari, ti sei arricchito lasciandogli solo le briciole. Ma a me le gabbie non sono mai piaciute. Questi kea vivono nel retro; oltre la porta di ferro c’è una stanza tutta per loro. John era passato a portare il cibo, come ogni sera. E, come ogni sera, sarebbe uscito dal retro, senza farsi notare. Non potrei tenere uccelli liberi, qui.» Sospira. «John era il mio uomo da sei anni. Ancora il numero sei, strano vero?» Mi sferra un calcio sul costato. «Che il diavolo ti porti via!»
Guardo la donna, la sua immagine sfocata. Poi tutto scompare in una voragine di silenzio e di paura.