Il canotto che non fu galeotto
Versilia, Estate 1974.
Dei ruggenti anni Sessanta si respirava ancora la scia. Sarà per questo che la costiera toscana, da Viareggio a Forte dei Marmi, era una meta imperdibile per tutti i vacanzieri. Nei locali passati alla storia come la Capannina di Franceschi a Forte dei Marmi e La Bussola a Marina di Pietrasanta, le notti erano brave. E mentre Mina si esibiva sotto il tendone di Bussola Domani, in casa mia il giradischi girava e girava mentre Umberto Tozzi implorava la sua Gloria che tornasse da lui perché le mancava anche nell’aria!
Io ero una bambina di otto anni, le discoteche le avrei scoperte molto più tardi. In quel periodo, come ogni estate, ero al mare con la famiglia. Bei momenti che ricordo ancora con immutata gioia.
Le vacanze per un bambino rappresentano senz’altro un gran divertimento: le giornate erano tutte uguali, all’apparenza monotone, mattina in spiaggia, pranzo a casa, riposino rigoroso fino alle quattro, poi di nuovo in spiaggia e infine cena insieme ai miei.
Un giorno di quelli, io e la mia combriccola di soliti amici stagionali eravamo in spiaggia. Quell’anno, siccome eravamo ormai “grandi”, i nostri genitori ci avevano messo a disposizione un paio di canotti con i quale movimentare le giornate. Dopo le prove iniziali ed certi della nostra ormai acquisita conoscenza del mare, delle sue correnti, dei suoi venti, delle sue alte e basse maree, ci sentivamo ormai pronti per la grande avventura.
Paolino, il più vecchio della compagnia, ci aveva raccontato di una vacanza che aveva fatto con i suoi in Sardegna. Ci aveva raccontato meraviglie, insomma, davvero una vacanza indimenticabile. Perché non andarci anche noi con i nostri canotti? In fondo la Sardegna era lì davanti, sulle cartine viste a scuola era proprio vicinissima.
Mattina presto, mare calmo, condizioni climatiche perfette e Checco, da vecchio lupo di mare, decise che era giunta l’ora di partire.
“Mammaaaa, babboooo!! noi andiamo a fare un giretto con i canotti!”. “Va bene ma mi raccomando non allontanatevi dalla riva”. “Chi noi? No, no arriviamo in Sardegna e torniamo per pranzo!”. “Sì, sì. bravi ma puntuali. Per l’una dobbiamo essere a casa. Non fate tardi, sennò son guai!
Pensavano che scherzassimo…I genitori, tutti uguali, in tutte le epoche, si fanno sempre abbindolare dai loro bambini!
Canotto in acqua, remi in spalla, una spinta e via, tutti dentro, direzione sud-ovest. Remavamo un po’ a turno. Non so dire precisamente per quanto tempo remammo senza volgerci indietro, so solo che tutto d’un tratto il litorale si fece veramente lontano, non distinguevamo più le persone che stavano in spiaggia. Ottimo, perché noi ormai eravamo pronti per approdare sugli stupendi scogli della Sardegna.
Intanto però il caldo aumentava, il sole picchiava veramente; la corrente al largo aveva cambiato direzione, remare era diventato faticoso e ci sembrava di stare fermi lì. Dopo un breve consulto tra capitani d’imbarcazione si decide prontamente di cambiare rotta: direzione nord, paralleli alla spiaggia, puntiamo all’isola d’Elba, da lì la Corsica è ad un tiro di schioppo!
La velocità aumentò decisamente e remare divenne un piacere.Vedevamo scorrere in lontananza la spiaggia. Rema rema, arriviamo alla fine dell’insenatura del Cinquale. Certo non era l’isola d’Elba, né tanto meno la Corsica o ancor meno la Sardegna, ma per noi era comunque una conquista. Ci sentivamo come naufraghi che dopo non so’ quanto tempo vedevano terra.
Affamati e stanchi decidiamo di tornare indietro e di abbandonare l’idea dello sbarco in Sardegna a quando avremmo disposto di mezzi nautici più grandi di quei miseri canotti!
Due manovre per invertire la rotta e via… direzione sud, verso il guadagnato pranzo, vista anche la mancanza di cibo e soprattutto di acqua, errore che dei vecchi lupi di mare come noi non dovevano certo commettere!
Purtroppo però qualcosa non andava, troppa fatica, i nostri sforzi ai remi non corrispondevano affatto alla distanza percorsa in acqua, la corrente che prima ci era a favore ora era decisamente contro.
Altro consulto e tutto l’equipaggio approva a maggioranza assoluta lo sbarco a terra; da lì, canotti in spalla, avremo raggiunto a piedi il nostro stabilimento balneare e soprattutto il nostro guadagnato pranzo. Ora si viaggiava decisamente meglio ed in breve tempo raggiungemmo la spiaggia. Sbarcammo e ci incamminammo a piedi in fila indiana.
Avvicinandoci agli ombrelloni delle nostre famiglie, notammo un gruppetto di gente intenta a guardare il mare; c’era una certa animazione, qualcuno scrutava l’orizzonte anche con il binocolo, cercando evidentemente qualcosa o qualcuno. A quel punto iniziammo a preoccuparci anche noi. Facemmo gli ultimi metri di corsa e raggiunti prontamente i nostri genitori: “…Mamma, ma che è successo?”.
Ricordo perfettamente quel che accadde dopo: un leggero spostamento d’aria, poi un sonoro “Ciaaf!” Quindi, un altro spostamento d’aria, e nuovamente un altro “Ciaaf!”. Più forte di quello precedente.
Segui’ il sequestro immediato del canottino e l’intimazione di vestirsi prontamente per tornare subito a casa. Le guance mi bruciavano, e non soltanto per il sole che avevo preso sul canotto. Mentre lasciavo la spiaggia, che avrei rivisto qualche giorno dopo per via delle limitazioni imposte dalla punizione inflittami, riuscii a guardare negli occhi alcuni dei miei compari. Avevamo tutti capito che cosa era successo.
Davvero non pensavamo di averla fatta così grossa, era stato tutto così naturale: bambini sì, ma mica tanto stupidi da andare al largo e farci veramente trascinare dalla corrente chissà dove!?
Ormai adolescenti, anni dopo, non paghi dell’episodio sopra raccontato, ci imbarcammo in un’altra avventura marittima. Questa volta però i nostri genitori, memori dell’esperienza precedente, non si preoccuparono minimamente; chiamarono prontamente il bagnino che, munito di barca a motore, ci venne a recuperare prima che arrivassimo alle Isole Baleari!