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Il maestro del Romantico

Riposa all’ombra dei cipressi del Cimitero Monumentale delle Porte Sante a San Miniato al Monte dopo essere scomparso lo scorso 15 giugno 2019, il nostro concittadino Franco Zeffirelli, all’anagrafe Gian Franco Corsi; oggi, nel giorno che avrebbe celebrato il suo compleanno, ci è cosa gradita ricordarlo in quanto grande regista e sceneggiatore. Un fiorentino DOC, un uomo molto colto, un artista a tutto tondo, straordinariamente popolare che è stato capace di raggiungere platee vastissime.

Per tutta la sua lunga carriera seppe muoversi con disinvoltura fra il teatro e il cinema, esprimendo il meglio di sé in un nuovo linguaggio che aveva nel radicamento popolare il suo tratto maggiormente distintivo.

Firmò innumerevoli regie, sia per il cinema che per il teatro e l’opera, da allievo – quale lui fieramente si dichiarava – di Luchino Visconti, con cui aveva iniziato il suo apprendistato dopo essersi diplomato all’Accademia di Belle Arti di Firenze.

Visconti fu per Zeffirelli molto più di un maestro: una figura carismatica e forse il padre – contestato ma amatissimo – che non aveva mai avuto: l’infanzia di Zeffirelli era stata funestata infatti dalla morte della madre, che perse da bambino e dalla mancanza del padre, che lo riconobbe solo a 19 anni.

Franco Zeffirelli, Firenze, 12 febbraio 1923 – Roma, 15 giugno 2019

E Visconti lo fece lavorare con Francesco Rosi per prepararlo al debutto dietro la macchina da presa con Camping nel 1957 anche se poi, i due, presero strade completamente diverse: Rosi si dedicò al cinema di inchiesta mentre Zeffirelli si instradò verso il cinema romantico e melodrammatico, riuscendo a dare ampio spazio anche a riflessioni sul cattolicesimo e sulla fede, che Franco aveva abbracciato grazie all’influsso di Giorgio La Pira, suo istitutore quando era in collegio.

Diciamo che Visconti fu per Zeffirelli  croce e delizia, perché la figura del maestro, che aveva firmato Rocco e i suoi fratelli e Il Gattopardo, divenne anche un’ombra piuttosto ingombrante: la critica contestò lungamente a Zeffirelli di aver acquisito da Visconti una perfezione estetica, che però, diversamente dal suo nume tutelare, mancava di sostanza. Gli contestò  anche di essere uno scenografo piuttosto che un regista, proprio per via di quell’indubitabile amore che egli nutrì sempre per i grandi spazi, per il lusso delle scene e dei costumi, al fine di raggiungere una perfezione quasi innaturale (eredità di stampo tutto viscontiano;  voluta o no, non sta certo a me dirlo!).

La critica però non aveva fatto i conti con l’influenza delle bellezze architettoniche della sua città natìa e probabilmente tenne poco conto anche della sua notevole capacità nel fare recitare gli attori che si scelse man mano e, soprattutto, non tenne conto della facilità con cui Zeffirelli riuscì  a coinvolgere il grande pubblico nei successi shakespeariani che gli aprirono le porte della ribalta internazionale con opere  come La bisbetica domata  (dove riunì  attori del calibro di Richard Burton  e di Liz Taylor), oppure con Romeo e Giulietta del 1968.

Luchino Visconti di Modrone, conte di Lonate Pozzolo , Milano, 2 novembre 1906 – Roma, 17 marzo 1976

Zeffirelli ha sempre dimostrato di poter usare diversi registri, oltre a quello che gli era consueto;  come fece nel documentario di mano neorealistica  realizzato sull’Allluvione dal titolo Per Firenze (1966), con la voce narrante di Richard Burton, di cui era diventato amico proprio grazie a Visconti, il quale lo introdusse anche ad Anna Magnani e a Maria Callas, cui dedicò nel 2002  Callas forever.

Gli anni Sessanta furono il periodo del suo fulgore teatrale: diresse l’Amleto con Giorgio Albertazzi,  che fu recitato anche in inglese a Londra nel quattrocentesimo anniversario della nascita di Shakespeare;  e poi, Chi ha paura di Virginia Woolf? con Enrico Maria Salerno e Sarah Ferrati, e La lupa di Giovanni Verga,  con Anna Magnani.

Nel 1972, quando girò Fratello sole, sorella luna,  era già una star, soprattutto all’estero, dove venne considerato l’icona del gusto italiano. Nel ripercorrere le gesta di San Francesco fece emergere la sua anima cattolica che lo portò, due anni dopo, a firmare per la televisione la cerimonia dell’Anno Santo e poi il kolossal, Gesù di Nazareth  (1976), miniserie televisiva con Robert Powell nei panni di Cristo. Lo avrebbe seguito anni più tardi in una pellicola molto più cruenta e sanguigna, La passione di Cristo, Mel Gibson, che fu anche protagonista per Zeffirelli di Amleto nel 1990 .

Alternò cinema e teatro con il mondo della musica:  la sua Aida al teatro de La Scala di Milano, nel 1964 fu un  vero e proprio trionfo. Esportò questa sua passione anche sul grande schermo con Il giovane Toscanini, incurante della contestazione che gli fu rivolta quando si presento  a Venezia nel 1988. Fu protagonista insuperato per presenza nei due teatri d’opera più importanti del mondo, a Vienna con oltre 500 repliche di Bohème, e al Metropolitan di New York con oltre 800 serate, in cui mise in scena i  grandi capolavori italiani

Negli anni Novanta cominciò invece il suo lento declino, se non altro sul piano cinematografico. Il suo pur elegante Jane Eyre (1996)  non fu festeggiato e  la medesima sorte toccò al parzialmente autobiografico Un tè con Mussolini (1999).

Franco Zeffirelli insieme a Elisabeth Taylor

Ma, a quel momento, Franco Zeffirelli aveva già imboccato la via della politica (cosa che di solito la critica non perdona), diventando senatore di Forza Italia 1994. Sperava di cambiare le cose nel mondo della cultura, ma le sue proposte non andarono in porto, anche per  via del suo carattere sempre piuttosto polemico: e così, pian piano,  egli arrivò ad una sempre maggiore chiusura verso il mondo esterno.

Di carattere spigoloso e fumino, dandy, ma toscanaccio nell’anima, non accettò mai bene le critiche che gli furono rivolte, al punto tale da volersi definire sul finire dei suoi giorni uno straniero in Italia.

Ma comunque, nella sua Firenze (tanto amata e tanto odiata allo stesso tempo), egli  riuscì prima di morire a creare la Fondazione per le Arti e lo Spettacolo, fondazione dove oggi sono conservate tutte le testimonianze della sua vita artistica e che porta il suo nome.

Bisogna ammetterlo: Zeffirelli non ha ottenuto nessun riconoscimento per i suoi film nei grandi festival, anche se è stato l’unico regista italiano che ha potuto  fregiarsi del titolo di Cavaliere dell’Ordine dell’Impero Britannico, conferitogli dalla Regina Elisabetta II nel 2004.

Le sue opere hanno avuto 14 nomination agli Oscar (per Romeo e Giulietta, nel 1968 come miglior regista e per La Traviata nel 1982 quale migliore scenografia) ma non hanno mai guadagnato neppure una statuetta. Ha ottenuto però cinque David di Donatello e due Nastri d’Argento. Probabilmente, le onorificenze che il nostro concittadino si sarebbe sinceramente meritato, avrebbero dovuto essere molte di più ma a che cosa servirebbe polemizzare ancora in sua difesa o, al contrario, continuare a cavillare sul suo moralismo (ritenuto da molti stantio) e sugli eccessi estetizzanti della sua opera?

Franco Zeffirelli insieme a Maria Callas

Su una cosa dovremmo essere tutti sinceramente d’accordo: di Franco Zeffirelli si sono dette molte cose, ma nessuno potrà mai negargli il coraggio dimostrato con il suo essere stato fino in fondo sempre coerente e controcorrente al tempo stesso, nel segno di una poetica personale forse zuccherosa, forse ridondante, ma mai rinnegata per piacere ad un pubblico più ampio.

Ed in questo senso, i fallimenti di Zeffirelli valgono tanto quanto i suoi trionfi, testimoniando la perenne fedeltà a se stesso, fuori dal coro e al di sopra del tempo.

A lui, in questo giorno, il nostro omaggio. Almeno questo glielo dobbiamo, non credete?

Gli attori Leonard Whiting e Olivia Hussey interpreti principale di Romeo e Giulietta
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Barbara Chiarini

Barbara Chiarini nasce a Firenze nel 1967. Laureata in Architettura con indirizzo storico-restauro e conservazione dei Beni Architettonici, si ritiene un architetto per professione, una scrittrice per passione, ed una fiorentina D.O.C. Autrice del libro “Per le Antiche Strade di Firenze”, “Una finestra affacciata dull’Arno” e “Su e Giù per le strade di Firenze”, ella è anche la fondatrice nonche’ uno degli Amministratori di questo Blog.

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