Le vostre storie,Racconti

Ilaria

Il primo incontro con Ilaria è stato sui banchi del liceo quando il venerabile Mazzariol Pignatti altro non mi offriva che immagini patinate in bianco e nero, così scure e piatte che lasciavano poco spazio al sogno e all’immaginazione, con il sottofondo del commento della voce della professoressa d’arte.

Eppure quella foto di metà pagina che mostrava la bella testa addormentata raccolta nel cercine mi colpì in maniera strana. Affascinata dalla narrazione del breve destino, fantasticavo sulla vita della dama antica alla quale Jacopo della Quercia non aveva voluto infliggere la solitudine dell’eternità, scolpendo ai suoi piedi il commovente cagnolino.

Mi colpì il nome, insolito e dolce, non riuscivo a farlo quadrare con l’idea della morte.

Promisi a me stessa che sarei riuscita ad incontrarla.

Mia figlia la vide prima di me e mi spedì da Lucca una cartolina con la sua effige.

A seicento anni precisi dalla sua morte, nella sagrestia della Cattedrale, dove l’hanno collocata in attesa di ripristinare l’antico sito nel transetto, eccomi ad incontrarla per la seconda volta. Mi avvicino e sono emozionata.

Il marmo non è gelido come la foto del venerabile volume suggeriva. Sembra un impasto di burro, morbido nelle pieghe della veste e del colletto e del cercine fiorito.E’ piccola, esile, fragile, il profilo dolce un po’ consumato, la mutilazione del dito la offende, il cagnolino accovacciato scodinzolerà fra breve.

Sosto davanti a lei e ad un tratto mi si imprime nella mente il momento in cui Mario ed io decidemmo di chiamare nostra figlia con il suo nome. Il pensiero si riaccende all’improvviso, mi rassereno e godo fino in fondo nell’aggirare con scrupolo ed affetto il sepolcro nell’alta sagrestia.

Come a mangiar ciliegie, un ricordo tira l’altro e mi assalgono tenerezza e nostalgia per l’azzurro polvere del maglioncino di Mario, la sua guancia rasata sulla mia nella fumosa penombra della stanza al ritmo del disco.

Mi si affollano davanti agli occhi i volti dei compagni di liceo, le pagine patinate e scure del venerabile Mazzariol Pignatti, alle quali dedico un sorriso di gratitudine perché, in fondo in fondo, non è vero che lasciassero poco spazio al sogno e all’immaginazione.

Il mio sogno è durato a lungo, dai lontani banchi di scuola, fino ad oggi, giorno in cui la promessa di incontrare Ilaria s’è adempiuta, ma che non so se potrò rinnovare per una terza, quarta volta ancora, perché non ho più diciassette anni e il tempo si è assottigliato.

L’incontro con Ilaria non è più il mio sogno e proprio per questo diventa doloroso e malinconico, mi rattrista un po’: mi commuovo sul serio ma per fortuna porto gli occhiali scuri.

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Loredana Facchinelli

Loredana Facchinelli, 1955, classe di ferro e nuvole, felice nonna di Niccolò, è una maestra in pensione che ama scrivere fin da quando era bambina. Si definisce così: “Mi sento come una coppa spumeggiante di bollicine …a volte è champagne, altre volte solo bicarbonato di sodio”!

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