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Libertà, sogni e coraggio di volare

Luis Sepúlveda Calfucura (Ovalle, 4 ottobre 1949 – Oviedo, 16 aprile 2020) scrittore, giornalista, sceneggiatore, poeta, regista e attivista cileno

Ricordiamo quest’oggi un grande della narrativa contemporanea, Luis Sepúlveda.

La sua incredibile voce è rimasta sospesa tra l’America latina a cui apparteneva e l’Europa dove si era rifugiato; lo  scrittore che ci aveva messo di fronte alle grandezze e alle miserie della storia del Novecento, aveva scelto la letteratura per «dar voce a chi non aveva voce».

Un uomo dalle formidabili passioni, un autore che si sentiva “cittadino prima che scrittore”. Luis Sepulveda è mancato quattro anni orsono, il 16 aprile a Oviedo. E’ stato il Coronavirus, a portarselo via.

Aveva 70 anni, l’autore de Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, pubblicato in Italia nel 1993, con cui aveva conquistato la scena internazionale, e di Storia di una gabbianella e di un gatto che le insegnò a volare,  diventata un film d’animazione per la regia Enzo D’Alo’, che lo ha consacrato come scrittore non solo per un pubblico adulto ma per tutte le età.

Raccontava di se’, Sepúlveda, pescando dal cilindro l’ennesimo saporito aneddoto quando di lui i lettori pensavano di conoscere già tutto: i lineamenti forti da guerriero stanco, gli occhi scuri che si accendevano di passioni, l’odore delle tante sigarette fumate. E lo faceva con quel talento da affabulatore che lo rendeva prima ancora che un abile scrittore, un inguaribile cantastorie.

Scriveva favole, Sepúlveda, romanzi al cui centro c’era l’eterna lotta tra il bene e il male. Non amava la cronaca puntigliosa, credeva che la letteratura fosse finzione e intrecciava i fili della narrativa per dare vita a personaggi  e trame avventurose inzuppate di passioni e ideali. I suoi ovviamente, quelli per cui aveva lottato, viaggiato e infine scritto.

Detestava il pathos, aveva bisogno di mettere tra lui e il Cile la giusta distanza. Dal dramma si risollevava con la lingua: semplice, netta, sintetica. Tutto il contrario di Marquez: molto realismo, nessuna magia. O forse… la magia della realtà. Per dirla con Hemingway, parole da venti centesimi e nessuna costruzione barocca. Era già abbastanza fantasiosa la vita con i suoi fasti e le improvvise cadute.

Giocava coi generi, Sepùlveda: le favole per i sentimenti universali (oltre alla storia della Gabbianella, quella del gatto e del topo che diventò suo amico, della lumaca che scoprì la lentezza e del cane che insegnò a un bambino la fedeltà); la novela negra per denunciare l’arroganza dei potenti, la solitudine degli sconfitti o, come in Diario di un killer sentimentale, l’orgoglio di un uomo tradito; i racconti per mettere a nudo dopo un lento processo di maturazione le sue idee e passioni…

A unificare le diverse forme letterarie,  la sua calviniana leggerezza nella lingua. Leggere Sepúlveda non richiedeva sforzi, le pagine scivolavano sotto gli occhi ma le passioni di cui parlava, i fantasmi che evocava, i grandi amori, gli ideali irrinunciabili lasciavano tracce indelebili nella memoria dei lettori. Non poteva essere diversamente e Sepúlveda lo sapeva. Lo aveva anche raccontato nel poliziesco L’ombra di quel che eravamo, una storia di amicizia e speranza tra assalti alle banche, vecchi giradischi, un rocambolesco omicidio. L’ombra per esistere ha bisogno di luce.

Quella di Sepúlveda non si è spenta e mai lo farà: nei suoi libri, nella nostra memoria, per sempre.

Luis Sepùlveda con la moglie, amore della sua vita

 

 

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Barbara Chiarini

Barbara Chiarini nasce a Firenze nel 1967. Laureata in Architettura con indirizzo storico-restauro e conservazione dei Beni Architettonici, si ritiene un architetto per professione, una scrittrice per passione, ed una fiorentina D.O.C. Autrice del libro “Per le Antiche Strade di Firenze”, “Una finestra affacciata dull’Arno” e “Su e Giù per le strade di Firenze”, ella è anche la fondatrice nonche’ uno degli Amministratori di questo Blog.

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