Bia de’ Medici, tutto in un ritratto
Tra me e Bia de’ Medici c’è qualcosa di strettamente personale. La prima volta, tantissimi anni fa, che vidi quel ritratto ad opera di Agnolo Bronzino, non fu soltanto la sua bellezza a colpirmi quanto il taglio particolar dei capelli di quella bambina il cui mezzo busto stava dipinto sulla tela, quello corto e squadrato che oggi si definisce semplicemente taglio a carrè. Un’ acconciatura davvero inusuale per il 1500, vale a dire il secolo in cui visse questa splendida piccola Medici.
Sono passati molti anni da allora, ma proprio ieri, mentre cercavo notizie di altro tipo nel mio fascicolo di ricerche, ormai divenuto un vero e proprio faldone per via della mole di materiale che contiene, mi sono ritrovata nuovamente a stringere tra le mani quella sua immagine riprodotta su cartoncino. La conservo con cura da parecchi anni: mi ero ripromessa di trovare, prima o poi, il tempo per scrivere la sua storia, forse anche per spiegare la foggia di quei capelli, una curiosità che il tempo e gli eventi della vita non mi hanno fino ad oggi permesso di soddisfare.
Non so bene perchè ma con quel volto di bambina, tanto bella e delicata, ho costruito negli anni quasi una sorta di vero e proprio legame immaginario. Sarà anche per via di quel suo caschetto biondo, che tanto mi ricorda il taglio di capelli che avevo più o meno io alla sua stessa età! Ma finalmente, anche se è passato un po’ di tempo da allora, adesso ho Bia qui con me, la sua manina nella mia, pronta a volerci raccontare la sua singolare quanto brevissima storia: uno scorcio di vita di cui si hanno purtroppo notizie assai scarse e frammentarie; fortunatamente però, ci è di aiuto qualche libera interpretazione nell’intreccio delle date e degli eventi relativi all’intricata discendenza medicea, la quale spesso risulta a volte essere discordante da una fonte all’altra.
Bia, diminuitivo di Bianca, fu la figlia naturale del Granduca di Toscana. Ella nacque nel 1536 o 37, da un giovanissimo Cosimo I de’ Medici prima che sposasse, nel 1539, la bellissima diciassettenne Eleonora di Toledo, figlia del Vicerè di Napoli, poi morta a 40 anni di tisi, quasi nello stesso periodo in cui morirono di malaria alcuni dei suoi undici figli.
Cosimo, assai innamorato di Eleonora e della loro progenie, soffrì molto la sua dipartita. Fu un buon marito e un buono padre per i suoi figli. Infatti elargì il suo amor paterno anche alla piccola Bia. Pur non rivelando mai il nome di colei con la quale la concepì, non nascose mai la sua predilezione per quella figlioletta alla quale era talmente affezionato da portarsela seco in molti dei suoi lunghi viaggi di affari.
E fu proprio in occasione di uno di questi loro viaggi per recarsi nella città di Arezzo che la piccola Bia fu colta da forti febbri, forse malariche. La vita abbandonò quel suo piccolo corpicino dopo alcuni giorni di atroci sofferenze. Era il 1542, Bianca non aveva ancora festeggiato il suo sesto compleanno.
Dal momento in cui era nata, la piccola Medici era stata posta sotto la tutela della nonna paterna Maria Salviati, vedova del condottiero Giovanni de’ Medici, a tutti noto come Giovanni dalle Bande Nere.
Maria, era rimasta orfana di entrambi i genitori poco dopo essere nata. Il padre era Lorenzo duca di Urbino, la madre invece la giovanissima Madeleine de la Tour d’Auvergne (morta dopo pochi giorni dal parto di febbri puerperali). Perciò anche lei era stata affidata alle cure di una nonna. Il suo nome era Alfonsina Orsini, moglie di Piero detto il Fatuo, nonna di Caterina, futura regina di Francia.
Nell’intreccio di queste parentele, si presuppone pertanto che Bia, nei suoi pochi anni di vita, sia ad ogni modo stata a contatto con i numerosi membri della famiglia Medici e che abbia trascorso i suoi soggiorni estivi presso il Castello di Lunghezza, nei pressi di Roma (una proprietà che nonna Salviati aveva ricevuto in eredità), in compagnia dei figli legittimi del padre Cosimo e di altri bambini (tra cui Caterina) appartenenti a quella discendenza familiare, proprio come avviene al giorno d’oggi in tutte le famiglie definite allargate!
E a Lunghezza rimane ancora intatta e visitabile la stanza che fu di Caterina de’ Medici, come anche la cameretta che fu destinata alla piccola Bia, la quale in questo luogo visse molti lieti giorni della sua breve esistenza, giocando con quei giocattoli che ancora stanno in un angolo, riposando su un letto di trine, e spazzolandosi quei suoi capelli dal curioso taglio sbarazzino con una minuscola spazzola in argento che ancora è custodita lì accanto allo specchio, appoggiata su un cassettone.
Adesso dovete sapere che nei secoli antecedenti, il castello era stato la sede di un monastero benedettino; la Chiesa si era pertanto giustamente premurata di riservare al convento una porzione di proprietà dell’enorme dimora. È pertanto verosimile che ancora nel 1500 (ovvero al tempo in cui la residenza era divenuta la destinazione vacanziera dei membri della famiglia Medici), le monache aggregate all’ordine si adoperassero in qualche modo anche alle cure servizievoli dei suoi nobili condòmini, nonché della loro numerosa prole.
Ora, e vorrei che ciò non sembrasse arbitrario, si potrebbe pure pensare che i capelli di Bia fossero divenuti preda di quei fastidiosi parassiti piccoli e neri che, come è noto, nei secoli scorsi non risparmiavano nemmeno i ceti nobiliari, sia per la mancanza di acqua corrente nonché per la carenza tutti i sussidi dell’igiene moderna. Insomma, niente di cui stupirsi: del resto, son cose che accadono anche al giorno d’oggi. Da ciò consegue quindi che non sarebbe certo parso anomalo che le suore le quali avevano in carico l’igiene dei bambini di casa, avessero trovato una soluzione piuttosto radicale e sbrigativa per eliminare gli ingrati ospiti, provvedendo a tagliare tempestivamente è drasticamente i capelli della piccola Medici.
Ma, amici miei carissimi, non ritenete anche voi che dando adito a questa probabile supposizione (supportata da tanti studiosi) la misteriosa storia di Bia andrebbe a sfumare? E con essa, si volatizzerebbero anche i suoi contorni più poetici e romanzati. Insomma, tutto si congederebbe in un risvolto fin troppo realistico che spiegherebbe il taglio tanto drastico delle sue chiome solo per l’operato di una delle suore?
Lo ammetto: a me non piace pensarlo, ecco … l’ho detto!
Niente può e deve togliere la particolare bellezza di quel volto e della sua acconciatura, così come fu dipinto dalle mani esperte del maestro Agnolo Bronzino, colui che fu nominato da Cosimo, nel 1540, il ritrattista di Corte dopo la morte di Raffaello.
Comunque siano andate le cose, per nostra fortuna il Bronzino ci fece dono di un bellissimo dipinto in cui la puttina Bia, fu incantevolmente ritratta. Da quel che ci riferisce Giorgio Vasari, la bimba fu resa immortale su questa sua tela nel 1541 o forse nello stesso 1542, ovvero l’anno della sua dipartita.
L’ olio su tavola di dimensioni 64 x 48 è custodito a Firenze nella Tribuna degli Uffizi insieme alla magnifica e prestigiosa collezione medicea. Un ritratto che è divenuto famoso in tutto il mondo tra i cultori dell’arte ma anche tra chi meno se ne intende, come me!
E Bia risulta essere sempre la preferita dal pubblico dei visitatori della Galleria fiorentina.
Non potrebbe essere diversamente, aggiungo io! La fanciullina, seduta a mezzo busto, appare in tutto il suo roseo splendore, le labbra mosse da una parvenza di sorriso, i capelli di un biondo castano divisi da una scriminatura centrale, lisci e tagliati dritti fin sotto le orecchie, con ai lati della fronte spaziosa, due treccine civettuole. S’intravedono dei raffinati orecchini a pendant composti da due gocce, l’una di perla e l’altra di pietra viola chiaro, forse un’ametista. Una collana di perle bianche a girocollo è accompagnata da una catena d’oro con un medaglione raffigurante il profilo del padre Cosimo; e, intorno alla vita, una catenella dorata termina con una nappa che la bimba tiene con la mano destra per giocherellare, quasi che l’impercettibile movimento delle dita voglia rivelare l’impazienza infantile di scendere dalla sedia stanca di stare in posa di fronte al suo ritrattista e ansiosa di tornare a giocare con i suoi fratelli.
A me piace ricordarla cosi, la piccola Bianca de’ Medici, cristallizzata in un’aura metafisica, di bellezza incorruttibile e astratta, quasi intrisa di una materia magica e inorganica quale fu sempre per tutte le donne-simbolo della casata medicea.