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Tu quoque, Brute, fili mi !

Di lui sarebbe stato scritto: «Così egli operò e creò, come mai nessun altro mortale prima e dopo di lui, e come operatore e creatore Cesare vive ancora, dopo tanti secoli, nel pensiero delle nazioni, il primo e veramente unico imperatore» (Th. Mommsen, Storia di Roma antica – Libro V – Cap. XI)

La morte di Giulio Cesare avvenne il 15 marzo del 44 a.C. Il potere di cui a quel tempo disponeva era il potere di un sovrano assoluto, poiché concentrava nelle sue mani quelli che, normalmente, erano divisi tra diversi magistrati: di fatto, un potere dittatoriale (prima a tempo determinato e poi, forse, dal 44 a.C. a vita), cui aveva associato come magister equitum (*) l’emergente Marco Antonio.

Cesare si era assunto il diritto di veto, l’inviolabilità personale e l’attribuzione del titolo permanente di imperator (comandante generale delle forze armate): alla sua persona erano attribuiti onori straordinari, quali la facoltà di portare in permanenza l’abito del trionfatore (la porpora e l’alloro), di sedere su un trono aureo e di coniare monete con la sua effigie.

Vincenzo Camuccini, “Morte di Cesare”, 1798

Nel periodo che va dal 47 al 44 a.C. Cesare aveva attuato varie riforme, molte delle quali contenevano gli elementi cardine del futuro principato, tra cui la diminuzione del potere del Senato e dei Comizi (**). Dal punto di vista economico, aveva promosso riforme a favore dei lavoratori agricoli liberi, riducendo il numero di schiavi. Aveva perfino avviato numerose opere pubbliche inclusa la bonifica delle paludi pontine, e introdotto la riforma del calendario, secondo il corso del sole e non più secondo le fasi della luna.

Il malumore contro un personaggio di così grandi capacità e ambizioni, stava imperversando in tutta Roma. Vi era, ad esempio, il timore che Cesare volesse trasferire ad un successore i poteri acquisiti (aveva adottato Ottaviano, il futuro imperatore Augusto), e nel contempo si riteneva inevitabile, o per lo meno altamente probabile, una deriva monarchica dell’avventura umana e politica di Giulio Cesare. Per questo, negli ambienti più tradizionalisti e nostalgici dei vecchi ordinamenti repubblicani, fu ordita una congiura contro di lui.

In parole semplici, il potere di cui a quel tempo Giulio Cesare disponeva, rendendolo sempre più autoritario, faceva si che per molti il pensiero della restaurazione dello Stato Repubblicano divenisse sempre più improbabile. Perlomeno, questa fu la visione che ebbe un gruppo di circa 60 senatori, autoproclamatisi veri custodi delle tradizioni romane e fortemente contrari ad ogni forma di potere personale .

Caio Cassio e Marco Bruto ( entrambi ex pompeiani) furono a capo del gruppo ma, alla congiura,  aderirono anche alcuni cesariani tra cui Decimo Bruto (console designato per l’anno seguente) e Trebonio, uno dei migliori generali di Cesare. Cassio ne fu il promotore assoluto, il vero capo della congiura. Marco Bruto aderì solo poco prima dell’assassinio, dando una parvenza di nobiltà alla sua deplorevole azione. Infatti Marco Bruto era considerato dai molti un filosofo stoico, al di sopra degli interessi venali personali o di classe (poco importa che, in verità, tutti sapessero che faceva l’usuraio!)

La statua di Giulio Cesare ai Fori Imperiali

I congiurati furono a lungo incerti se trucidare Cesare in Campo Marzio, se aggredirlo sulla Via Sacra oppure all’ingresso del teatro. Ma quando il Senato venne convocato per le Idi di marzo (15 marzo del 44 a.C.) nella Curia di Pompeo, divenne quello il luogo prescelto.

Il giorno delle Idi pare che Calpurnia, moglie di Cesare, avesse avuto dei funesti presagi e avesse scongiurato il marito di non andare in Senato. Per contentare e fare tacere la moglie, Cesare vi mandò Marco Antonio per riferire a suo nome la volontà di annullare la seduta.

I congiurati a loro volta inviarono invece Decimo Bruto ad esortare Cesare a presentarsi, poiché i senatori erano già da tempo tutto arrivati e anzi lo stavano aspettando. Cesare credette a Decimo Bruto, credette all’amico fedelissimo. Alle undici del mattino, Cesare entrò nella Curia. Il console Marco Antonio rimase fuori.

Quando Cesare si sedette, i congiurati lo attorniarono come volessero rendergli onore. Cimbro Tillio prese a perorare una sua causa. Cesare fece il gesto di allontanarlo per rinviare la discussione e allora Tillio lo afferrò per la toga. Era il segnale convenuto per l’assassinio.

Giulio Cesare cadde a terra esanime dopo essere stato pugnalato ben 23 volte ma, dalla sue labbra, non uscì che un gemito. Su molti libri di storia si scriverà: «Giulio Cesare fu assassinato dai nemici a cui aveva concesso la sua clemenza, dagli amici a cui aveva concesso onori e gloria, da coloro che aveva nominato eredi nel suo testamento».

Quando fu assassinato Giulio Cesare aveva 56 anni. Alla vigilia delle Idi, discutendo su quale fosse la morte migliore aveva detto a Marco Lepido: «Ad ogni altra ne preferisco una rapida ed improvvisa».

Così fu.

La Curia dove era avvenuto l’assassinio venne murata. Le Idi di marzo presero il nome del Giorno del parricidio e da allora in poi venne proibito di convocare il Senato in quel giorno.

Gaio Giulio Cesare, Roma, 13 luglio 101 a.C. o 12 luglio 100 a.C.– Roma, 15 marzo 44 a.C.,militare, politico, console, dittatore, pontefice massimo, oratore e scrittore romano

(*) carica straordinaria, era il luogotenente militare del dictator, colui che comandava effettivamente l’esercito (i cavalieri, o equites) in caso di emergenza. Fino a Giulio Cesare e Marco Antonio, si era trattato di una magistratura eccezionale, concessa e revocata sulla base di un Senatus consultum, un decreto del Senato che nel periodo repubblicano aveva effetti limitati appunto alla durata dell’emergenza.

(**) i Comizi Curiati erano un’assemblea che risaliva al periodo della monarchia (c’é chi li fa risalire addirittura a Romolo, il fondatore), più antica dunque del Senato, istituito con l’avvento della Repubblica. La popolazione romana era stata suddivisa in curie, corrispondenti alle famiglie originarie, o tribù.

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Barbara Chiarini

Barbara Chiarini nasce a Firenze nel 1967. Laureata in Architettura con indirizzo storico-restauro e conservazione dei Beni Architettonici, si ritiene un architetto per professione, una scrittrice per passione, ed una fiorentina D.O.C. Autrice del libro “Per le Antiche Strade di Firenze”, “Una finestra affacciata dull’Arno” e “Su e Giù per le strade di Firenze”, ella è anche la fondatrice nonche’ uno degli Amministratori di questo Blog.

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