Tra eleganza e antichi sapori

L’eleganza firmata Doney al Caffè delle Colonne

 Bella rara ed insolita veduta, in coloritura coeva, del caffè Doney. Inserita nell'opera "Souvenirs de la Toscane soit en Architecture, Sculpture, Peintures et Costumes", Firenze

Bella rara ed insolita veduta, in coloritura coeva, del caffè Doney. Inserita nell’opera “Souvenirs de la Toscane soit en Architecture, Sculpture, Peintures et Costumes”, Firenze

E con questo siamo giunti al quarto articolo della nostra nuova rubrica dedicata ai Caffè Letterari, quei luoghi spesso scomparsi ma comunque significativi, ambienti che in passato sono stati legati a scrittori e opere letterarie ma che oggi, per buona parte, non esistono più.

È il caso del Gran Caffè Doney, un locale che sin dall’Ottocento era stato un celebre punto di ritrovo nel centro di Firenze in quella che all’epoca era denominata via dei Legnaiuoli, oggi ribattezzata via dei Tornabuoni.

Il locale venne aperto al piano terreno del Palazzo Altoviti-Sangalletti il 31 maggio 1827 da Gasparo Doney, un ufficiale francese di nobili origini che, dopo la sconfitta di Napoleone, era caduto in disgrazia ed era stato allontanato dalla famiglia.

Aveva quindi deciso di stabilirsi a Firenze: qui aveva aperto una sala da thè, in Via del Castellaccio, nella quale serviva pasticceria francese, una specialità che si faceva arrivare direttamente da Parigi.

Per Firenze si trattava di una novità, ed il locale raccolse un discreto successo, a seguito del quale il signor Doney decise di trovare una collocazione più elegante, e pertanto si trasferì al piano terreno di Palazzo Altoviti Sangalletti, in via dei Legnaiuoli al numero 14, nelle immediate prossimità di piazza Santa Trinita, un luogo molto frequentato dalla società dell’epoca.

Un tempo, la nobiltà fiorentina si riuniva al Caffè del Castroni, in Via Calzaioli, o al Caffè Lorandini, in via della Ninna; ma quando Doney aprì il suo caffè, i locali che fino ad allora avevano brillato, andarono pian piano eclissandosi, di fronte all’eleganza, all’aristocrazia del locale e al fascino creato dal sentir parlar francese, con la “R moscia”, che faceva tanto bon ton.

ANTICO CAFFE’ DONEY.2021.04.08-04

Gli ambienti del Doney erano eleganti e ariosi, con tavolini in stile Belle Époque, trine rivestite di velluto rosso e soffitti a volta decorati con stucchi e fregi d’oro: quattro colonne ne sostenevano il soffitto dell’ampia sala. E proprio da questo particolare architettonico prese origine il secondo nome con il quale soventemente esso veniva identificato, vale a dire il Caffè delle Colonne.

Insomma, il Doney può essere considerato come il primo Caffè vero e proprio di Firenze, ispirato agli spaziosi caffè parigini e viennesi; era addirittura, nelle parole pronunciate negli anni Quaranta da M. Valery «il più elegante della città».

Bisognerà attendere il fine secolo per assistere alla nascita di stabilimenti analoghi.

Il locale serviva  ai clienti marrons glacés, bombons fondants, cioccolate e granite; era famoso anche per i suoi gelati e le signore vi si fermavano dinanzi con le loro carrozze, per degustarne uno dopo la passeggiata giornaliera al Parco delle Cascine (che si snodava sulla riva destra dell’Arno).

Di fatto, il Gran Caffè Doney divenne ben presto un punto di ritrovo non soltanto per gli stranieri impiantati oppure in visita a Firenze, bensì pure per l’alta società fiorentina -dall’aristocrazia alla borghesia-  ma anche da persone del mondo della politica, nonché dai membri del Jockey-Club (recante dapprima il nome di Circolo dell’ Unione), che si trovava al primo piano dell’edificio antistante al Caffè.

Ciò nonostante -come ricordava il cronista Ugo Pesci- il locale era frequentato da un pubblico assai più variegato: per esempio, tra i suoi avventori si potevano annoverare anche gli ambulanti di strada, i quali dopo avere venduto le proprie mercanzie nel giorno di mercato, vi facevano sosta per ritemprarsi con un caffellatte e un sèmelle (ovvero un soffice panino) imburrato!

Per di più, il Caffè era conosciuto per le riunioni politiche e letterarie, assiduamente frequentate dai poeti Giovanni Prati, Andrea Maffei e Aleardo Aleardi.

La sua celebrità lo rese popolare anche tra i viaggiatori stranieri, i quali non mancarono di rammentarlo nei loro scritti; tra questi Théophile Gautier, che nel suo Voyage en Italie, pubblicato nel 1852, gli attribuì l’epiteto di “Tortoni di Firenze”, in omaggio al prestigioso Caffè Tortoni di Parigi.

Per il grande successo conseguito, nelle sue vicinanze fu in seguito inaugurato anche il raffinato Restaurant Doney et Neveux.

ANTICO CAFFE’ DONEY.2021.04.08-03

Vi ho gia riferito che il Caffè Doney era frequentato da illustri intellettuali e letterati che spesso si trasferivano nel locale per trascorrere la serata. Questo grazie anche e soprattutto  alla vicinanza con il Gabinetto Scientifico Letterario, che era stato aperto  qualche anno addietro (e più precisamente il 25 gennaio dell’ anno1820) da tale Giovan Pietro Vieusseux. Qui, gli uomini più illustri della città si riunivano per dialogare; vi si trovavano, tra le altre pubblicazioni, quotidiani e riviste pubblicati in altre città europee.

Amava frequentarlo anche la comunità inglese residente a Firenze, vista la vicinanza del suo Consolato ubicato sul Lungarno Corsini: le cronache ricordano infatti  i molti appartenenti che manifestarono nel 1935 contro la spedizione di Mussolini in Etiopia, esprimendo  tutta la loro indignazione.

Numerosi sono stati nel corso degli anni anche gli avventori di fama legati al mondo letterario: Giosuè Carducci vi si fermava durante il periodo in cui soggiornava in città, mentre Giovanni Verga lo frequentava durante i suoi anni fiorentini: citandolo nel suo romanzo Eros, ricorderà di quando andava a fare colazione con caffè e latte, come testimoniato anche da alcune lettere scritte alla madre.

Qui cenarono Benito Mussolini e Adolph Hitler nel loro incontro a Firenze. Ed ancora tra i clienti più famosi ci fu Lady Violet Trefusis, che ebbe un colloquio privato con Mussolini nel 1937 (incontro che fu fatto rivivere dal grande regista Franco Zeffirelli nella pellicola cinematografica “Un tè con Mussolini”).

E ancora, possiamo aggiungere alla lunga lista dei suoi avventori Théophile Gautier, anch’esso frequentatore del locale, il quale lo cita nel racconto breve Avatar quando descrive la visita a Firenze del suo protagonista, Octave de Saville che al Doney si fermava a a fare colazione.

E ancora Herman Melville il quale, alloggiando nell’adiacente Hotel du Nord (presso Palazzo Bartolini Salimbeni), vi si recava spesso a fare colazione e così lo citava nel suo diario italiano: «28 marzo, sabato. […] Dopo la colazione al caffè Doney ho sbrigato alcuni affari e poi sono andato alla Galleria degli Uffizi per un’ultima visita…»

Alla fine degli anni Sessanta, si incontrava anche il gruppo degli ermetici fiorentini: Piero Bigongiari, Oreste Macrì, Gaetano Chiappini e Giorgio Chiarini.

Si racconta che le bibite del Caffè Doney ed i suoi gelati fossero inappuntabili, i suoi sciroppi e le sue paste una naturale calamita che attirava tutti, golosi e non. La pasticceria viene ricordata addirittura nell’Orlando Innamorato del Berni, celebrandola come una cosa rara venuta da oltralpe: «Vivande preziose d’ogni sorteTutte dal cuoco Franzese ordinate: Sapor, Pasticci, lessi, arrosti e torte».

Il Gran Caffè Doney fu anche uno tra i primi locali in città ad essere illuminato dalle lanterne. Insomma, esso ha rappresentato una vera e propria istituzione per Firenze, un tempio sacro della cronaca mondana e della storia fiorentina degli ultimi due secoli.

In seguito, tra il 1960 ed il 1970, oltre essere di gran moda, Doney continuò a svolgere un ruolo di primo piano per gli incontri di affari internazionali, con appuntamenti di lavoro presi addirittura direttamente da oltremare.

Famosissimo per ricevimenti, matrimoni, servizi di catering, sia in abitazioni private che in locali pubblici, tutto quello che Doney organizzava diventava un vero e proprio evento, un tocco di classe in più, un fiore all’occhiello che nobiltà e borghesia fiorentine potevano appuntarsi sul petto.

ANTICO CAFFE’ DONEY.2021.04.08-02

Appannaggio di Doney erano infatti anche i più importanti ricevimenti organizzati durante le famose sfilate di Alta Moda di Pitti.

Ma negli anni Ottanta anche Doney ha dovuto soccombere dinanzi all’ennesimo negozio di lusso che popolava via Tornabuoni, segnando inevitabilmente con la sua fine anche quella di un’epoca. Ancora oggi, sono certa che molti fiorentini, come me, ne piangono la sua assenza insieme all’ irresistibile fascino che emanava dalle vetrine.

Il Caffè purtroppo fu chiuso definitivamente nel 1986, condividendo la sorte di altri negozi storici della zona come la Libreria Antiquaria Caldini, l’antica Farmacia Roberts e la libreria internazionale Seeber, la cui scomparsa ha cancellato l’affascinante passato di questa via.

Questa è la vita, questo è il triste risvolto dei cosiddetti Tempi Moderni!

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Barbara Chiarini

Barbara Chiarini nasce a Firenze nel 1967. Laureata in Architettura con indirizzo storico-restauro e conservazione dei Beni Architettonici, si ritiene un architetto per professione, una scrittrice per passione, ed una fiorentina D.O.C. Autrice del libro “Per le Antiche Strade di Firenze”, “Una finestra affacciata dull’Arno” e “Su e Giù per le strade di Firenze”, ella è anche la fondatrice nonche’ uno degli Amministratori di questo Blog.

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Noemi Manetti

Bravissima e grazie per queste memorie della nostra città

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