Alle Giubbe Rosse, il Caffè degli Artisti
Per oltre un secolo dietro alle sue due grandi porte di vetro si è respirato quel particolarissimo fervore intellettuale, che ai primi del Novecento ispirò tanti artisti. Sto parlando del Gran Caffè Giubbe Rosse, uno dei più noti caffè storici di Firenze, anch’esso ubicato nella centralissima Piazza della Repubblica.
La sua nascita risale all’anno 1896 ma, di fatto, fu aperto soltanto l’anno seguente come Caffè-Birreria: i proprietari, di origini tedesche, erano dei fratelli, la famiglia Reininghaus.
Al fine di seguire la moda viennese del tempo, ai camerieri che facevano servizio fu data disposizione di indossare delle giacche di colore rosso, anziché bianche o nere come era consuetudine nei locali di tutta Italia: e poiché i nostri concittadini del tempo, trovavano qualche difficoltà nel pronunciare il nome straniero del caffè, cominciarono a coniare alcuni pseudonimi. Il più gettonato pare che fosse un: «Andiamo da quelli delle giubbe rosse!».
Da qui il passo a cambiare nome al locale per ribattezzarlo come poi è divenuto noto, fu cosa ovvia, quanto breve …. a conferma – qualora ce ne fosse bisogno – di come il popolo fiorentino, abbia sempre saputo arrangiarsi in ogni occasione senza mai doversi smentire nella sua schiettezza e semplicità!
Al principio, il caffè fu più che altro un circolo scacchistico dove si racconta sia passato pure il famoso matematico russo Vladimir Igorevic Arnold, nonché il suo omonimo, il politico rivoluzionario Vladimir Lenin (grande appassionato della scacchiera), come anche molti altri poeti e intellettuali stranieri tra i quali Gordon Craig, André Gide e Medardo Rosso.
Scacchi a parte, le Giubbe Rosse divennero uno dei principali ritrovi nella storia letteraria ed artistica del Novecento italiano: seduti ai tavolini, intenti a sorseggiare the e caffè, provando a dare uno scossone all’ambiente culturale italiano, personaggi come Marinetti, Boccioni e Carrà pensavano a redigere il manifesto di una nuova corrente artistica.
Da allora, quei tavolini cominciarono ad accogliere molti nomi della letteratura e dell’arte e il caffè divenne sede e fucina di importanti tendenze quali il Futurismo, l’Ermetismo, fino ad arrivare poi alle Neoavanguardie e alla più recente stagione dell’Intermedialità, dove alla poesia in senso lineare si intendeva unire la poesia visiva, sonora e performativa.
Di fatto, esso divenne la sede fissa, il luogo di incontro stabilito per letterati e artisti, italiani e stranieri.
È bello immaginare personaggi quali Filippo Marinetti, Aldo Palazzeschi, Ardengo Soffici o Dino Campana che se ne stavano raccolti attorno al grande tavolo posto in fondo alla sala decorata e arricchita con quelle sue bellissime vetrate in stile liberty, tutti impegnati a disquisire tra loro animatamente.
Forse, alle volte, anche fin troppo! In molti, per esempio, ricorderanno una memorabile rissa che scoppiò tra i futuristi milanesi che facevano capo a Marinetti e gli artisti fiorentini che invece erano raccolti intorno alla rivista La Voce, quando correva l’anno 1910; fu in quella circostanza infatti che, nella confusione generale, Ardengo Soffici mentre se ne stava seduto al suo solito posto, ricevette un sonoro schiaffo in volto per aver stroncato sulle pagine del suo giornale, la prima mostra futurista che aveva avuto luogo appunto a Milano.
Ma vi prego, non stupitevi troppo! Alle Giubbe Rosse le cose andavano così: gli intellettuali mettevano in piazza le loro idee e non si facevano grossi scrupoli pensando alle eventuali conseguenze. Questo era il bello!
Una lista interminabile di nomi, impossibile citarli uno per uno: Carlo Emilio Gadda, Umberto Saba, Carlo Bo, Vasco Pratolini, Elio Vittorini, per dirne alcuni, e ancora premi Nobel come Eugenio Montale e Salvatore Quasimodo… tutti si incontravano alle Giubbe Rosse dando vita a incontri letterari e a riviste che hanno veicolato e interpretato la storia e l’opinione pubblica non soltanto di quegli anni ma pure di quelli a seguire, sede stabile dal 1913 per i letterati fiorentini e i molti giovani pittori del tempo, come Ottone Rosai o Primo Conti.
Nel 1914 Dino Campana vi giunse addirittura a piedi, partendo da molto lontano, per portarvi i suoi Canti Orfici.
Qui sono nate Lacerba e L’Italia Futurista e, dopo la Prima Guerra Mondiale, Solaria, la rivista che fece conoscere agli italiani molti tra i più grandi scrittori stranieri come James Joyce, Virginia Woolf e Franz Kafka.
Gli anni Quaranta saranno quelli in cui la vicinanza delle riviste fiorentine alle letterature straniere porrà gli intellettuali in posizione invisa al nazionalismo del regime: addirittura, ai camerieri sarà imposto di sostituire la giacca rossa con una di colore bianco. Ma come ben sappiamo, prima o poi tutto ha una fine e, al termine del secondo conflitto mondiale, i camerieri tornarono a indossare nuovamente le loro iconiche giubbe rosse e la frequentazione del locale riprese di nuovo il vivo con letterati quali Elio Vittorini, Luciano Guarnieri o Antonio Bueno.
La metà del ‘900 decreterà poi quello che può essere indicato come il periodo conclusivo, per buona parte dei caffè storici fioriti nei secoli in molte città italiane; Firenze, a causa e per via dello spostamento di importanti iniziative editoriali verso Milano e Roma, non sarà più il principale luogo di riferimento e conseguentemente, i Caffè perderanno il ruolo di “casa dei letterati”.
Tuttavia le Giubbe Rosse rimarranno «a prescindere» il luogo giusto, e i maggiori intellettuali italiani o stranieri non mancheranno di continuare a frequentarlo con assiduità.
Di tutto questo e molto altro sono le sue pareti a serbarne il ricordo: ecco perché sono giunte ai nostri giorni interamente tappezzate da foto, disegni e memorie di vario genere, preziosi ricordi dei celebri frequentatori.
Tra tutti, forse, l’opera che potremmo citare a testimonianza dei fastosi trascorsi intellettuali, resta un semplice fiore disegnato dalla mano di Primo Conti nel 1986, anno in cui il movimento Ottovolante intese riattivare prepotentemente la frequentazione letteraria del locale.
Un interesse quello di diffondere la cultura, che il Gran Caffè Giubbe Rosse ha mantenuto fino alla fine dei suoi giorni, nonostante gli inevitabili cambi di gestione susseguitesi in oltre 100 anni di vita.
Fino a poco tempo fa, i buffet e le specialità culinarie tipicamente toscane della cucina del locale, insieme ai singolari cocktail futuristi come la famosa Giostra d’Alcool, hanno continuato ad allietare i nostri appetiti durante le presentazioni di libri, incontri letterari e esposizioni di opere di pittori e artisti, conservando intatta la sua identità di “porto franco della cultura”.
Ma poi, purtroppo, le luci del Caffè degli Artisti si sono spente per non riaccendersi più. Il fallimento, i bandi senza acquirenti, hanno complicato le cose e la riapertura – che era stata annunciata per lo scorso aprile 2020, poi slittata all’autunno a causa della pandemia – è stata più volte rinviata. Confidiamo tutti in una sua imminente riapertura, visto e considerato che al momento sono in corso dei lavori di ristrutturazione.
Tutto passa, passano i tempi belli, ma passano pure quelli brutti … Ci auguriamo pertanto di tutto cuore, di tornare presto a vederne di nuovo accese tutte le sue luci.
Per favore il voto e’ da NON guardare…grazie alla mia competenza e’ uscito il 3 quando volevo le 5 stelle! Perdonatemi!