Come Little Stevie diventò un Big
Dopo la scomparsa di Ray Charles, il mondo musicale ha sofferto il peso di questa perdita come se fosse venuto meno l’ultimo baluardo della musica soul, senza possibilità di un proseguo nel futuro.
Purtroppo è un dato di fatto che la maggior parte di noi umani da’ valore a cose e persone soltanto quando non ci sono più; sarebbe utile non commettere questo errore con Stevie Wonder che, per alcuni aspetti compositivi ha dato, secondo la critica più affermata, un contributo persino superiore a quello di Ray Charles. Durante la sua lunga carriera è riuscito a miscelare soul, funky, jazz, R&B e reggae, lasciando un segno indelebile nella musica di genere pop.
Poli-strumentista dal talento naturale, è stato sulla breccia dell’onda per oltre 40 anni di musica, attraversando tutte le tendenze, sperimentando sonorità che hanno segnato uno stile unico, creando armonizzazioni che già nell’impostazione dei rivolti denotano un’ impronta che si differenzia dagli standards: Stevie Wonder è uno degli artisti che sono risultati decisivi nella storia della black music.
Talento precocissimo, nella sua lunga carriera si è guadagnato enormi successi commerciali, una pioggia di riconoscimenti (tra cui ben 24 Grammy Awards) e stuoli di emulatori, di ogni età e generazione.
Stevland Hardaway Judkins, nasce a Saginaw, nello stato del Michigan il 13 Maggio, 1950. Essendo nato prematuro viene messo nell’incubatrice dove un’eccessiva dose di ossigeno gli procura una retinopatia che danneggia irrimediabilmente la retina, rendendolo totalmente cieco.
Trasferitosi a Detroit con la famiglia, il piccolo Stevland comincia a manifestare le sue doti musicali, iniziando a suonare il piano e l’armonica. Aneddoti dell’epoca riportano come egli non si fece mai condizionare dalla sua cecità, neppure quando era bambino!
A soli 12 anni, nel 1962 , viene scritturato come Little Stevie Wonder e nel 1963 con il pezzo Fingertips raggiunge il primo successo nella hit parade. In questo brano evidenzia subito le sue incredibili doti vocali e strumentali, suonando strumenti originali come l’armonica e le congas.
Nella seconda metà degli anni Sessanta, pubblica con successo i brani A place in the sun, Uptight (Everything’s Alright), With a Child’s Heart e una sua versione di Blowin’ in the Wind, del grande Bob Dylan
La produzione di ballads inizia ad assumere sempre maggior rilevanza nel suo repertorio, come testimonieranno soprattutto gli anni Settanta e Ottanta.
Ne è già un saggio eloquente My Cherie Amour, singolo registrato nel 1966 e tratto dall’omonimo album pubblicato tre anni dopo: una dolce e sensuale ode sentimentale, in cui si delinea maggiormente il sound caratteristico di Stevie Wonder, grazie all’utilizzo di accordi suggestivi e raffinati.
La stagione migliore di Wonder si apre negli anni Settanta, un’era ricca di capolavori che avrebbero posto le basi per un nuovo modo di fare musica, influenzando intere generazioni e innumerevoli band a venire. L’inizio del periodo d’oro viene ufficialmente sancito dall’uscita di Music Of My Mind (1972), che scuote alle radici la tradizione soul e black in generale, con un incessante zampillare di trovate musicali. L’album, come i successivi, è quasi interamente scritto, prodotto, arrangiato e suonato dallo stesso Wonder, con la preziosa collaborazione di Betty Wright nella stesura di alcune liriche.
La riflessiva e romantica You Are The Sunshine Of My Life, che si apre ad una soffusa e delicata impostazione jazz, è il singolo e l‘ouverture dell’album successivo, Talking book del 1972: un disco che consacra Wonder, re indiscusso della black music, sottolineandone la genialità nel coniugare la spinta rivoluzionaria con la ricerca di una musicalità sempre orecchiabile in ogni singolo brano, un fiorire di sentimenti a cuore aperto e splendide dichiarazioni d’amore, come in un inno di fervente religiosità: «You are the apple of my eye/ Forever you’ll stay in my heart»!
A trascinarlo in vetta alle classifiche sarà anche l’inconfondibile riff di Superstition: un mix di funky, soul e rRn’B, in cui l’uso del clavinet lascia un’impronta elettronica e avvolgente. Numerose poi, le ballate romantiche e sentimentali, prevalentemente composte al piano, come You And I.
Il successo viene celebrato da un colossale tour al fianco dei Rolling Stones: un momento magico, coronato l’anno successivo con la pubblicazione di Innervisions (altro capolavoro di Wonder). Pietra miliare della black music la canzone è, ancora una volta, una dichiarazione d’amore, una smisurata preghiera al cielo che si snoda in nove episodi, uno più esaltante dell’altro.
L’incantesimo dell’ex enfant prodige, rischia di spezzarsi per sempre quando, poco dopo l’uscita del disco, Wonder viene coinvolto in un pauroso incidente stradale: le conseguenze sono gravi, il cantante rimane in coma per alcuni giorni ma riuscirà a riprendersi anche da questo dramma. Anzi, ne uscirà ulteriormente fortificato, come testimonierà il suo nuovo tour, realizzato al fianco di Elton John.
Nel 1976 esce il suo capolavoro: Songs in the Key of Life: al proposito Marvin Gale ebbe a dire che «L’ album sta al soul come Presley sta al Rock&Roll». E anche questa volta, il nostro Stevie andò a premio con altri due Grammy Awards!
E’con questo doppio album che Wonder consolida le sue innovazioni (o rivoluzioni che dir si voglia) nell’ambito della musica soul, dando vita al suo progetto più maturo e ambizioso in un cocktail di suoni e generi: abilità tecniche e compositive vanno di pari passo in un disco compatto e strutturato da un filo logico, con una manciata di singoli memorabili.
Le sue rimarranno comunque delle semplici ma meravigliose dichiarazioni d’amore: è il caso del commovente singolo Isn’t She Lovely?, dedicato alla figlia Aisha, in cui si sentono in sottofondo le risate della piccola ed il finale che è eseguito con un memorabile assolo di armonica.
Tuttavia, gli anni Ottanta saranno caratterizzati da una produzione discografica decisamente inferiore a quella del decennio precedente, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. A fare notizia saranno soprattutto alcune collaborazioni eccellenti come quella con Paul Mc Cartney nel 1982 in Ebony And Ivory, un inno alla fratellanza e alla comunione multirazziale.
Il 1984 segna un nuovo exploit commerciale, grazie alla colonna sonora del film Woman In Red, diretto e interpretato da Gene Wilder. Oltre a diversi duetti con la regina del soul Dionne Warwick, tra cui la già rammentata It’s You. Il disco comprende uno dei pezzi più commerciali dell’intera produzione di Wonder, che gli frutterà anche un Academy Award: I Just Called To Say I Love You, ballata sentimentale con un ritornello melodico e decisamente orecchiabile.
A consacrare la nuova popolarità raggiunta, arriva il progetto Usa For Africa, che vede Wonder al fianco di numerose rockstar americane, tra cui Michael Jackson, Bruce Sprigsteeen, Lionel Richie, Cyndi Lauper e molti altri. Il pezzo, realizzato a scopo di beneficenza, si intitola We Are The World e diventa in breve tempo un grandioso trionfo commerciale.
In anni più recenti, Stevie Wonder è stato al centro di alcuni studi chirurgici nel tentativo di donargli la vista. Purtroppo, a tutt’oggi, questo sogno rimane ancora lontano per il musicista nero, costretto a vivere in un eterno buio, illuminato solo dalla sua splendida musica.
Prodigioso vocalist, pianista e compositore eclettico, dotato di una sovrumana sensibilità e forza d’animo, Stevie ha profondamente influenzato e rinnovato la black music, ma anche lo stile di molti interpreti odierni. Un artista straordinario, che non si è mai arreso di fronte alle difficoltà che la vita gli ha da sempre riservato, conciliando attività artistica e impegno sociale e umanitario.
Nel 1996, quando ricevette ad honorem la laurea di Dottore della Musica, all’Università dell’Alabama, a Birmingham, raccontò, divertito, un aneddoto: «Anni fa molti mi dissero: ‘Tu hai tre tare: sei cieco, nero e povero’. Ma Dio mi ha detto: ‘Io ti arricchirò dello spirito di ispirazione, per trasmetterla ad altri e perché con la tua musica tu possa incoraggiare il mondo a perseguire l’unità, la speranza e la positività’. Ho creduto a Lui e non a loro».
Sagge parole le sue,le più adatte per riassumere, senza troppi giri di parole, la meraviglia dell’esperienza umana e artistica incarnata da grande Stevie Wonder.
A lui, in qualità di cantante creativo e di grande uomo sempre impegnato anche nel sociale … il nostro caloroso applauso ed i nostri più sinceri auguri di buon compleanno !