Oltre quella stanza
«La ricchezza, la bellezza, tutto si può perdere, ma la gioia che hai nel cuore può essere soltanto offuscata: per tutta la vita tornerà a renderti felice. Prova, una volta che ti senti solo e infelice o di cattivo umore, a guardare fuori quando il tempo è così bello. Non le case e i tetti, ma il cielo. Finché potrai guardare il cielo senza timori, saprai di essere puro dentro e che tornerai a essere felice».
Anna Frank
Ogni anno, ciclicamente, i giornali italiani tornano a parlare di Annelies “Anna” Frank, la ragazza tedesca ebrea che tenne un diario durante le persecuzioni naziste dei primi anni Quaranta, poi pubblicato in tutto il mondo alla fine della guerra.
Siamo a Amsterdam, nel 1942. I tedeschi occupano il Paese e perseguitano gli ebrei. Una famiglia ebrea, quella dei Frank, si rinchiude in una soffitta della fabbrica di spezie del signor Frank insieme ad alcuni amici. Nonostante le durissime condizioni di vita, la piccola Anna riesce ad avere momenti di spensieratezza e affida alle pagine del suo diario i suoi pensieri. Ma un brutto giorno i Frank sono arrestati e deportati.
Anne era nata il 12 giugno a Francoforte sul Meno nel 1929, da genitori di origine ebraica, a pochi anni di distanza dalla sorella Margot.
Poi però, nel 1933, la famiglia Frank si era dovuta trasferire dalla Germania a Amsterdam: in quello stesso anno, i nazisti ottennero il controllo in Germania: per via dell’occupazione tedesca dei Paesi Bassi, nel giro di pochi anni anche i Frank rimasero intrappolati a Amsterdam
Con l’acuirsi delle persecuzioni, nel 1942, diventò sempre più complicato non farsi trovare durante i rastrellamenti. Per questo, il padre di Anne prese la decisione di nascondere la famiglia in un alloggio che aveva ricavato nel retro della sua fabbrica. Vi accolse anche Hermann van Pels con la moglie e il figlio sedicenne Peter e, poco dopo, il dentista Fritz Pfeffer.
Nell’alloggio segreto Anne potè proseguire la stesura del suo diario personale (ricevuto in regalo il giorno del suo tredicesimo compleanno), come un epistolario indirizzato a un’amica immaginaria. Vi annotava pensieri e riflessioni intime, raccontando quello che accadeva ogni giorno: la paura della guerra, i suoi sentimenti per Peter, il conflitto con i genitori e il desiderio di diventare una scrittrice una volta tornata la pace.
Ma, il 4 agosto del 1944, in seguito alla soffiata di un informatore fatta alla Sicherheitsdienst, la polizia tedesca di Amsterdam arrestò l’intero gruppo e lo deportò ad Auschwitz. Anne e la sorella Margot verranno poi trasferite a Bergen-Belsen. Per le ragazze, come per molti altri, non ci sarà salvezza: moriranno di tifo tra il febbraio e il marzo dell’anno seguente.
Quando Anne aveva iniziato il suo diario, nel giugno 1942, aveva appena compiuto tredici anni. Poche pagine e, all’immagine della scuola, dei compagni e di amori più o meno immaginari, si sostituisce la storia della lunga clandestinità: giornate passate a pelare patate, recitare poesie, leggere, scrivere, litigare, aspettare, temere il peggio.
Otto Frank, l’unico sopravvissuto della famiglia, tornò a Amsterdam dopo la guerra per scoprire che il Diario di Anne era stato salvato. Quindi, dedicò i suoi sforzi per arrivare a pubblicarlo, nel 1947. La sua prima edizione subì davvero troppi tagli, ritocchi e variazioni. Ma per fortuna, col tempo, il testo è stato restituito alla sua integrità originale.
Questo ci ha consegnato un’immagine nuova, diversa: quella di una ragazza vera e viva, ironica, passionale, irriverente, animata da un’allegra voglia di vivere, già adulta nelle sue riflessioni. Una ragazzina di soli 13 anni che però, obbedendo a una insita ma sicura vocazione di scrittrice, volle e seppe lasciare testimonianza di sé e dell’esperienza di altri clandestini come lei.