Orwell, autoritratto d’autore
Si potrebbe dire che la visione del mondo di George Orwell non aveva nulla o quasi nulla di orwelliano. La distopia politica evocata nella Fattoria degli animali e resa manifesta in 1984 rese celebre il suo pseudonimo, all’origine di un aggettivo – orwelliano, appunto – capace di evocare scenari apocalittici e in apparenza sempre attuali.
In un’Europa segnata profondamente dalle dittature oscurantiste di stampo fascista e comunista, il mondo culturale uscì profondamente scosso dal grande capolavoro di George Orwell! In esso dipingeva una società del futuro dove l’autorità (esercitata dal “partito unico” per conto del Grande Fratello, personaggio che nessuno aveva mai visto) controllava ogni aspetto della vita umana, finanche il modo di pensare e di esprimersi.
Protagonista del volume, scritto nel 1948 (non a caso le ultime due cifre dell’anno del titolo sono la versione rovesciata di quello in cui è stato ideato) e pubblicato a giugno dell’anno seguente, è Winston Smith che per conto del “partito” censura libri e giornali, adattando qualsiasi cosa alla storia e al pensiero imposti dal regime. Insofferente a questo clima, tenta la strada della ribellione insieme con l’amata Julia e O’Brien, quest’ultimo operante come spia per conto del partito e che alla fine tradirà i suoi amici.
Pietra miliare della letteratura fantascientifica, l’opera ha influenzato un’ampia produzione saggistica e cinematografica, tra cui la pellicola Orwell 1984, diretta da Michael Radford e uscito proprio nel 1984. Sul piano linguistico, l’espressione Grande Fratello(Big Brother nell’originale inglese) è diventata d’uso comune per indicare una forma di controllo sulla privacy delle persone sempre più invasiva. L’espressione ha dato infatti poi il nome al noto reality show prodotto dalla società olandese Endemol e trasmesso in Italia a partire dal 2000.
Tuttavia, a mio vedere, Eric Arthur Blair ebbe una vita personale e letteraria troppo complessa per circoscriverla al tema forte di questo come di altri dei suoi libri più famosi.
Orwell visto da Orwell, attraverso i diari e i frequenti scritti autobiografici, fu un uomo di grandi passioni e di evidenti contraddizioni, sempre vissute con profonda onestà: un uomo di sinistra, un socialista (a modo suo), un intellettuale che non esitava a prendere la armi per combattere il fascismo, ma fu anche un patriota e un individualista per nulla scevro di certi pregiudizi, come per esempio una certa dose di omofobia.
C’è un elemento che attraversa tutta la vita personale e letteraria di George Orwell: la coscienza – e la conseguente repulsione – di vivere in una società rigidamente gerarchica e classista. La sua cronaca degli anni trascorsi nel collegio di St Cyprian è un piccolo capolavoro di sociologia.
«Erano i ragazzi poveri ma ‘intelligenti’ ad avere la peggio – scriveva nel 1947– Il nostro cervello era una miniera d’oro in cui lui (il direttore, ndr) aveva gettato i suoi soldi, e per ottenere i dividendi, doveva spremerci».
Orwell era l’opposto di uno snob. Conosceva bene la classe operaia. All’inizio della sua carriera, egli medesimo aveva dovuto vivere lunghi periodi nell’indigenza. Inoltre, quando nel 1936, era stato incaricato di condurre un’inchiesta sulla classe operaia del Nord dell’Inghilterra, vi si era trasferito e lì aveva frequentato le case dei minatori, i circoli operai e le sedi sindacali, calandosi anche nelle miniere.
In tal modo, aveva sviluppato il suo sentimento sociale più duraturo: lo spirito di fraternità. Uno spirito che ad ogni modo, non gli impedì mai di criticare la classe operaia inglese, per lui troppo remissiva, in special modo i suoi sindacalisti, i quali, a suo giudizio si erano tutti imborghesiti.
Orwell amava l’Inghilterra: arrivò persino a scrivere un elogio della cucina inglese e a dettare undici regole per «una bella tazza di tè»: eppure, fu un fervente antimperialista.
Morì giovane, a nemmeno 47 anni, e non fece in tempo ad apprezzare il successo del suo ultimo libro che, col senno di poi, probabilmente più lo rappresenta, Omaggio alla Catalogna, pressoché invenduto mentre lui fu in vita: un romanzo nel quale risultava palese la sua ammirazione per il proletariato spagnolo impegnato a combattere il fascismo. Oggi, la sua descrizione delle ferocia stalinista contro gli anarchici e i comunisti dissidenti è considerata giustamente un capolavoro della letteratura di impegno civile, ma il lato più vero di Orwell, nell’Omaggio, emerge nelle pagine iniziali, quando descrive l’accoglienza empatica e fraterna ricevuta da uno sconosciuto miliziano italiano, cui dedicherà una poesia, che si chiudeva così:
«Ma ciò che io nel tuo viso scorsi
Nessuna forza annientare potrà;
Nessuna bomba spezzare saprà
Quello spirito tuo cristallino».