La setta dei poeti estinti
«Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso da quassù».
(John Keating, L’Attimo fuggente)
Lo stupore e l’ammirazione degli studenti accolgono le parole di un insegnante davvero speciale, il protagonista del film L’attimo fuggente, John Keating.
Qualche volta il cinema riesce ad insegnare molto e permette anche di comprendere qualcosa in più sul senso della vita. Con la sua forza, un film è capace di riuscire a coinvolgere gli animi degli spettatori, andando ben oltre la solita funzione ludica o di distrazione.
Tra tutti i film che riescono in questo intento sicuramente non si può dimenticare il capolavoro del regista australiano Peter Lindsay Weir.
Il film di Weir – già autore di Picnic ad Hanging Rock e che, a seguire nel 1998, ci regalerà pure The Trimane Show – esce negli Stati Uniti il 2 giugno del 1989 con il titolo di Dead Poets Society (letteralmente La setta dei poeti estinti), ed in Italia il 29 settembre come L’attimo fuggente.
La trama è, all’apparenza, abbastanza semplice: si tratta dell’ennesima storia ambientata in un college, incentrata su un gruppo di amici alle prese con gioie e dolori dell’adolescenza, che lascia da subito presagire un risvolto drammatico.
Il successo, sia di pubblico sia di critica, fu sorprendente: al quinto posto per incassi mondiali nell’anno di uscita, ottenne quattro candidature agli Oscar (vincendone uno), oltre a un Bafta nel Regno Unito, un premio César in Francia e un David di Donatello in Italia, sempre come miglior film straniero.
Naturalmente, non mancò certo qualche critica negativa, ma la sua presa sui giovani fu innegabile e tale è rimasta per molti decenni a seguire.
Ambientato nel 1959 nell’elitario collegio maschile di Welton, in Vermont, New England, il film narra lo stravolgimento della routine scolastica di un gruppo di diciassettenni dopo l’arrivo di John Keating, un docente di poesia inglese ed ex studente della scuola, un personaggio decisamente anticonformista. Grazie a lui, i quattro protagonisti, Neil, Todd, Knox e Charlie, scopriranno la poesia, la chiave per schiudere se stessi ed accedere all’età adulta. C’è chi lo farà attraverso la passione per il palcoscenico come chi lo farà trovando il coraggio di avvicinare, finalmente, una ragazza di cui è da tempo innamorato.
La figura di Keating rappresenta, il personaggio, l’emblema di quell’ insegnante che probabilmente pochi tra noi hanno avuto, ma che invece ci sarebbe tanto piaciuto incontrare durante i nostri anni di studio.
Il film è un susseguirsi di momenti di grande suggestione formale ed emotiva.
Il professor Keating imposterà il suo insegnamento si di un’unica frase: «Carpe diem» , un verso che avrà facile presa sui suoi allievi, un invito caloroso a cogliere l’attimo (ciò che da Orazio in poi, i poeti ci hanno sempre incitato a fare).
Facile concludere quindi perché il film ebbe tanta presa su un pubblico di giovani: quel motto esprime ancora oggi l’esaltazione di ogni adolescente che, uscito dal bozzolo dell’infanzia, si sente autorizzato dalla figura autorevole di un insegnante a sperimentare il potere liberatorio della trasgressione. Uscire dai ranghi e farlo non in solitudine, ma sentendosi parte di un gruppo, è uno dei bisogni primari dell’essere umano giovane.
Anche Keating ribadirà il concetto di questa frase alla classe in una scena tra le più famose, spiegando l’importanza di saper cogliere nella vita l’attimo giusto; approfittare delle occasioni prima che sia troppo tardi perché tutti inesorabilmente siamo destinati inevitabilmente alla morte. L’uomo non potrà mai cambiare il suo destino, ma potrà fare la differenza il modo in cui egli riuscirà a riempire l’intervallo di tempo che c’è tra la vita e la morte.
Un film davvero intenso, ricco di scene coinvolgenti: come quella finale, toccante fin nel profondo quando gli allievi uno ad uno, saliranno in piedi sui loro banchi e pur rischiando l’espulsione dall’istituto, scandiranno fieramente la celebre locuzione di Walt Whitman «O Capitano, mio Capitano!» dimostrando la loro assoluta riconoscenza al professor Keating, nel momento in cui egli sarà costretto a lasciare l’istituto, poiché rimosso dall’incarico.
Oppure quando Robin Williams, attuerà alcuni escamotage didattici sorprendenti e fuori dalle righe: dalla marcia dentro il colonnato come allegoria dell’anticonformismo, alla la partita di calcio, preceduta dalla distribuzione ad ognuno dei biglietti sui quali sono riportati versi poetici da declamare mentre un giradischi diffonde le note di una sinfonia di Beethoven.
Keating verrà issato in trionfo, riuscirà ad aprire le menti dei suoi ragazzi, riuscirà ad ottenere tutto l’impegno e la partecipazione dai suoi allievi, guadagnandosi rispetto e stima.
Tutto il film è pervaso dal romanticismo: è insito nella fuga notturna che progettano i ragazzi per recarsi fra le brume del bosco, nel rifugio segreto allestito dentro ad una grotta, con l’intento e la ferma volontà di voler riesumare la Setta dei Poeti Estinti; è nella sequenza del confronto (purtroppo a senso unico) che il giovane Neil sosterrà di fronte al padre (uomo inflessibile), fino a saturare l’aria che il pubblico respira quando assisterà al drammatico epilogo: una serie di sequenze dal grande impatto narrativo.
Un’opera che nel suo genere è diventata meritatamente un punto di riferimento, avvalendosi non soltanto della grande performance di Robin Williams ma anche di una schiera di giovani e validi interpreti esordiente quali Ethan Hawke nei panni di Todd, lo studente più timido della classe: colui che alla fine sarà il primo a salire sul suo banco per dimostrare al professor Keating che il pur breve periodo trascorso assieme, non è stato vano.
L’espressione del professore, stupita ed orgogliosa, anticipa il breve e semplice commiato, accompagnata dalle suadenti musiche di Maurice Jarre: «Grazie figlioli… grazie!». Il più grande successo che un insegnante possa ambire ad ottenere con i propri allievi, è compiuto.
L’attimo fuggente consacrò il periodo d’oro di Robin Williams. Lo sceneggiatore Tom Schulman modellò il personaggio di John Keating sul professor Samuel Pickering, il suo insegnante di letteratura inglese alla Montgomery Bell Academy di Nashville, divenuto poi docente universitario di fama. A sua volta Williams attinse, per la sua interpretazione, ad alcuni insegnanti incontrati quando egli era studente: probabilmente nel farlo si rivolse maggiormente al sig. John C. Campbell, il suo professore di storia alla Country Day School di Detroit, il quale venne licenziato nel 1991 per non aver dimostrato la volontà di aderire agli standard accademici e professionali.
Secondo la mia opinione, per essere bello un film deve tirare fuori le emozioni, fare sognare. Magari il messaggio di Weir, non fu estremamente originale (come ebbe a rimarcare parte della critica del tempo) ma, ad ogni modo, egli riuscì a trasmettere al suo pubblico quel che era il suo intento: insinuare in ciascuno di noi un sensazione di rammarico, come dire: « Peccato che ciò non sia potuto accadere nella realtà della mia vita…Peccato che il conformismo non si possa mai debellare anche nel quotidiano …»
Retorica da quattro soldi? Forse è così, ma è certo che non si può fare a meno di commuoversi di fronte all’utopia, perché questo è alla fine quel che viene messo in scena: un’utopia proposta da un Williams ben calato nella parte di professore e ribadita da un gagliardo gruppo di giovani in cui è difficile non rispecchiarsi, a qualunque età.
Infine, un breve cenno per ricordare la qualità della colonna sonora del film, opera del maestro Thomas Newman. Un successo memorabile, una melodia che sembra evocare un richiamo alla libertà, quella stessa libertà che i protagonisti intesero perseguire fino a che, finalmente, non la trovarono!
Un gran bel film che mi è rimasto impresso nel cuore e nella mente.
Ottima e emozionante ricostruzione !
Molte grazie