M.A.S.H.
Quando ad un pluricinquantenne viene rammentata la sigla M.A.S.H., la mente inevitabilmente vola ad una serie televisiva andata in onda negli anni Settanta. Per molti altri, invece, l’associazione di idee viene fatta con un film, o anche con un romanzo. Avranno tutti ragione o qualcuno tra loro avrà preso un granchio?
Nessun errore amici, tutti ricordano il giusto perché M.A.S.H. fu tutto questo.
Ma partiamo dal principio: M.A.S.H. fu innanzitutto un film di guerra, magari non proprio di quelli convenzionali, come generalmente verrebbe da pensare ma, sebbene con un approccio totalmente diverso e nuovo, esso lo fu davvero: e quando sostengo ciò, ovviamente non mi riferisco a quella che in molti ritengono essere la scena madre, ovvero quella che vede inquadrata un’oliva che esegue un tuffo carpiato dal trampolino di lancio di un pollice e di un indice appartenenti ad uno splendido Elliot Gould, per poi finire sul fondo di un Martini!
Ma facciamo un passo indietro. Nel 1969 Robert Altman, originario del Missouri, ha quarantaquattro anni e un curriculum quasi ventennale nel campo delle serie televisive, impreziosito da un ingaggio per volontà di Alfred Hitchcock in persona. Al cinema, dopo un esordio autoprodotto, Altman ha fatto ritorno soltanto nel 1969 al Festival di Cannes quando presenta fuori concorso l’eccellente Quel freddo giorno nel Parco, un claustrofobico dramma psicologico imperniato sull’interpretazione di Sandy Dennis. Intanto, il produttore Ingo Preminger gli propone un copione già rifiutato da numerosi altri registi: M.A.S.H.
Basato su un romanzo scritto nel 1968 dal dott. Richard Hornberger, in esso Altman vede il giusto potenziale per coronare una delle sue ambizioni: realizzare un corrosivo film a sfondo militare (MASH è l’acronimo di Mobile Army Surgical Hospital, ovvero l’ospedale da campo dell’esercito). E così, nella primavera del 1969, si mette al lavoro: il film sarà completato in appena sei settimane di riprese, con un budget di soli tre milioni di dollari. Alla Fox nutrono ben poche aspettative al riguardo e vorrebbero tagliare le scene più controverse, ma le reazioni entusiastiche a un’anteprima per il pubblico a San Francisco, convincono i produttori a dare al film una chance.
La guerra come nessuno l’ha mai vista: al posto del Vietnam la Corea, al posto di eroici combattenti un manipolo di medici sfrontati e irriverenti che si preoccupano più del sesso e degli scherzi goliardici verso i commilitoni che del nemico giallo nascosto nella giungla. Una farsa militare, politicamente scorrettissima, ambientata in un ospedale da campo e popolata da personaggi meravigliosamente cinici, tra gli altri il capitano “Occhio di falco” Pierce (Donald Sutterland), “Trapper John” McIntyre (Elliot Gould), “Bollore” (Sally Kellermann) e il maggiore Frank Burns (Robert Duvall). Gli abilissimi chirurghi intervengono prontamente per salvare vite e alleviare le sofferenze delle vittime di questa sporca guerra, ma nei momenti liberi amoreggiano con le attraenti infermiere e organizzano ripetutamente burle grottesche a danno dei colleghi, insofferenti al rigido sistema gerarchico e alla disciplina militare.
M.A.S.H. irrompe nel panorama cinematografico del 1970 come una bomba, ottenendo uno strepitoso successo ma al contempo, scatenando roventi polemiche sul contenuto antipatriottico e antimilitarista tanto che per anni ne sarà vietata la proiezione all’interno delle basi militari USA.
Anche Altman monterà una farsa strepitosa che farà leva sul diffuso sentimento di rigetto di gran parte del popolo americano nei confronti della guerra del Vietnam e sceglierà di puntare il dito sul passato per andare a colpire il presente: di fatto MASH, per quell’aura di follia anarchica che lo contraddistingue, diverrà una di quelle pellicole che hanno costituito il movimento del nuovo cinema indipendente USA, favorendo lo svecchiando del tradizionale sistema di studio hollywoodiano.
L’entusiasmo della critica all’uscita del film e la pioggia di premi (tra cui un Oscar alla sceneggiatura e la Palma d’Oro a Cannes) metteranno a tacere tutte le voci contro, elevando il film al rango di cult. Il suo successo sarà di fatto poi perpetrato anche con due serie televisive, a ricordare come il miglior modo per combattere gli orrori della guerra sia proprio la follia. Andate in onda dal 17 settembre 1972 al 28 febbraio 1983, per un totale di 11 stagioni e 251 episodi, la puntata finale risulterà addirittura essere per molti anni la più vista della storia della televisione americana, un record detenuto fino al 2010 e superato soltanto dal Superbowl.
Oltre al grande successo di pubblico, la serie riscosse unanimi consensi dalla critica televisiva e colse numerosi premi, tra i quali 14 Emmy Awards (con ben 109 nomination) e 7 Golden Globe.
La versione originale ha in sottofondo le false risate del pubblico, quella italiana ne è sprovvista. Il cast originario comprendeva Alan Alda (Capitano Benjamin Occhio di falco Pierce), Wayne Rogers (Capitano John Trapper McIntyre), McLean Stevenson (Colonnello Henry Blake, ufficiale in comando), Larry Linville (Maggiore Franklin Frank Burns), Loretta Swit (Maggiore Margaret Labbra di fuoco Houlihan), Gary Burghoff (Caporale Walter Radar O’Reilly) e William Christopher (Padre Mulcahy) e Jamie Farr (Klinger) prima come guest star ricorrenti e successivamente come membri fissi del cast.
La sigla della serie è una versione strumentale della canzone Suicide is Painless, scritta da Jhonny Mandel (musica) e Mike Altman (testo), facente parte dalla colonna sonora del film.
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