La favola senza un lieto fine
Esattamente quarantuno anni fa, il 29 luglio di un ormai lontano 1981, aveva inizio una favola : una timida e poco più che ventenne Diana Spenser, avvolta in un abito in taffetà e seta color avorio adornato di pizzi antichi, con uno strascico lungo sette metri, si incamminava lungo la navata della cattedrale di St Paul per avvicinarsi all’altare. Ad aspettarla, il principe Charles Philip Arthur George, erede al trono della Gran Bretagna.
A guardarli, oltre 750 milioni di telespettatori in mondovisione e 600 mila sudditi accorsi nelle strade della capitale britannica: il primo royal wedding in mondovisione, il matrimonio più importante del secolo.
Lei, bellissima ed emozionatissima, lui, perfetta incarnazione del principe azzurro, con tanto di carrozza a seguito (anche se non di cristallo)! L’inizio di una favola che, all’epoca, non lasciava certo presagire una tragica fine.
Quando il principe Carlo posò per la prima volta gli occhi su quella che – senza saperlo – sarebbe diventata la sua futura sposa, era il 1977 e Lady Diana era una ragazza di appena 16 anni, appartenente a una delle famiglie più antiche della Gran Bretagna. Giovane, aristocratica e di belle speranze, Lady Diana Spencer apparteneva al mondo delle English roses, così come venivano chiamate le ragazze di buona famiglia dalla pelle diafana, che nel loro tempo libero frequentavano i locali e i ritrovi alla moda attorno a Sloane Square a Chelsea. Il primo incontro — o almeno, il primo sguardo che Carlo e Diana si erano scambiati — era stato in occasione di un galà serale ad Althorpe, la tenuta degli Spencer nel 1977. All’epoca il futuro erede al trono aveva già 30 anni e dopo un valzer di flirt giovanili aveva cominciato a frequentare Sarah, la sorella maggiore di Diana.
La relazione era durata appena qualche mese, tuttavia i due erano rimasti buoni amici. Anzi, sarà Sarah in persona a presentare a Carlo sua sorella minore Diana, una ragazza moderna, volitiva, ma anche dolce e appassionata, oltreché… al suo primo amore: tutte caratteristiche che ne facevano la candidata ideale al ruolo di futura regina al fianco del futuro erede al trono. Le speranze in effetti non vennero tradite e dopo diversi mesi di frequentazione, il 3 febbraio 1981 arrivò la proposta di matrimonio, ufficializzata il 24 febbraio dello stesso anno sebbene, in realtà, gli sposi si fossero visti soltanto dodici volte.
Per la promessa d’amore, la giovane scelse un anello in oro bianco con una corona di diamanti, disposta intorno a uno zaffiro blu, lo stesso gioiello che oggi brilla al dito di sua nuora, Kate Middleton, moglie del primogenito della coppia reale, William.
L’annuncio delle nozze creò una fortissima aspettativa e l’evento divenne mondiale. Il lunghissimo velo bianco sul tappeto rosso della campata principale della Cattedrale di St.Paul è una fotografia rimasta indelebile nell’immaginario collettivo come, del resto, la storia della maestrina d’asilo semplice e bella che avrebbe potuto diventare regina.
I comuni mortali, in tutto questo ritrovarono la vecchia favola, di quelle che ti raccontano quando si è bambini, ma questa volta essa prendeva la forma di una favola moderna, assolutamente attuale, soprattutto vera. I fotografi seguivano ovunque la coppia reale: ogni vestito, ogni gesto, ogni sorriso della principessa Diana era fotografato o filmato per poi finire in prima pagina.
A completare il quadretto di questo meraviglioso idillio amoroso, la coppie ebbe anche due figli maschi, William e Henry.
Presto però le cose presero un’altra piega: Carlo e Diana avevano caratteri estremamente diversi e poche erano le cose che condividevano. Per di più, la ventata di nuovo portata a corte dalla giovane principessa, si infranse in breve tempo contro la rigidità della famiglia reale e contro il fantasma di un’altra donna, Camilla Parker Bowles, amore di gioventù di Carlo, da lui mai dimenticata. Il palazzo dorato divenne una prigione. I giorni di colei che presto sarebbe diventata per tutti semplicemente Lady D, si trascinavano tra cerimonie ufficiali, viaggi di rappresentanza e la pressione della casa reale.
Diana diventò la “principessa triste“. Continuò comunque a impegnarsi nelle sue attività filantropiche: una sua foto con in braccio un piccolo malato di AIDS fece il giro del mondo così come quella che la ritraeva tra i malati di lebbra e quella insieme a madre Teresa di Calcutta, che diventò la sua guida spirituale. Ovunque lei andasse, la gente si assiepava per vederla da vicino, offrirle un mazzo di fiori, gridare il suo nome.
Tra le tante immagini rapite dai fotografi per uno scoop in copertina, quelle che meglio raccontano la principessa sono proprio gli scatti che la ritraggono in compagnia dei figli. Diana era la mamma che partecipava alle gare scolastiche, scalza, con la faccia rossa per lo sforzo e il celebre caschetto scompigliato, colei che accompagnava i bambini ai parchi di divertimento e al mare, che sgridava e consolava, che rideva a crepapelle in barba all’etichetta. Ed era questo il volto di lei più amato dai sudditi.
Di fatto, tra alti e bassi, dei quali nei lunghi anni a seguire c’è stato modo di raccontare qualsiasi dettaglio vero o presunto, il matrimonio tra i due giovani reali, durerà poco più di 10 anni, poi sfocerà nel peggiore incubo della regina Elisabetta: una richiesta di divorzio.
La dichiarazione ufficiale fu data il 9 dicembre 1992 dal primo ministro britannico John Major alla Camera dei Comuni: il principe e la principessa di Galles avevano deciso di comune accordo di separarsi, precisando che i principi semplicemente avrebbero vissuto divisi e con impegni diversi.
La favola stava per volgere al termine e ai sudditi non servì molto tempo per accorgersene. Il divorzio fu ufficializzato il 28 agosto 1996, ma a scrivere definitivamente la parola fine sulla relazione più mediatica della monarchia britannica, fu, appena un anno dopo, il drammatico incidente d’auto dell’agosto 1997, in cui Lady D perse la vita accanto al compagno dell’epoca, il miliardario Dodi Al-Fayed, sotto il tunnel del Pont de l’Alma a Parigi.
La tragica scomparsa avvenne la sera del 30: la Mercedes su cui viaggiavano la principessa e Al-Fayed, guidata dall’autista Henri Paul, impattò contro il tredicesimo pilastro della galleria, cercando di sfuggire ai fotografi. Nello schianto, Dodi Al-Fayed e l’autista morirono sul colpo: Trevor Rees-Jones, la guardia del corpo, rimase gravemente ferito, ma sopravvisse. Invece, Lady D, liberata ancora viva dalle lamiere della vettura, fu trasportata d’urgenza all’ospedale ma, a causa delle gravi lesioni interne, venne dichiarata morta due ore più tardi.
Il funerale di Lady D venne celebrato il 6 settembre; fu seguito in mondovisione da due miliardi di telespettatori, un numero ancora maggiore di presenze, rispetto a quando la favola reale aveva avuto inizio, soltanto diciassette anni prima, in quella cattedrale gotica.
Ad aprire il corteo funebre i giovanissimi William e Harry, davanti a Buckingham Palace un tappeto di fiori che nessuno osò rimuovere per giorni. Lungo le strade migliaia di persone si accalcarono dietro le transenne, gettando fiori al passaggio del feretro e lungo tutto il percorso. Durante la cerimonia, il cantante Elton John – suo caro amico – le rese omaggio cantando una struggente versione di Candle in the Wind.
E come una candela nel vento così, in un soffio, anche la vita della bella principessa si era spenta, oscurando ogni altro barlume di speranza, ogni altro possibile sogno d’amore.
La storia della principessa triste ha ribadito al mondo intero che non sempre le fiabe hanno un lieto fine.
Già, lo sapevamo. Eppure ci abbiamo creduto.