I principi di San Donato
Quando si parla del Castello della Bella Addormentata sepolto dai rovi ed immerso in un sonno profondo, si pensa che certe cose accadano solo nel mondo delle fiabe. Ebbene non è così, una sorta di questo maniero lo abbiamo anche noi, nella nostra città.
Stupiti? Lo so sembra impossibile, ma un tempo anche noi a Firenze abbiamo avuta una villa tanto bella e ricca di tesori da essere denominata la Versailles fiorentina e meritare un paragone con la celebre reggia francese.
Sono passati tanti anni ormai ed oggi sono pochi i fiorentini che si rammentino di lei. Anzi, oserei dire che solo i meno giovani ne hanno visto i resti e questi già segnati dall’incuria e dallo scorrere del tempo. Chi passa oggi per via di Novoli, non può neppure immaginare che, ormai nascosta da altre costruzioni, un tempo vi fosse proprio lì una villa di proprietà di un russo ricco, anzi ricchissimo, talmente dovizioso da poter ottenere dallo zar un titolo nobiliare ed un altro, anche se fittizio di Principe di San Donato, dal Granduca Leopoldo II di Lorena.
Il nobile si chiamava Demidoff ed il nome di costui è rimasto nella toponomastica definendo una delle strade che vanno da Via Baracca a Via di Novoli; ma la vita moderna, il cambiamento della città e sicuramente il traffico cittadino, ed oggi anche lo sferragliare della tranvia, hanno scacciato anche i fantasmi più tenacemente attaccati a quei luoghi, perché, sono sicura che per tanti anni qualche fantasma lì c’era, eccome se c’era!
Perché lì in mezzo a quegli splendori ci abitò anche una principessa e pure bella….
Era una delle tante aquilotte napoleoniche, ossia una delle nipoti dell’imperatore Napoleone, figlia del Bonaparte più giovane, Gerolamo, al quale la politica matrimoniale del fratello, aveva destinato una principessa tedesca. Quest’unione che pur stranamente assortita, non era poi riuscita male, aveva prodotto due figli, dei quali, la femmina era diventata crescendo una piccola, procace bellezza. Non alta, dalle forme forse un po’ troppo piene, ma estremamente femminili, il viso dai lineamenti fini che ricordavano un poco quelli del defunto zio, pelle diafana che contrastava con il nero dei capelli, secondo la migliore moda del tempo, insomma, la giovanetta aveva tutto per far perdere la testa agli uomini.
Il primo a prendersi una cotta per lei era stato il cugino Luigi Napoleone, ma il giovanotto si era trovato invischiato in varie congiure ed era finito in gattabuia. Niente poteva far presagire che un giorno sarebbe diventato anche lui imperatore dei francesi e quindi per il momento il povero ragazzo era stato scartato come pretendente.
Oltretutto, Gerolamo Bonaparte era perennemente in bolletta a causa della vita dispendiosa e quindi, visto che l’aria parigina era diventata un po’ pesante per lui, si era deciso ad imbarcare tutta la famiglia e portarla a fare un giro in Italia. Arrivati a Firenze erano stati ospitati dal figlioccio di Gerolamo, un giovane russo, di grande ricchezza perché aveva ereditato una fortuna dal padre, incrementandola in modo vertiginoso.
La villa che suo padre aveva acquistato nella località detta di San Donato in Polverosa era stata da lui portata ad un livello di bellezza e di splendore che pochi potevano vantare.
Non era bello Anatolio Demidoff, ricordava un po’ i mugicchi, ossia i contadini russi, era anche un po’ grezzo e con modi spicci e poco raffinati ma si sa, quando si vuol sistemare una figlia, bellina quanto si vuole, ma povera in canna, non si può andar troppo per il sottile. Detto fatto, nel 1840 il fresco nobile russo chiede la mano della bella Matilde, mano che gli viene prontamente accordata e vengono celebrate le nozze fra i due giovani. Matilde non fa capricci, è una ragazza pratica lei e sa che due cuori ed una capanna è solo un’utopia da romanzetto.
Però, se è vero che il buon dì si vede dal mattino, qui le nubi la fecero subito da padrone.
Bella, colta, raffinata lei, rozzo e grezzo lui. In più maschilista sfegatato, non ne vuol sapere di mollare l’amante storica, ma in cambio si rivela ferocemente geloso della bella moglie e cerca di tenerla sottochiave. Insomma si comporta da quel parvenu (nella nobiltà essere gelosi non è bon ton!) che è e la corte toscana diventa un vespaio di pettegolezzi, perché la giovane coppia così glamour è sotto gli occhi di tutti. Oltretutto Matilde, con la sua classe e la sua cultura, ha offuscato la Granduchessa Maria Antonia di Borbone, bella sì ma rozza ed illetterata ed il confronto non va a suo favore.
Quindi la napoleonide è guardata storto e quando, così si sussurra, il principe Demidoff la scopre a farsi ritrarre in una scultura che riecheggia quello della compianta zia Paolina Borghese (a seno nudo per intendersi) e fa una scenata epica, distruggendo il busto incriminato, a corte si gongola. Matilde ne busca, il conte mugicco, non si perita di usare la frusta, ma non sta certo a prenderle; in fondo il sangue còrso ce l’ha pure lei e le ribolle. Firenze le è diventata stretta e con il pretesto di una visita allo Zar, suo parente per parte di madre, si reca in Russia ed al cugino regnante espone le sue lagne.
Lo Zar, che non deve avere simpatia per i parvenu, interviene e cerca di ricomporre la frattura, facendo una solenne strigliata al Demidoff ed invitandolo a rigare diritto. Lì per lì sembra che tutto vada liscio, ma Firenze, così provinciale e puritana, non è il posto adatto per una donna vivace come Matilde. Basta poco, un corteggiatore più insistente, una civetteria più spinta ed il russo torna ad alzare le mani, e la frusta, sulle candide spalle della moglie e stavolta lei, grazie all’aiuto del cugino Zar, ottiene la separazione definitiva dal brutale consorte.
La villa è bella, certo, le collezioni che ospita meravigliose, i gioielli che lei indossa sono l’invidia di tutte, ma non bastano a compensare certe mancanze. Così si fanno i bagagli, si saluta il non gradito consorte e si va a Parigi, ovviamente con i gioielli. Anatolio può strepitare quanto vuole, quelli non li rivedrà mai!
Si va a Parigi e si diventa una delle migliori saloniere della capitale e quando, anni più tardi, il cugino Luigi cingerà la corona imperiale, lei sarà una delle prime signore della corte, vivendo fino a tarda età.
E Anatolio? Anatolio ormai si porta dietro la fama di marito violento e… cornficato. Sprofonda nella malinconia e muore, senza figli, nel 1870. Dopo la sua morte la villa passa al fratello ed ai figli di lui, ma gli eredi iniziano a trascurarla, preferendo risiedere a Pratolino dove si sono fatti costruire una villa notevole.
Lasciata a sé stessa e gravemente danneggiata durante la Seconda Guerra Mondiale, pian piano di essa rimase ben poca cosa, diventando il triste relitto di un’epoca tramontata, della quale solo i vecchi favoleggiavano, rievocando le scuderie colme di purosangue, i ricevimenti da mille ed una notte ed altre meraviglie.
Oggi sono stati fatti dei tentativi di recupero ed una parte della costruzione è ormai adibita ad uso abitativo e lavorativo, ma del parco e del meraviglioso giardino all’inglese non rimane più traccia ed il poco che si è salvato è nulla rispetto a ciò che era.
Chissà se il fantasma di Matilde vi è mai tornato; forse sarebbe meglio di no, non riconoscerebbe più niente!