Il Circo
Il Circo
Ci siamo trovati all’ingresso, e i bambini mi guardavano stupiti perché sembrava loro strano ch’io mi trovassi lì, in tempo per entrare con loro nel circo affollato. C’era molta gente rumorosa e festosa, con tanti bimbi come loro, le illuminazioni natalizie brillavano nel buio con una sarabanda di intermittenze che metteva allegria e l’aria pungente di dicembre ci frizzava sulla punta del naso come il pizzicorino di una risata.
Quando ci siamo avviati all’ingresso, lungo il percorso che conduceva al grande tendone, ho scorto il visetto di Paolo che mi guardava dall’alto della spalla del babbo che lo teneva in collo, spostando la testolina quando qualcuno mi nascondeva alla sua vista e di quando in quando mi incitava: “Vieni, vieni!”, come temendo che io mancassi all’appuntamento festoso. Io affrettavo il passo dietro al suo invito e gli sorridevo di rimando.
Sotto il grande tendone l’aria era calda di luce e di folla. C’era un’animazione, un brusio, come sempre quando si attende eccitati che qualcosa abbia inizio. All’improvviso si è fatto silenzio perché le luci dirette sulla folla si sono spente e si sono invece accesi i fari ad illuminare la pista centrale: lo spettacolo stava per iniziare.
Caterina si è stretta alla mamma e al babbo, Paolo è corso da me, si è rifugiato nel mio abbraccio, ho sentito la sua aspettativa nel lieve tremito che mi trasmetteva attraverso i vestiti. Tutti gli occhi erano fissi alla grande apertura coperta da una tenda rossa dal cui spiraglio si era visto talvolta apparire un volto, una mano guantata, un braccio, che subito sparivano.
All’improvviso la tenda si apre ampia, e dal corridoio oscuro che si rivela al di là, come per incanto, una fila di cavalli bianchi irrompe sulla pista al suono di un motivo diffuso dagli altoparlanti.
I cavalli, dai grandi pennacchi che oscillano sulla testa, galoppano in tondo più volte, con ritmo gioioso, si fermano, girano su se stessi, poi riprendono la corsa sfrenata allo schiocco della frusta che il domatore gallonato fa scattare di quando in quando. Acrobati vestiti di colori sgargianti salgono e scendono agilmente dalla groppa di questi cavalli in corsa, girandosi verso i vari settori dell’arena si inchinano al pubblico che li applaude, scompaiono nell’apertura avvolti nei loro mantelli svolazzanti.
Le sorprese non sono finite. Una fila di elefanti con ricche gualdrappe fa il suo trionfale ingresso nella pista. Gli elefanti sfilano imponenti con la loro molleggiante andatura, alzano la proboscide prima di sollevarsi sulle zampe posteriori e fare qualche passo in quella posizione innaturale e proprio per questo stupefacente, le belle domatrici seminude si tengono con la schiena diritta sedendo tra le grandi orecchie dei bestioni mansueti e sorridono alla folla incantata.
Quando il corteo di elefanti esce di scena per lasciar posto ai pagliacci, questi irrompono letteralmente sulla grande pista tra gli scoppi di spari delle loro pistole finte che lanciano palline colorate o spruzzi d’acqua accuratamente evitati con ridicoli salti. Le scarpe enormi, i calzoni corti e larghi, le giacche multicolori, i grossi nasi lucidi e rossi, tutto in loro suscita l’ilarità.
Ma ecco il clou dello spettacolo! Gli acrobati entrano in pista correndo, le ragazze vestite succintamente con un’aderente calzamaglia rosata e accessori luccicanti, i ragazzi anch’essi in calzamaglia e costumi di raso. Tutti hanno lunghi mantelli di cui si liberano prima di affrontare il loro numero.
Salgono agilmente sulla fune che li porta in alto verso il trapezio che dondola pigramente sotto la grande cupola, illuminato dal faro di luce, e cominciano a volteggiare nell’aria come se fossero senza peso, come angeli terreni si librano in alto e scendono poi rapidamente, si staccano dalla pedana afferrando al volo il trapezio lanciatogli dal compagno, scivolano verso il basso rimanendo appesi per le caviglie, risalgono agilmente afferrando di nuovo la barra con le mani forti e sicure, dondolano seduti nel vuoto facendo larghi gesti alla folla per riceverne gli applausi. I bambini guardano stupiti, rimangono col fiato sospeso quando vedono gli acrobati volare in aria, battono le mani quando l’applauso della folla scoppia alla fine del numero. Gli acrobati escono correndo come erano entrati, scompaiono al di là della tenda rossa, sono inghiottiti dal buio.
Nell’intervallo dello spettacolo, aderendo ad un invito diffuso dagli altoparlanti, i bambini visitano lo zoo ambulante che sempre segue il circo nel suo girovagare da una città all’altra quindi veniamo richiamati alla grande pista che nel frattempo è stata recintata con una spessa rete con un corridoio, anch’esso isolato dal pubblico, da cui entreranno i leoni e le tigri che prima avevamo ammirato mentre aspettavano il loro turno nei loro alloggiamenti dello zoo.
Caterina e Paolo guardano senza paura le manovre del domatore che a suon di frusta fa salire e scendere le belve dagli alti sgabelli posti in cerchio sulla pista. I leoni ruggiscono, le tigri soffiano minacciose, ma il domatore nella sua livrea dai bottoni dorati non sembra preoccuparsene, continuando ad intimare ordini perentori. Talvolta le fiere sembrano non voler obbedire, alzano la zampa come a volerlo aggredire, rimangono ferme sui loro sgabelli scuotendo la grossa testa come a negarsi, poi però cedono e docili scendono, saltano nel cerchio predisposto per quell’esercizio, risalgono dove viene loro indicato dal domatore.
Lo spettacolo ora volge alla fine. Ancora un giro dei cavalli e ancora musica mentre tutto il personale del circo sfila festosamente salutando la folla.
Usciamo scendendo piano le gradinate di legno scricchiolanti e poi fuori, stanchi ma felici, con ancora negli occhi la magia dello spettacolo del circo.