Accade oggi,La Firenze dei Fiorentini

Quando un gioco diventò storia

«Calcio è un gioco di palla al quale, anche in passato, partecipavano per diletto due schiere di giovani intenti a cercare di far passare oltre la delimitazione finale del campo avversario, un mediocre pallone fatto di stracci oppure composto da un involucro imbottito di fieno, paglia, capelli o piume e in tempi meno remoti, nella maggior parte dei casi, da una vescica animale gonfia d’aria e ricoperta di morbida pelle cucita a spicchi per ricavarne la rotondità.

Secondo l’antica tradizione il “gioco del calcio” è nato sulla cara, felice, inclita riva dell’Arno e soltanto dopo secoli è trasmigrato su quella del Tamigi dove, mutato il nome in Foot-ball (gioco della palla a piede) e affinate le regole, ha conseguito quella fama adesso universalmente riconosciutagli

Luciano Artusi

Piazza Santa Croce è grandissimo rettangolo regolare, tanto che nel Rinascimento era luogo ideale per feste, spettacoli, giostre cavalleresche e gare popolari, come quella del Calcio in Costume, di cui ancora oggi è teatro ogni giugno (pandemia a parte!). 

Qui, dinanzi alla facciata di una tra le più belle chiese fiorentine – mentre la città era assediata da truppe francesi – il 17 febbraio 1530, fu disputata la prima e più memorabile delle partite.

L’assedio di Firenze aveva rappresentato l’ultimo atto dell’imposizione del predominio imperiale in Italia per opera di Carlo V d’Asburgo. Avendo piegato le ultime resistenze alla sua politica egemonica col sacco di Roma e la resa di papa Clemente VII alla cui signoria Firenze si era ribellata, per giunta con lo scopo di contentare il nuovo alleato facendosi perdonare l’inaudito attacco al papato, Carlo V doveva – seppur con scarso entusiasmo – adattarsi a ristabilire la famiglia Medici sul trono ducale.

Pertanto, dopo alcune battaglie di avvicinamento, le truppe imperiali iniziarono l’assedio della città il 14 ottobre 1529; la feroce quanto inaspettata resistenza della ricca città e di alcune fortezze del contado, la durata dell’assedio, la morte in battaglia di alcuni tra i migliori comandanti dell’esercito imperiale, il timore che le gesta dei difensori ispirassero altre città alla ribellione, indussero però gli assedianti ad intavolare delle trattative per  ottenere una resa onorevole che escludesse il saccheggio e la sottrazione di territorio al governo cittadino.

Della difesa della città fu incaricato in qualità di capitano generale Malatesta IV Baglioni il quale, più che a tutelare Firenze, mirava principalmente ad ingraziarsi il papa per tornare in possesso della città di Perugia.

Probabilmente, per raggiungere il suo  scopo, egli arrivò addirittura a tradire il prode capitano Francesco Ferrucci  nella Battaglia di Gavinana (avvenuta nel 1530), mediante la spada di tale Fabrizio Maramaldo. 

Infatti, mentre la guerriglia incombeva, il condottiero napoletano trafisse a morte il suo prigioniero, sebbene non ce ne fosse alcuna necessità in quanto il capitano era già gravemente ferito e risultava ormai inerme. La morte del prode capitano fu anche causa della disastrosa sconfitta che subirono le truppe fiorentine disposte nelle vicinanze della città.

Estromesso dal comando in quanto oramai vi erano forti dubbi sulla sua condotta, il Baglioni si ribellò e messosi alla testa di una piccola pattuglia di imperiali, si introdusse entro le mura per conquistare Porta Romana e quindi, voltò addirittura le artiglierie verso la città. 

Purtroppo, i fiorentini non reagirono  in maniera compatta perché ormai il popolo era diviso fra chi voleva continuare la difesa della repubblica e chi invece preferiva il ritorno dei Medici. Pertanto, per porre fine alle azioni belliche in corso ormai da oltre un anno, fu deciso  di accettare la resa con onore.

L’accordo tra i principali rappresentanti dei due eserciti venne firmato il 12 agosto 1530 presso la chiesa di Santa Margherita a Montici

Il nostro popolo aveva vissuto lunghi mesi tra guerriglie, tradimenti, disperazione e morte. Eppure non si era mai dato per vinto. Addirittura, sebbene stremato nelle forze e nell’animo, si racconta che non avesse voluto neppure rinunciare ai festeggiamenti del Carnevale e, in segno di sfida verso gli assedianti, si fosse impegnato anche a organizzare una partita in piazza, di modo che essa risultasse ben visibile anche alle truppe nemiche, che se stavano accampate sulle colline circostanti.

Fu così che mentre la città era pressata dal nemico, il 17 febbraio 1530 -a scherno degli assedianti- fu giocata una storica partita da parte di 54 nobili fiorentini i quali si affrontarono tra loro al fine di dimostrare la superiorità dei cittadini ai pur soverchianti assedianti. 

Giocarono quella partita i Bianchi di Santo Spirito che rappresentavano la purezza e i Verdi di San Giovanni che rappresentavano la speranza. 

Il risultato non venne mai riportato, ma poco importava ai fiorentini tutti di un punteggio! 

E questo non è tutto: per farsi ancor più beffa del nemico, un gruppo di musici si mise a suonare lietamente sul tetto della chiesa di Santa Croce e lo fece fino a quando una palla di cannone non fischiò proprio sopra le loro teste, finendo la sua parabola mortale oltre la sacra fabbrica! Per fortuna non ci furono feriti, né danni. Al contrario, la folla applaudì in segno di scherno al suono degli squilli di tromba. 

Proprio vero….quando si dice lo spiritaccio fiorentino!

Ovviamente, quell’evento tanto straordinario non fu più dimenticato e, a far data da allora, viene rievocato ogni anno, di secolo in secolo, con il nome di Calcio Storico Fiorentino o anche Calcio in livrea o Calcio in costume.

Ecco perché a giugno si svolge sempre un torneo tra le squadre dei quattro quartieri storici in cui Firenze è divisa.

Ognuno di essi ha un proprio colore e prende il nome da un luogo di culto presente sul territorio: Santa Maria Novella (Basilica di Santa Maria Novella) rappresenta il territorio del quadrante nord-ovest della città, il suo colore è il rosso.  A San Giovanni (Battistero di San Giovanni), appartiene invece il territorio del quadrante nord-est della città, il suo colore è il  verde.  Poi c’è Santo Spirito (Basilica di Santo Spirito), che indica il territorio del quadrante a sud-ovest della città. Il colore, come dicevamo poc’anzi, è il bianco. Infine Santa Croce (Basilica di santa Croce), che insiste sul territorio del quadrante sud-est della città; il colore è azzurro. 

Questa conformazione amministrativa verrà mantenuta per un lunghissimo periodo, ma poi, con il tempo i Gonfalonierati perderanno sempre di più potere a favore dei quartieri, in particolar modo con l’avvento del principato mediceo. Infatti, sotto il Granduca Leopoldo una nuova suddivisione amministrativa in terzieri prenderà luogo e durerà fino alla fine del Granducato di Toscana.

Proprio così, come sosteneva il saggio Socrate «Tutto scorre e niente rimane immobile». Eccezion fatta- per fortuna-  per il nostro Calcio storico e i suoi calcianti di quartiere i quali, con immutato accanimento, continuano ogni anno a mantenere viva la tradizione del nostro gioco, sfidandosi nella storica sede di piazza  Santa Croce. 

Perché Firenze e i fiorentini, credetemi…. non li ferma proprio nessuno!

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Barbara Chiarini

Barbara Chiarini nasce a Firenze nel 1967. Laureata in Architettura con indirizzo storico-restauro e conservazione dei Beni Architettonici, si ritiene un architetto per professione, una scrittrice per passione, ed una fiorentina D.O.C. Autrice del libro “Per le Antiche Strade di Firenze”, “Una finestra affacciata dull’Arno” e “Su e Giù per le strade di Firenze”, ella è anche la fondatrice nonche’ uno degli Amministratori di questo Blog.

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m200899

Articolo molto interessante, mi ha permesso di avere informazioni che non sapevo. La citazione attribuita a Socrate credo non sia esatta. Attribuita a Eraclito sembra invece che sia stato Platone nel “Cratilo” a scrivere che Eraclito: “dice che tutto si muove e nulla sta fermo” in contrapposizione all’immobilismo di Parmenide.

Ugo

La storia di Firenze è sempre un vaso di Pandora piacevole nel mostrare orgoglio ed esempi passati di una REPUBBLICA.
Oggi e sempre più dobbiamo trarne ispirazione e insegnamento i tempi lo esigono.
Ad maiora semper.

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