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La congiura dei Pazzi

Personaggi d’eccezione, trame politiche internazionali che riguardavano gli equilibri internazionali della penisola, immense ricchezze, potere, prestigio, famiglie legate da amicizie e rancori di lunga data. Tutto questo e molto altro ancora fu alla base di una delle più note congiure attuate in epoca rinascimentale.

Al centro di tutto le più potenti gentes di Firenze, famiglie e casati che si contendevano il primato sulla città che, al tempo, era uno dei centri urbani più importanti d’Europa: i Medici e i Pazzi.

I primi erano diventati i virtuali signori della città da circa tre generazioni, con il nonno di Lorenzo de’ Medici, Cosimo. Venuti su dal nulla, erano una casata che si era fatta da sé, diventando immensamente ricca grazie all’attività bancaria, che aveva raggiunto il culmine quando la Banca Medici era diventata titolare dei conti della Santa Sede, cosa che garantiva loro non solo immensi guadagni, ma anche un indiscusso prestigio.

Nel 1469, alla morte del padre Piero il Gottoso, gli succedettero nella guida dell’istituto di credito (e, de facto, di Firenze) i figli Lorenzo e Giuliano, rispettivamente di 20 e di 16 anni. Un po’ come Ottaviano Augusto aveva fatto quindici secoli prima, colui che passerà alla storia come “Il Magnifico”,  nonostante la giovanissima età,  non si sottrasse alla competizione politica. E proprio come il primo principe di Roma, anch’esso mostrò somma saggezza nell’ accontentarsi di gestire la politica interna ed estera della sua città senza mai ricevere incarichi diretti, riuscendo nell’ardito intento di controllare tutte le magistrature e i punti chiave attraverso i suoi uomini di fiducia.

Ad opporsi a questo che, per quanto ovattato, era comunque una qualsorta di regime, stavano però i Pazzi, una famiglia di banchieri anch’essa, ma con trascorsi nobiliari che li facevano sentire socialmente superiori rispetto ai pervenu medicei.

Ecco perché, nella decina di anni che separano l’ascesa dei due enfant prodige fiorentini alla congiura, intorno ai Pazzi si andarono pian piano a compattare tutta una serie di forze che spingevano per un mutamento degli equilibri in città.

Primo tra tutti, il papa Sisto IV della famiglia Della Rovere, che ambiva ad estendere la sua influenza sulla città, piazzandoci uno dei suoi tanti parenti. Ovviamente oltre la politica, poi, c’entrava anche la borsa: grazie all’incameramento delle ricchezze della scomparsa famiglia egli puntava a rimpinguare le esauste casse vaticane, dissanguate dalle sue spese per l’abbellimento della città di Roma e della Bibliotheca Apostolica.

Lorenzo e Sisto erano entrati in conflitto diverse volte in quegli anni. Il pontefice, infatti, aveva tolto ai Medici l’amministrazione delle sue finanze, passandole ai Pazzi. Di contro, il primo aveva ostacolato l’espansione dello Stato della Chiesa sia in Toscana che nelle Legazioni, vietando alle banche fiorentine di prestargli il denaro per l’acquisto della strategica città di Imola (che verrà fornito, invece, proprio dai Pazzi, in spregio alle sue direttive).

Ma l’episodio scatenante che portò alla congiura fu la conseguenza di un’azione che Lorenzo intese compiere quasi ai limiti del legalmente consentito: mi riferisco al fatto che nel 1477 egli aveva fatto promulgare una legge retroattiva per evitare di far entrare nella disponibilità della famiglia Pazzi una ricchissima eredità che avrebbe accresciuto la loro capacità di opporsi al suo predominio “velato” su Firenze. 

Lorenzo de’ Medici, Il Magnifico

A questo fatto si era poi unito il già citato prestito di 30.000 ducati al papa per l’acquisto di Imola, la qualcosa aveva portato pressochè al punto di rottura il rapporto tra le due potenti casate.

Fu così che Jacopo e Francesco de’ Pazzi decisero che l’arroganza e la prepotenza dei Medici andasse estirpata alla radice, eliminando fisicamente la loro discendenza  dalla faccia della terra. 

A loro si unirono tutta una serie di persone che, per offese dirette o per calcolo, vedevano con favore la rovina di questi ultimi. Ad esempio, oltre a Sisto IV (il quale sostenne a livello esterno il complotto), un ruolo parecchio attivo venne giocato anche dall’arcivescovo di Pisa Francesco Salviati, il quale si era visto sottrarre la più prestigiosa sede di Firenze assegnata invece ad parente di Lorenzo, Rinaldo Orsini. Come braccio armato, a questi si aggiunse un condottiero mercenario, tale Giovanbattista Montesacco, incaricato di organizzare le forze militari del golpe.

Intorno allo Stato Pontificio si unirono anche la Repubblica di Siena, che temeva le ambizioni espansionistiche della Firenze medicea, il Re di Napoli (nella speranza di scardinare l’alleanza tripartita forgiata da Lorenzo con Milano e Venezia, che lo indeboliva sull’Adriatico), e anche il duca di Urbino Federico da Montefeltro, il quale invece ambiva ad espandersi verso Arezzo.

Quest’ultimo avrebbe fornito 600 soldati ai congiurati, che si sarebbero aggiunti alle truppe di Girolamo Riario (nipote del papa, signore della Imola recentemente acquistata grazie al prestito dei Pazzi e capitano generale della Chiesa) che, nei piani dell’alleanza segreta, sarebbe diventato il governatore della città sotto l’alta tutela del pontefice.

L’ultimo tassello che frenava i loro piani fu la morte, avvenuta nell’agosto 1477, dell’influente cardinale camerarius Latino Orsini, zio della moglie di Lorenzo, Clarice, che sicuramente avrebbe costituito un ostacolo per il concretizzarsi della congiura contro suoi protetti.

Tutta la trama venne predisposta per scattare nella primavera dell’anno successivo. Al centro di tutto vi era la necessità di eliminare contemporaneamente entrambi i fratelli, in modo da azzerare la possibilità di rivalsa della famiglia Medici, a cui sarebbe stata letteralmente tagliata la testa, annientando l’intera stirpe.

Per tale motivo il primo tentativo venne pianificato per il 25 aprile dell’anno domini 1478, e consisteva nell’incruento ma efficacissimo avvelenamento di entrambi durante un banchetto che si sarebbe tenuto presso la Villa Medici di Fiesole, organizzato in onore della visita del neoeletto cardinale Raffaele Riario (un altro nipote del papa Sisto appena diciottenne, con buona probabilità inconsapevole di essere strumento di una congiura).

Ben diversa era la posizione del suo parente, Girolamo Riario, che insieme a Jacopo de Pazzi si era assunto l’onere di versare il farmaco mortale (arsenico o canterella, un suo derivato) nelle coppe o nel cibo di Lorenzo e Giuliano. Qui, però, scattò il primo intoppo. Giuliano, infatti, quella sera risultava indisposto e perciò i congiurati dovettero rimandare.

Non avendo più tempo, visto che le truppe pontificie si erano già messe in moto, si decise per l’impensabile: un attacco con spade e pugnali durante la messa di Pasqua, che si sarebbe tenuta la mattina dopo presso il Duomo di Santa Maria del Fiore, nel cuore della città.

So che non si dovrebbe mai fare un ragionamento con il senno di poi, soprattutto quando si parla di storia. Ma personalmente considero questa scelta come uno degli elementi decisivi (insieme a qualche altro punto che vedremo a breve) per il fallimento dell’intera azione volta al mutamento di regime in Firenze.

Come speravano di giustificarsi i golpisti di fronte alla cittadinanza in relazione ad un atto così efferato?

Va bene che la città era molto aperta di vedute, ma un duplice assassinio a tradimento posto in essere in pubblico davanti a centinaia di testimoni in spregio al duplice sacro vincolo protettivo delle mura di una chiesa e del giorno della resurrezione del Cristo sarebbe difficile da digerire persino ai giorni d’oggi.

Tale scelta estrema, infatti, fece già la sua prima defezione: il condottiero Montesacco evidenziò questi punti, ammonendo che un tale atto sarebbe risultato vile e odioso per tutti, rifiutandosi di compiere un gesto simile. Era pronto ad uccidere i Medici senza alcuna remora, se ben pagato, ma non mettendosi contro il Signore.

Questa scelta comportò la necessità di reclutare nel breve volgere della notte due nuovi sicari, che vennero individuati nei preti Stefano da Bagnone e Antonio Maffei: due  figure che non valevano neanche la metà di Montesacco, come poi dimostreranno ampiamente i fatti passati alla storia.

Incuranti delle raccomandazioni del capitano mercenario, Jacopo e Francesco de‘ Pazzi decisero che il momento era giunto, e con Bernardo Bandini (un mercante in rovina che si era offerto di aiutarli nell’assassinare Giuliano) andarono a prendere quest’ultimo fino a casa sua (era ancora indisposto) e lo condussero, come novelli Giuda, fino al Duomo. Le cronache riportano che trovarono una scusa per abbracciare il giovane Medici, per verificare che non portasse una cotta di maglia sotto le vesti a scopo protettivo. Per sua sfortuna, proprio a causa della sua convalescenza questi era uscito sprovvisto sia di quella che della spada.

Il resto è storia: al momento dell’eucarestia, negli attimi più sacri e degni di significato della Pasqua, con il giovane cardinale Riario girato di spalle rispetto ai fedeli e tutti inginocchiati con il capo chino in segno di rispetto e raccoglimento, gli assassini scattarono: Bandini e Francesco de Pazzi di avventarono sul povero Giuliano, colpendolo per ben 19 volte al corpo e al capo, sfigurandolo orribilmente. Nel furore omicida il Pazzi giunse perfino a ferirsi da solo ad una gamba, cosa che lo mise fuori gioco nella caccia a Lorenzo.

Sconvolti dal sangue e da quell’esplosione di violenza, i fedeli scoppiarono in grida isteriche e scapparono in tutte le direzioni, aumentando il caos. Fu quello, oltre che l’inettitudine dei due preti prestati all’opera di morte, a salvare Lorenzo. Ferito di striscio al collo, ebbe la prontezza di riflessi di arrotolarsi il mantello sul braccio a mo’ di scudo e di estrarre la spada, con la quale seppe tenere lontani i suoi assassini in quei pochi, decisivi istanti in cui i suoi amici, alleati e guardie del corpo poterono stringerglisi intorno come un muro che lo condusse fino alla sagrestia, dove si barricarono in attesa di rinforzi.

Nel frattempo, l’arcivescovo Salviati portava già avanti la seconda fase del piano, ovvero prendere il Palazzo della Signoria – il cuore civico di Firenze – da cui avrebbe annunciato trionfante il cambio di regime sotto l’alta protezione del papa Sisto. Per fare ciò doveva eliminare la massima carica politica della città, il gonfaloniere di giustizia Cesare Petrucci, uomo di fiducia e alleato dei Medici.

Il suo tentativo si risolse in un ennesimo fiasco. Petrucci dimostrò una certa abilità nel leggere le persone, perché alla richiesta di Salviati di un colloquio privato per riferirgli delle offerte del pontefice egli scorse una trappola. Chiamò quindi le guardie e, munito di uno spiedo da cucina come sola arma, si barricò nella torre più alta del palazzo, da cui fece suonare le campane per chiamare alla raccolta il popolo contro i golpisti.

In quel momento giunse nella piazza lo stesso Jacopo de Pazzi che, ignaro del fatto che Lorenzo fosse sopravvissuto, iniziò a gridare “Libertà!” e “I tiranni sono morti”. La folla, però, molti dei quali giungevano dal Duomo e avevano visto come si erano svolti i fatti, non reagì come i congiurati si erano aspettati. Alle parole di “Palle! Palle” (che erano parte delle decorazioni dello stemma familiare dei Medici) i cittadini iniziarono ad attaccare tutti coloro che, a torto o a ragione, vennero considerati parte dell’attentato.

Le prime vittime furono proprio i Pazzi, che avevano erroneamente creduto di poter contare sul sostegno popolare. I Medici, invece, colsero i frutti di decenni di buongoverno e di investimenti nell’abbellimento, nella cura e nell’arricchimento di Firenze. I palazzi degli assassini vennero presi d’assalto e saccheggiati. Francesco, che aveva infierito su Giuliano, venne quasi linciato e poi impiccato insieme all’arcivescovo Salviati. Anche i due preti che avevano attaccato Lorenzo subirono la stessa sorte.

Jacopo tentò di scappare dalla città, ma venne riconosciuto, catturato e rispedito dentro le mura, dove venne appeso insieme agli altri. Montesacco, sia perché aveva evitato di colpire in chiesa sia perché decise di confessare tutti i dettagli della congiura, ebbe l’onore di una morte da soldato, venendo soltanto decapitato.

Bernardo Bandini, il primo ad aver colpito Giuliano nel Duomo, riuscì a trovare scampo fuggendo fino a Costantinopoli, presso la corte del pâdişah ottomano Mehmet II. La vendetta di Lorenzo, però, non conosceva confini e, dopo una breve trattativa, se lo fece riconsegnare per poterlo impiccare il 29 dicembre del 1479, al pari dei suoi sodali. L’episodio venne eternato da uno schizzo dello stesso Leonardo da Vinci, testimone oculare del fatto.

I Pazzi vennero tutti arrestati o esiliati e i loro beni confiscati. Alle condanne seguì la damnatio memoriae. Si proibì che il loro nome comparisse sui documenti ufficiali e vennero cancellati dalla città tutti gli stemmi di famiglia, compresi quelli impressi sui fiorini coniati dal loro banco, che vennero fusi.

Risolti i problemi interni, con la città pienamente nelle sue mani e la sanguinosa pulizia di tutta la fazione avversa, Lorenzo dovette spendere i due anni successivi nel venire a capo dei veri mandanti del tentativo di cambio di regime. Lorenzo sfruttò il denaro ma anche l’arte per pacificarsi con i rivali, inviando artisti e intellettuali a Roma e a Napoli come ambasciatori, mentre ristrutturava l’intero sistema istituzionale della sua città in modo da mettere nero su bianco, una volta per tutte, il suo posto di guida indiscussa dei destino di Firenze e di “ago della bilancia” politico per gli equilibri dell’Italia intera, ruolo che ancora oggi gli viene riconosciuto assieme a quello di supremo mecenate e scopritore di artisti che hanno reso celebre il Rinascimento italiano nella storia del mondo.

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Barbara Chiarini

Barbara Chiarini nasce a Firenze nel 1967. Laureata in Architettura con indirizzo storico-restauro e conservazione dei Beni Architettonici, si ritiene un architetto per professione, una scrittrice per passione, ed una fiorentina D.O.C. Autrice del libro “Per le Antiche Strade di Firenze”, “Una finestra affacciata dull’Arno” e “Su e Giù per le strade di Firenze”, ella è anche la fondatrice nonche’ uno degli Amministratori di questo Blog.

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Law john

Sempre affascinante questo pezzo di storia,grazie Barbara!!!

Beatrice Bryan

5 stelle anzi 10! Come ci sarebbe bisogno di un altro Lorenzo nella Firenze d’oggi!

Ugo Arrighetti

Bellissima e oggettiva descrizione dell’evento.
I Pazzi erano in competizione con i Medici e ambedue si adopravano a danneggiarsi, unico errore avere agito nella cattedrale, il resto era cosa normale per il “potere”.

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