Natale a Firenze
«Firenze a Natale, come non si era mai vista!»
Potrebbe essere un ottimo, seppur scontato, slogan promozionale per una delle città più belle del mondo.
Ma per me Firenze con quel suo centro deserto e silenzioso, in questi tre giorni di festa afflitti dal Covid, suscita soltanto un gran senso di desolazione, che annulla qualsiasi spunto di meraviglia, mentre cammino intirizzita nel vento gelido di Santo Stefano. Perché non c’è memoria di Firenzecosì, senza turisti all’assalto, sotto le luminarie di dicembre, prima dei lockdown datati 2020. Ma anche perché il centro storico non vive più da tanto tempo di persone che vi abitano.
Questo vuoto da pandemia ha sortito anche l’effetto di una cartina al tornasole che dice, pane al pane e vino al vino, quello che Firenze oggettivamente è.
Si, dobbiamo ammetterlo perché sta divenendo un dato di fatto che ormai, il resto della città se la gioca e vince facile sul centro storico in quanto a vitalità; non perché chi abita nei quartieri di Gavinana o di Novoli, oppure di Coverciano o di Rifredi sia più intraprendente o sia animato da una più forte solidarietà con i propri vicini di casa, ma semplicemente perché sono rimasti quelli i quartieri che fanno maggiormente pulsare la città di vita vera.
Insomma, i fiorentini, quelli doc, adesso li trovate lì. La maggior parte delle botteghe, anche. Anno dopo anno, strada dopo strada, appartamento dopo appartamento, il centro è divenuto terra di conquista degli affitti turistici, a Firenze come nelle altre città d’arte: niente di diverso da quel che sta accadendo nel resto d’Italia. È che il problema si sta facendo cronico e le soluzioni efficaci al fine di arginarne l’espansione per incentivare i fiorentini a tornare a vivere in centro, sono invece ancora in gran parte dall’essere trovate, per i nostri governatori.
Ah! Se ci fossero ancora i Medici!
Il dilagare degli Airbnb insieme ai mille punti di ristoro nati, cresciuti e consolidati nell’era pre Covid, è come un’altro genere di epidemia veramente difficile da limitare, soprattutto da regolarizzare.
È logico, del resto gli interessi sono contrapposti: da una parte ci sono i cittadini che giustamente intendono mettere a reddito le loro proprietà immobiliari, dall’altra la città storica si adopera per garantire introiti a molti. Ma, senza veri abitanti a popolare il centro, non si può continuare ad andare avanti: Firenze sta vivendo una lenta agonia, come un malato terminale.
Mediare non è semplice, ma non è più possibile rinviare. Dobbiamo renderci conto che la qualità della vita cittadina passa molto da qui e il compito di immaginare una Firenze che cambia e che cresce in vivibilità, spetta a chi ci amministra. Il centro storico – come ci ha mostrato senza filtri il periodo delle chiusure forzate anti contagio, ancor di più per queste feste – è lì, davanti ai nostri occhi, magnifico e vuoto nella sua desolazione e, come sostengono in molti fiorentini, chiede di essere aiutato a ritrovare la sua anima!
( scusate lo sfogo!)