Le vostre storie,Racconti

La mia campagna

Il ritorno 

Ultimo episodio 

Passarono ancora moltissimi anni e, nel 1995, ho sentito un’altra fitta di nostalgia.

Dovevo tornare, ma non all’improvviso, mi dovevo organizzare, dovevo prendere un preciso appuntamento con i proprietari o con il custode, dovevo oltrepassare il muro del mistero, vedere com’era la casa, se c’era ancora la palma, dovevo, soprattutto, tornare alla fossa!

Per telefono ho conosciuto dalle Seri il nome della nuova proprietaria. Sì, c’era in quel momento. Ma si sarebbe trattenuta ancora? Probabilmente sì perché ci viveva per gran parte dell’anno. Che fortuna! Ho telefonato alla signora. Mi ha detto che la palma c’era ancora, e anche l’alloro! E ci siamo date un appuntamento.

Così sono partita emozionatissima, con figlia, genero e nipotina. Già subito dopo S. Vincenzo, ho provato un senso di disorientamento. Che strada stavamo percorrendo? Alla mia destra vedevo l’Aurelia, a me così familiare, tra due fila di alberi, con i suoi bei casali ai lati, i casali del Conte, tutti dedicati a qualcuno della famiglia dei Gherardesca. Ecco il podere “Conte Gaddo”, quello “Contessa Margherita” , quello dove abitava il cavalier Merlini! Ma allora la strada sopraelevata sui piloni che stavamo percorrendo che strada era? Come si chiavamava? Aurelia bis? Superstrada? A confondermi ancor più le idee ecco un megasvincolo con la segnalazione di varie direzioni: Castagneto, Donoratico, Bolgheri, Marina di Castagneto.

Marina… L’ho rivista, brulicante di folla, soprattutto di giovani, ingolfata di macchine di tutte le nazionalità, la pineta occupata in gran parte da un grandioso Luna Park ed in parte invasa da ville e villette. Come dimenticare il romantico silenzio di quella selvaggia pineta, allora pressoché inviolata! Ho voluto rivedere anche l’albergo “I Ginepri” che per fortuna c’è sempre, un po’ invecchiato…

La strada indicata per raggiungere il paese non è quella a sud della stazione, che prendevamo di solito, venendo da Roma, ma quella a nord, che passa dalla località “Il Bambolo” (ed ho ripensato a mio nonno). Proseguendo verso i tomanti che conducono a Castagneto ho notato molti cambiamenti anche nella viabilità: gli incroci non sono più “a raso” ma canalizzati e la Via Bolgherese è stata asfaltata.

Entrando in paese e seguendo un breve percorso obbligato ho potuto constatare solo che il Borgo è pedonalizzato e non ho avuto tempo di rivedere nient’altro. E poi ancora oltre, verso la mia collina. Lavori in corso al Castello di Segalari. Che cosa ne intenderà fare il “Conte”? Speriamo che il vecchio Castello, già degradato a casa colonica, non finisca col diventare l’ennesimo Ristorante! Le due case dei Guazzelli sono state ristrutturate con molto buon gusto e rispetto per l’ambiente. Al Crocino, nella casa della Maggi c’è un Ristorante (vi abbiamo mangiato delle ottime pappardelle con il sugo di cinghiale). Pochi passi più in là, nella casa dei Serni ce n’è un altro (ma questo c’era già negli anni Sessanta, se non mi sbaglio).

La casa di Castagneto, di proprietà del “Conte” (Manfredi della Gherardesca))

Pensierino strada facendo: speriamo che la “mia” casa resti sempre una vera casa, abitata ed amata e non si trasformi anch’essa in un Ristorante! Sorpresa: un cassonetto della spazzatura al Crocino! Ma allora qui non siamo più in campagna!

Infine eccoli lì: il Muro ed il Cancello, degni della lettera maiuscola per tutto quello che hanno rappresentato, negli ultimi anni, nella mia fantasia. Mi batteva il cuore quando il cancello si è lentamente dischiuso. Ho cercato la Palma (anche lei merita la maiuscola).

C’era. C’è. E’ sempre il mio Poggio! Sono rimasta li circa due ore, girando freneticamente dentro e fuori, come una marionetta impazzita. Io chiedevo: “Che cosa c’è qui ora?”. E la signora chiedeva: “Cosa c’era qui, prima?”

Sono anche scesa alla fossa… In-cre-di-bi-le: con la Panda 4×4!!

Da quest’ ultimo pellegrinaggio sentimentale sono tornata soddisfatta. 

La casa è sempre quella, non è stata demolita, non è stata ricostruita e non è la villa di vetro che paventavo.

Mantiene sempre un aspetto rustico ed è sempre rosa. Anzi adesso la chiamano addirittura “la casa rosa”. Mai chiamata così ai miei tempil E’ comunque “riconoscibile”, nel senso che, sotto sotto, riesco ancora a vederci la mia casa.

Sì, d’accordo, è stata modificata, la parte anteriore è stata avanzata perché quella che era la scala esterna ora si trova all’interno, ed è stato aggiunto un portico che corre lungo la facciata e lungo il lato nel quale si trovava il nostro appartamento. Peraltro il retro, dove il terrazzo, seppure ampliato per ingrandire la sottostante cucina, è stato mantenuto, non appare molto diverso da prima. C’è perfino ancora la cisterna ma, sul muro della casa, di fronte ad essa, non si vede più la sventagliata di pallini (la fucilata di papà contro i paperi) perché proprio in quel punto è stata aggiunta una piccola costruzione.

All’interno, la parte che costituiva l’appartamento padronale ha mantenuto molte delle sue caratteristiche, Ma dove c’era la nostra camera da letto ora c’è un enorme e modernissimo bagno (e in tutta la “villa” ora ce ne sono altri sei…). La porzione di fabbricato che prima era riservata ai coloni è stata, invece, articolata in modo del tutto diverso, probabilmente per sfruttare al massimo il grande spazio della cucina (o pista da ballo..) di cui non resta traccia. Non ho prestato soverchia attenzione alla piscina. Che importa la piscina quando il mare è tanto vicino ora che ci sono le strade asfaltate?

La palma si è alzata enormemente e l’alloro è divenuto più alto e più folto. Non c’è più il mio melo, né il pero, né il mandorlo, né il nespolo né il giuggiolo né la pergola. E non mi sembra di aver visto nemmeno gli oleandri. Ma ora il giardino è veramente un giardino, non è più una foresta. Ed infatti è sparito anche il leone di coccio rosso. Bellissimo è il prato verde, inframezzato di alberi e cespugli che ha preso il posto della strada e dell’aia.

Ma non ci sono più i fichi ed i ciliegi, come non c’è più il noce “tana liberatutti?. Chissà se tutti questi alberi scomparsi sono stati abbattuti dai precedenti proprietari o se sono morti di morte naturale.

Interessante e simpatico è lo spazio riservato alle piante aromatiche, una specie di piccolo “Giardino dei Semplici”, molto ben tenuto anch’esso.

Confortevole, anzi addirittura “cittadino”, l’arredamento interno e, particolarmente 1 salone che prende lo spazio già occupato dal nostro piccolo soggiorno e… dalla stalla! Si vede e si sente che quella casa è vissuta ed amata.

Certo qualche delusione c’è stata. Tutto il podere è incolto, ma chi lo potrebbe ormai coltivare? Gli ulivi mi sono sembrati meno numerosi di una volta. Piccoli tralci di vite sbucano misteriosamente dovunque, anche nei pressi di casa dove la vigna non c’è mai stata. La vigna vera, invece, non c’è più, anzi non c’è più nemmeno la “fossa” come la intendevamo noi. La strada per scendervi è quello “scatrafosso” di sempre ma la striscia di terreno, là in fondo, è talmente piena di vegetazione, è divenuta un tale serpaio che non si riesce nemmeno più a capire che si tratta di un terreno pianeggiante. La fossa vera e propria non ha più un goccio d’acqua. Forse si tratta di un fenomeno stagionale e non definitivo ma, a dire il vero, io non l’avevo mai vista così completamente asciutta, nemmeno nei periodi di maggior siccità. A vederla così non sembra nemmeno più il letto prosciugato di un piccolo corso d’acqua ma un qualsiasi viottolo alberato.

Nella casa, invece, la cosa che mi ha negativamente colpito non è stato, strano a dirsi, il porticato, che, in fondo, è l’elemento più estraneo a quei luoghi, ma il terrazzino sul giardino, quello che era il mio piccolo terrazzino con la ringhiera di ferro dal quale, nelle giornate limpide, vedevo le isole dell’Arcipelago Toscano. Ora è molto più grande, in muratura e si appoggia sul tetto del portico sottostante, sporgendosi molto più in avanti quasi a toccare la palma. Guardando la casa da quel lato se ne riporta un senso di pesantezza e di disarmonia. Era meglio lasciarlo com’era quel terrazzino, dico io. Ma Pattuale proprietaria si spinge oltre. Era meglio lasciare esternamente tutta la casa com’era, dice lei. Che non ha nessuna colpa, perché la casa l’ha trovata così.

Sono stata anche a trovare le “bimbe del Serni”. La Liliana non si è sposata, la Lia, invece, è già nonna e l’ho sorpresa in grandi preparativi per il matrimonio di una sua figliola. Ho portato loro un ingrandimento di una delle poche fotografie che mi rimangono di quegli anni, una foto di gruppo di tutti noi bambini che giocavamo insieme, ai bordi dell’aia. Io avrò avuto cinque o sei anni e loro qualcosa di meno. C’è anche la loro cuginetta Nara e sono tutte e tre vestite eguali, con un abito a quadrettini; ed anche se la foto è in bianco e nero mi sembra di ricordare che quei vestitini fossero rossi. In testa hanno un gran fiocco come si usava allora.

Anni Trenta, il leone di coccio, la palma, il terrazzino panoramico

Ormai si era fatto tardi, ma ho voluto spingermi fino a Lungagnano e da li guardare da lontano anche Grattamacco. Ho conosciuto quindi i signori Meletti-Cavallari ai quali mi sono presentata… Essi, infatti, guardavano con curiosità quella anziana signora scesa li davanti da una macchina targata Roma, che scrutava ovunque con occhi indagatori…

Sono i produttori dell’ormai celebre vino “Grattamacco” ma io di questo ero già al corrente. Diceva bene papà: “La collina, per il vino e l’olio bisogna lasciarla stare!”.

Forse chissà, se le cose fossero andate diversamente, anch’io sarei potuta diventare la produttrice del famoso vino “Crocino Lungagnano”. Il Fontanelli, del resto, ce lo comprava sempre, praticamente a scatola chiusa, da quanto era buono! Così ho potuto vedere gli imponenti macchinari installati sotto una tettoia a fianco della ex casa colonica di Lungagnano.

“La vecchia proprietaria della “casa rosa”?…. Andava a comprare il latte a Grattamacco?… Sì, sì i poderi erano dei Moratti, noi proprio da loro li abbiamo comprati!”. Già, la famosa fattoria Moratti… Sarà loro rimasto qualcosa a Castagneto? Sarà sempre loro il Poggio alle Querce? Il Poggio alle Querce.

Quanto mi piacerebbe scoprire finalmente l’altro suo versante, “‘altra faccia della luna”!

Forse perché era dietro di noi, forse perché era ancora più di noi distante dal paese, quel luogo è sempre apparso, nel mio immaginario, ai confini del mondo. E probabilmente oggi ci sarà una strada che consente di raggiungerlo anche in macchina.

Quante cose vorrei ancora sapere, quante cose vorrei ancora vedere! Vorrei andare a piedi, come una volta, a cercare la Fonte della Mea. Ci sarà sempre la sorgente in mezzo al boschetto pieno di ciclamini? Vorrei arrivare fino ai piedi della Torre di Donoratico “alla cui porta nera Conte Ugolin busso che ho sempre visto da lontano o, meglio ancora, in cartolina. Vorrei rivedere con calma il paese, la Chiesa, il castello, ripercorrere il Borgo, affacciarmi alla terrazza sotto la piazza. Vorrei.

Riuscirò a tornare un’ultima volta a Castagneto?

Il mio cuore dice di sì, ma chi lo può dire con certezza? L’unica cosa certa è che la “mia casa” non è abbandonata, anzi è finita in buone mani nelle quali mi auguro che rimanga.

La mia inquietudine è come placata, ormai.

… Ma di lontano pace dicono al cuor le “mie” colline…

 

                                                                                     Fine 

Il viale di Cipressi di Bolgheri
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Maura Pucci da Filicaja

Maura Pucci da Filicaja vive a Roma da quando era bambina, ma nasce a Firenze novantadue anni fa. Madre di cinque figli affettuosi e nonna di ben dieci splendidi nipoti, è una signora che nutre da sempre grandi interessi. Due sonno state le passioni costanti che l’hanno accompagnata nella vita: la musica e la lingua italiana. Da quest’ultima deriva il suo più alto piacere, quello della scrittura. Come ella sostiene, famiglia e passioni sono state il “motore attivo” della sua longevità…

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Bea Bryan

Forse Perché’ anche la mia famiglia aveva ed ha proprietà’ in Maremma zona Baratti -Populonia ed io dopo avervi passato praticamente tutte le estati quando mi sono sposata ho lasciato l’Italia e per molto tempo non sono tornata!per questo capisco e sento la gioia della signora Maura quando torna nella sua casa! Dopo 5 anni di assenza ho provato gli stessi stati d’animo così’ ’ ben descritti in questo racconto!

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