Le vostre storie,Storie dal passato

Accidenti alle beghine!

 

Era un terzetto curioso quello che stazionava nella grande piazza prospicente il palazzo, una volta sede dei governanti della repubblica, ed ora dimora dei duchi fiorentini. Un terzetto che si componeva di due uomini modestamente vestiti e le cui mani ruvide tradivano l’artigiano se non addirittura lo scultore, più un altro, che per statura svettava su di loro e vestito con un elegante giubbone di panno morbido con fregi dorati, di un’eleganza molto meno sobria e destinata ad attirare gli sguardi altrui.
Nonostante le vesti eleganti la compostezza non era il suo tratto distintivo, anzi costui sembrava morso dalla tarantola.
Girava e rigirava intorno alla grande statua di marmo bianco che da poco era stata collocata nella piazza, si avvicinava scrutandola con attenzione e poi se ne allontanava, quasi a volerne prendere le misure, mentre borbottava frasi che assomigliavano pericolosamente ad imprecazioni ed a critiche feroci nei confronti dell’autore di quest’opera e di coloro che detenevano il potere a Firenze.
Nonostante i cenni di avvertimento e i richiami sibilati dagli amici, l’uomo alto continuava con le recriminazioni che si alzavano di tono, tanto che parecchi fra i passanti si giravano a guardarlo. I due che accompagnavano l’uomo che dava questi segni di insofferenza, si guardavano preoccupati e perplessi, indecisi sul da farsi, anche perché sapevano per esperienza che mettere a tacere il loro agitato amico, era un’impresa disperata.


Ma dico io, ma come si può aver prodotto un obbrobrio simile? Ma che cosa vuol rappresentare, il dio del mare o un contadino? Ma chi ha preso a modello questo disgraziato?
Ma no, Benvenuto, via, ora stai esagerando” disse uno dei due, “riconosco che non è un capolavoro, questo no, ma di qui a chiamarlo obbrobrio, ce ne corre!”
E come lo vorresti chiamare, di grazia? Per caso vedi qualcosa in questo bestione, si in questo bestione, che sia proporzionato?”
Si, è vero, i muscoli sono poco disegnati, le spalle sono un po’ curve, ma..
Ma.. uno schifo” concluse sdegnato quello che rispondeva al nome di Benvenuto.
Secondo voi, il mio Perseo è così? Oppure tutti quelli che hanno inneggiato alla squisita bellezza delle sue membra erano tutti ciechi?” domandò rivolto ai suoi accompagnatori che rimasero un attimo in silenzio perché anche a volerlo, era impossibile trovare una pecca al capolavoro che anni prima, il Duca Cosimo aveva commissionato al più celebre artista fiorentino.
In effetti”, interloquì il terzo componente del gruppetto, “in effetti non è che sia granché bello da vedere, però, guarda il volto è nobile, Bartolomeo gli ha dato le fattezza del Duca!” aggiunse conciliante, ma le sue parole scatenarono la furia dell’uomo alto che già non aveva bisogno di essere provocato.
E certo che gliel’ha date, quel leccaculo, quel ruffiano, quel….” esplose mentre i suoi amici si guardavano intorno preoccupati, ma lui era troppo infuriato per avere prudenza.
E sapete perché l’Ammanati ha avuto il privilegio di scolpire questo sudiciume?” continuò imperterrito e alzando ancora di più il tono della voce… “L’ha avuto a causa di sua moglie, quella beghina della Battiferri che a forza di rosari e di poesie religiose, è riuscita a far breccia nel cuore della Duchessa Eleonora! L’ha rigirata a forza di moine, ha posato a donna integerrima ed esemplare, a moglie perfetta, e questo, questo è il bel risultato!”, concluse indicando con la mano la statua incriminata.
Ora stai esagerando Benvenuto”, rispose uno dei due amici che accompagnavano l’indignato artista, “e sta attento a quello che dici, qui anche le pietre in terra hanno orecchie”.
I due accompagnatori del maestro ora erano anche un po’ intimoriti perché veramente quando il Cellini si infuriava, non misurava le parole, ma bisognava stare attenti, a trovarsi nei guai era un attimo, se ci si metteva a sparlare della duchessa, che sì, in effetti era un po’ troppo imbevuta di religione, ma non si poteva andare in giro a dirlo.
Ma Benvenuto Cellini, orafo, scultore, musicista…in una parola genio, ancorché sregolato, era troppo infuriato per essere accorto.
Già, proprio la Laura Battiferri che posa continuamente a donna virtuosa e sforna poemi sacri che fanno venir sonno dopo due righe. Una che da quando è riuscita a farsi sposare dall’Ammannati sembra diventata la statua della pudicizia. Oh… non che faccia venir voglia di attentare alla sua virtù, rigida e brutta com’è, con quel naso che sembra uno spengimoccolo!” concluse con un ghigno.
Ma no, è una nobile dama, un po’ austera, te lo concedo, ma i suoi versi sono apprezzati in tutta Italia, anche il Tasso… “
Uno sbuffo sonoro fu la risposta a queste parole conciliatrici perché Benvenuto Cellini aveva in uggia tutto ciò che anche lontanamente sapeva di devozione pretesca ed i versi che avevano proiettato Laura Battiferri, moglie di Bartolomeo Ammannati nell’olimpo della poesia, erano quasi tutti di ispirazione religiosa.


In effetti, Mastro Benvenuto aveva le sue ragioni per essere arrabbiato con il mondo intero, Duca Cosimo in primis.
L’idea che il Duca aveva avuto di realizzare una fontana da collocare nella Piazza detta della Signoria, era ottima ed allo scopo era stato acquistato, tramite Baccio Bandinelli, un superbo pezzo di marmo bianco di Carrara.
Quando lo aveva visto, il Cellini era impazzito, quasi se lo sentiva sotto le sue mani, prendere forma e vita, già si vedeva assurto a nuova gloria per il capolavoro che avrebbe realizzato ed invece…ed invece il marmo era stato assegnato a Bartolomeo Ammannati che ultimamente, mercè i buoni uffici della moglie, dama di compagnia della Duchessa e poetessa incoronata, era nelle buone grazie del Granduca.
Sinceramente la statua, quando era stata collocata al centro della fontana, non aveva riscosso molti consensi ed era diventata il bersaglio di critiche molto pesanti ma ciò non bastava al nostro Benvenuto.
Mentre il gruppetto si allontanava dalla piazza, il Cellini, che veniva quasi trascinato dagli amici prudenti, continuava a sogghignare fra sé.
E ora si può sapere che stai meditando?” chiese uno dei due, che ben conosceva la mente fertile del genio fiorentino.
Oh nulla di chè ma domattina passate dalla piazza, vedrete qualcosa di interessante”, rispose questi con un sorriso serafico.
Il giorno dopo un cartello di notevoli proporzioni pendeva dal collo del Nettuno incriminato, un cartello dove si leggevano queste beffarde parole.
<Ammannato, Ammannato, che bel pezzo di marmo t’ha sciupato>
Non c’era firma ma non ce n’era bisogno per capire chi avesse vergato quelle parole!!!!

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Antonella Bausi

Antonella Bausi nasce a Firenze nel 1956. Laureata in filosofia, bibliotecaria presso l’Istituto tecnico Leonardo Da Vinci, ha da sempre nutrito una forte passione per la storia tutta, per Firenze in particolare, e per la scrittura in generale.

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